AttualitàVenerdì 17: tra superstizione e sorriso, un giorno tutto italiano
Attualita – Tra ferri di cavallo, gatti neri e cornetti rossi, torna il giorno che gli italiani guardano con un misto di timore e ironia. Ma da dove nasce la fama del “venerdì 17”? Un viaggio tra antiche credenze, simboli religiosi e un pizzico di scaramanzia. E alla fine, forse, il modo migliore per affrontarlo è non prenderlo troppo sul serio.
C’è chi oggi ha preferito restare a casa, chi ha rimandato un viaggio, chi non ha voluto firmare un contratto o fissare un appuntamento importante.
Il motivo? È venerdì 17, il giorno che, secondo la tradizione tutta italiana, porta sfortuna.
Ma da dove nasce questa convinzione che, ancora oggi, ci fa sorridere e al tempo stesso ci mette un piccolo brivido?
Nel calendario cristiano, il venerdì è da sempre un giorno carico di significato: è il giorno della Passione di Cristo, della crocifissione, del dolore.
Per secoli il popolo ha pensato che quel giorno non fosse di buon auspicio. Non a caso si diceva:
“Di venerdì né si sposa né si parte.”
Meglio aspettare un giorno più sereno — che il cielo, si sa, ha i suoi umori.
Già da solo, il 17 ha fama di numero “sfigato”.
In numeri romani si scrive XVII, e se lo si anagramma diventa VIXI, che in latino significa “ho vissuto”, cioè “sono morto”.
Una parola che bastava a evocare il lutto e la fine.
Persino i pitagorici, amanti dell’armonia dei numeri, lo consideravano disarmonico: il 16 e il 18 sono numeri perfetti, il 17 invece “rompe” l’equilibrio.
E così, mettendo insieme il giorno della croce e il numero della morte, nasce la data “maledetta”: venerdì 17.
Nel Medioevo si sarebbe detto: “Dio ce ne scampi e liberi”.
Oggi, invece, ci limitiamo a fare gli scongiuri.
In Italia, la superstizione è così radicata che molte compagnie aeree non hanno la fila 17, e alcune auto – come la Renault negli anni ’90 – evitarono di chiamare un modello “17”.
Un caso tutto nostro: mentre gli anglosassoni temono il venerdì 13 e gli spagnoli il martedì 13, noi abbiamo scelto il 17. Questione di stile, o forse di carattere.
In fondo, ogni venerdì 17 è anche un piccolo specchio del nostro modo di essere: scaramantici ma ironici, legati al passato ma capaci di riderci su.
La vera sfortuna, forse, è farsi condizionare dalle superstizioni.
Perché credere nella cattiva sorte è anche un modo per dimenticare quante volte la vita ci sorprende… in bene.
Come diceva un vecchio contadino dalle nostre parti:
“Le superstizioni? Meglio non crederci… ma neanche sfidarle troppo.”
