Alcamo – Rimangono in carcere l’ex senatore del Pd l’alcamese Nino Papania e l’ex vicesindaco di Alcamo, Pasquale Perricone, entrambi coinvolti nell’operazione della squadra Mobile di Trapani Eirene accusati di scambio politico-mafioso. Il Tribunale del Riesame di Palermo infatti ha respinto il ricorso presentato dagli avvocati dei due ex politici con il quale chiedevano una misura meno afflittiva: la detenzione domiciliare. I legali infatti nel ricorso sostenevano che: “non sussistessero elementi di inquinamento delle prove né pericolo di reiterazione del reato o rischio di fuga”. Il Riesame però ha confermato il carcere, ritenendo valide le misure cautelari imposte dal giudice per le indagini preliminari. Appena i legali conosceranno le motivazioni presenteranno ricorso in Cassazione. Già la Suprema Corte aveva rigettato, il primo ricorso per la scarcerazione, presentato dai difensori subito dopo gli arresti avvenuti lo scorso 15 settembre.
L’operazione Eirene, effettuata ad Alcamo e Calatafimi Segesta dalla squadra Mobile di Trapani e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, riguardava un presunto sistema di scambio elettorale tra politica e mafia in occasione delle elezioni regionali del 2022. Secondo l’accusa, Papania e Perricone avrebbero garantito sostegno elettorale in cambio di favori, coinvolgendo esponenti del clan mafioso locale. Le accuse a vario titolo (nell’inchiesta finirono indagati anche altre persone) vanno dall’associazione mafiosa, all’estorsione, detenzione di armi e su alcuni episodi di voto di scambio politico-mafioso per le elezioni regionali del 2022. Papania e Perricone in particolare sono indagati solo per voto di scambio politico-mafioso (art. 416 ter).
Intanto dopo la consegna dell’avviso di conclusione indagini, avvenuta lo scorso dicembre, si attende la fissazione dell’udienza preliminare per l’eventuale rinvio a giudizio e quindi a seguire la data di inizio del processo che potrebbe arrivare subito dopo l’estate. Udienza preliminare che vedrà davanti al Gip tredici indagati coinvolti nell’operazione Eirene. I due ex esponenti politici alcamesi sono in carcere al Pagliarelli di Palermo.
Marsala – Torna libero il 57enne marsalese Giovanni Piccione, che era agli arresti domiciliari con l’accusa di concorso in associazione mafiosa. Si tratta di un altro degli arrestati nel blitz antimafia effettuato dalla guardia di finanza di Palermo coordinati dalla Dda, condotta tra Mazara e Marsala.
Accolta dal Tribunale del Riesame di Palermo l’istanza della difesa. Legale di Piccione è l’avvocato Vito Cimiotta. Anche in questo caso l’ordinanza di custodia cautelare è stata annullata per “mancanza dei gravi indizi di colpevolezza”.
Secondo gli inquirenti, Giovanni Piccione, insieme al 46enne Massimo Antonio Sfraga (anche lui ai domiciliari), nel 2021 avrebbe aiutato Pietro e Domenico Centonze, padre e figlio (il primo è ai domiciliari e il secondo in carcere), “ad assicurare il prodotto e il profitto dei delitti di cui agli artt. 353 e 629 (turbata libertà degli incanti ed estorsione, ndr) di cui ai capi 3) e 4)”. E cioè la vicenda della presunta contestata turbativa d’asta al tribunale di Marsala per la vendita giudiziaria di un bene immobile della fallita ditta “Orto Verde di Giuseppe Alberto Argano”. L’immobile è nelle campagne tra Mazara e Petrosino e alcuni offerenti sarebbero stati allontanati con “minaccia, doni, promesse”. Ai capi 3) e 4) sono indagati Pietro e Domenico Centonze, padre e figlio, il 56enne Pietro Centonze, cugino di Domenico, il mazarese Alessandro Messina, i marsalesi Michele Marino, Giovanni Antonino Bilello, Giancarlo Angileri e Gaspare Tumbarello. Tutti accusati di turbata libertà degli incanti, mentre di estorsione devono rispondere Pietro Centonze, classe 1950, con il figlio Domenico e Michele Marino. A tutti, naturalmente, viene contestata l’aggravante di avere commesso i reati avvalendosi della forza intimidatoria della mafia e per agevolare Cosa Nostra.
Sono otto al momento con Giovanni Piccione, le misure cautelari annullate dal Riesame su richiesta delle difese. In libertà erano tornati nel frattempo tre dei sette che erano finiti in carcere e quattro dei dieci posti ai domiciliari. Per un altro indagato, è stato annullato l’obbligo di dimora nel comune di residenza. A lasciare il carcere sono stati i mazaresi Luigi Prenci, di 54 anni, imprenditore, difeso dagli avvocati Giuseppe Pinta e Antonio Maria Quaranta, e Aurelio Anzelmo, di 39, nonché il 56enne marsalese Pietro Centonze, difeso dagli avvocati Massimiliano Pasquale Tranchida e Raffaele Bonsignore. Per Prenci e Centonze accolto il riesame per il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso.
I domiciliari sono stati, annullati per il 27enne mazarese Giuseppe Prenci, figlio di Luigi Prenci, difeso da Luisa Calamia e Graziana Fiorino, e per i marsalesi Giancarlo Nicolò Angileri, di 60 anni, difeso da Antonina Bonafede, e Antonino Giovanni Bilello, di 61. E’ stata annullata, inoltre, la misura cautelare dell’obbligo di dimora nel comune di residenza per il 63enne Lorenzo Buscaino, difeso da Walter Marino.
L’operazione ha smantellato il controllo mafioso delle aree rurali del versante sud del Trapanese, tra Mazara. Nell’indagine anche un episodio di turbativa d’asta ad una vendita giudiziaria al tribunale di Marsala. In precedenza, il Riesame aveva confermato la custodia cautelare in carcere per il mazarese Ignazio Di Vita, di 52 anni. Dietro le sbarre, anche Pietro Burzotta, di 65 anni, Alessandro Messina, di 42, fratello del presunto “reggente” della “famiglia” mazarese Dario Messina, e Domenico Centonze. Agli arresti domiciliari, invece, lo scorso 16 dicembre, sono stati posti, oltre ad Angileri, Prenci jr, Bilello e Piccione, adesso in libertà, anche i mazaresi Paolo Apollo, di 74, e Vito Ferrantello, di 42, e i marsalesi Pietro Centonze, di 74 anni, Michele Marino, di 64, Massimo Antonio Sfraga, di 46, e Gaspare Tumbarello, di 48.