Trapani – Un viaggio vero non si misura in chilometri. Si misura nei brividi, nei respiri trattenuti, nelle lacrime che non ti aspetti. E a Trapani, basta varcare la soglia del Santuario dell’Annunziata per capire che sei arrivato in un luogo che parla al cuore, prima ancora che agli occhi. Qui, dove la pietra sa raccontare storie, la fede ha scolpito il tempo in un volto di madre.
Certo, Trapani è mare, scirocco, sale sulla pelle. Ma è anche silenzio denso, profumo d’incenso, preghiere sussurrate tra le navate. Ed è soprattutto lei: la Madonna di Trapani. Non un’opera, ma una presenza. Un’icona che non ha bisogno di parole.
La sua storia è un racconto tra nebbia e mare aperto. Dicono sia stata scolpita a Cipro, amata a Famagosta, portata via nel 1291 su una nave pisana in fuga. Approdata a Trapani, forse per caso. O forse no. Le prime testimonianze scritte compaiono nel 1345. Ma chi la guarda sa che c’è da sempre. E da sempre consola.
Alta poco più di un metro e mezzo, scolpita in marmo pario, Maria stringe il Bambino. Ma non lo guarda. Guarda te. E tu senti qualcosa muoversi dentro. Il capo inclinato, il velo che sfiora il volto, la mano del Bambino che cerca rifugio in quella della Madre: è un gesto tenero, sì, ma anche potente. I bizantini l’avrebbero chiamata Elousa — “colei che ha misericordia” — i trapanesi la chiamano, semplicemente, “la Madonna della Grazia”.
Dal 1734, da quando è stata incoronata per volere del Papa — prima in tutta la Sicilia — la sua fama ha viaggiato lontano. Ha attraversato oceani, stretta nel cuore di chi è partito per l’America, portando con sé un pezzetto di casa. Per molti, la Madonna di Trapani è stata l’ultimo saluto e la prima preghiera in una terra sconosciuta.
Ogni 16 agosto, Trapani si trasforma. Arrivano in migliaia: in silenzio, a piedi, con canti antichi e fiori tra le mani. È la Quindicina, un rito che comincia due settimane prima e culmina in una festa che ha la forza di una Pasqua d’estate. Non è solo devozione. È gratitudine. È speranza. È fede che si rinnova, camminando.
Entrare nel Santuario dell’Annunziata non è fare turismo. È concedersi un momento per ascoltare. Per riconnettersi. Per lasciarsi toccare da qualcosa che non si può spiegare. Come accadde al Viceré Fuxardo, che lasciò scritto:
“Mai mi cadrà dal cuore questa Vergine di Trapani.”
E non cadrà nemmeno dal tuo. Perché certe presenze ti abitano. Ti restano dentro. Come una luce. Come una madre.