La guerra non guerra: falsità, armi e giochi di potere
Tra ipocrisie occidentali e armi senza limiti: il conflitto Russia-Ucraina continua tra false tregue e strategie geopolitiche.
Redazione25 Febbraio 2025 - Attualità
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    Tre anni di conflitto e ancora si parla di “operazione speciale”, di “difesa della democrazia”, di “negoziati possibili”. La guerra tra Russia e Ucraina, che ha già causato centinaia di migliaia di morti e distruzioni incalcolabili, è diventata un paradosso narrativo, un gioco di parole tra chi vuole venderla come necessaria e chi la usa come moneta di scambio nelle relazioni internazionali.

    Mentre le bombe continuano a cadere e le vite vengono spezzate, il mondo occidentale gioca una partita cinica. Da un lato, si invocano trattative e pace. Dall’altro, si inviano armi senza limiti, aumentando la potenza di fuoco e alimentando un’escalation che sembra non avere fine. L’ipocrisia delle diplomazie è evidente, soprattutto negli Stati Uniti, dove ogni nuova amministrazione ridisegna la propria politica estera con repentini dietrofront e strategie che servono più all’industria bellica che alla stabilità mondiale.

    Gli Stati Uniti: promesse, dietrofront e la macchina delle armi

    Washington ha oscillato tra dichiarazioni di pace e invii massicci di armamenti. Si parte con l’indignazione per l’invasione russa, si passa attraverso gli annunci di supporto illimitato a Kyiv e si arriva a velati inviti a negoziare con Mosca quando la guerra diventa troppo costosa. Gli alleati europei seguono il copione, talvolta riluttanti, ma incapaci di discostarsi dalla linea dettata dalla Casa Bianca e dal Pentagono.

    Il mercato delle armi, intanto, prospera. Gli Stati Uniti hanno fornito all’Ucraina un arsenale sterminato, dalle munizioni agli aerei da combattimento, fino ai sofisticati sistemi di difesa. I pacchetti di aiuti miliardari sembrano più un investimento nell’industria militare che un reale aiuto per fermare l’invasione russa.

    La guerra che nessuno vuole chiamare guerra

    La narrazione occidentale ha cercato in tutti i modi di presentare il conflitto come una difesa della democrazia contro l’autoritarismo, evitando però di riconoscere che la guerra è stata alimentata anche dalle scelte errate della NATO e dalla volontà di isolamento della Russia. Il linguaggio stesso utilizzato dai media riflette questa ambiguità: non si parla di guerra totale, ma di “conflitto prolungato”, di “operazione militare speciale” per la Russia, di “aiuto militare” invece di escalation bellica.

    E mentre si discute su come definirla, la guerra uccide, sfolla milioni di persone e devasta intere città. La realtà è che nessuno sembra realmente interessato a fermarla. Troppi interessi in gioco, troppi equilibri di potere da mantenere.

    L’Europa complice e vittima del proprio silenzio

    L’Europa, sempre più marginale nella scacchiera globale, si ritrova schiacciata tra il bisogno di seguire le direttive di Washington e il rischio di un’escalation che la colpirebbe in prima linea. Mentre le economie europee subiscono l’impatto delle sanzioni, della crisi energetica e del riarmo forzato, il dibattito pubblico si fa sempre più fragile. Chi chiede pace viene etichettato come “filorusso”, chi invoca una soluzione diplomatica è accusato di debolezza.

    Un futuro senza fine?

    Nonostante tre anni di sangue e distruzione, la fine della guerra non appare vicina. Ogni spiraglio di tregua viene spazzato via dal prossimo invio di armi o dal prossimo ultimatum geopolitico. Nel frattempo, il mondo continua a guardare, forse con meno attenzione rispetto all’inizio, mentre il numero dei morti cresce e la speranza di pace si fa sempre più lontana.




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