Roma – C’erano ferite profonde e macerie tutt’intorno. Ma quel giorno del 1946, milioni di italiani si misero in fila per dire “basta”. Basta monarchia, basta silenzi imposti. Votarono per la Repubblica. E la storia cambiò.
Il 2 giugno 1946 non fu solo una data sul calendario. Fu il battito collettivo di un popolo che, dopo anni di guerra e oppressione, scelse la libertà.
Per la prima volta anche le donne alzarono la testa e la scheda. Una rivoluzione silenziosa e potente.
Il 54,3% degli italiani disse sì alla Repubblica. E in quel sì c’era tutto: dolore, speranza, dignità, voglia di riscatto. Il re lasciò il Paese. Il popolo, invece, prese in mano il proprio destino.
Oggi, guardare il tricolore sventolare non è solo un gesto patriottico. È come guardare dentro una vecchia foto di famiglia: c’è chi ha lottato, chi ha creduto, chi ha sperato in un’Italia migliore.
La Festa della Repubblica ci ricorda che siamo figli di una scelta. Non perfetti, certo. Ma liberi. E liberi di migliorare ancora.
In un tempo che corre troppo in fretta, fermarsi un attimo a ricordare quel voto può aiutarci a ritrovare il senso di ciò che ci tiene uniti.
A Roma, l’omaggio al Milite Ignoto e la parata ai Fori Imperiali non sono solo protocolli. Sono riti di memoria. Dietro ogni passo dei soldati, ogni nota delle fanfare, ogni sguardo dei bambini che sventolano le bandierine, c’è una storia che continua a camminare.
E poi ci sono i piccoli paesi, le scuole, le piazze: ovunque l’Italia si ritrova. Con un concerto, un discorso, un fiore, una stretta di mano tra generazioni. Perché la Repubblica vive nei gesti quotidiani, non solo nelle ricorrenze.
Il 2 giugno è un abbraccio lungo settantanove anni. È dire grazie a chi ha avuto il coraggio di scegliere, e assumersi il peso della libertà. È ricordare che la democrazia non è un regalo, ma un’eredità da custodire.
E forse, oggi più che mai, abbiamo bisogno di tornare a quella forza, a quella lucidità. Di tornare a crederci.
Perché l’Italia, in fondo, è questa: una Repubblica che nasce dal cuore della sua gente.