Trapani
Domenica a Trapani: Cibo, Passione e Pallacanestro!
Alla scoperta del pranzo domenicale trapanese tra tradizione, gusto e sport!
Trapanioggi2 Febbraio 2025 - Basket
  • Justin Robinson e amar alibegovic Trapanishark Basket

    Domenica a Trapani: Cibo, Passione e Pallacanestro!

    Era una normale domenica a Trapani, e come ogni domenica che si rispetti, il pranzo era una cosa seria. Attorno al grande tavolo della casa di famiglia erano seduti tutti: il papà, il nonno, la mamma che aveva appena finito di impiattare, la vicina di casa, amica da sempre, e naturalmente Peppino, il più piccolo della famiglia, che dal fondo della tavolata alzò la voce con la sua solita curiosità:

    “Stasera cosa si mangia? E soprattutto, dove vediamo la partita?”

    Era una domanda retorica, quasi un rito. A Trapani, il cibo non è solo nutrimento: è cultura, è identità, è passione. Non si cucina per necessità, ma per amore, e ogni piatto racconta una storia lunga secoli. E se c’è qualcosa che può competere con la cucina trapanese, è solo la pallacanestro. Perché questa sera c’è Trento-Trapani, e non si può perdere.

    Il nonno sorrise e posò la forchetta. “Picciutteddu mio, a Trapani si mangia sempre bene, ma oggi tua madre ha fatto la pasta cu l’agghia e u maccu. Non è solo un primo piatto, è un manifesto d’intenti! E se la squadra gioca con la stessa determinazione con cui tua madre cucina, allora c’è l’ha giochiamo,  sicuro!

    La vicina ridacchiò. “E guai a dire che il pesto trapanese non è il migliore al mondo! Se lo fai, rischi di essere bandito dalla città per direttissima! E guai pure a dire che il Trapani Basket non ha cuore, perché noi si lotta sempre!”

    Peppino, con gli occhi spalancati, affondò la forchetta nella pasta e il profumo del basilico, delle mandorle e dell’aglio gli riempì le narici. “Mamma mia, sembra un’opera d’arte!”

    La mamma sorrise soddisfatta. “E questo è solo l’inizio! Dopo ci sono le sarde a beccafico e le busiate con il ragù di tonno. E per chi ha ancora spazio, un po’ di cassatelle di ricotta.”

    Il papà si schiarì la voce. “E per chi ha ancora fame di vittorie, alle 18 e 15 tutti incollati alla TV!”

    Peppino si portò la mano al cuore. “Qui a Trapani non si mangia per sopravvivere, si mangia per vivere davvero! E si tifa sempre col cuore!”

    Il nonno annuì solenne. “E ricordati, picciutteddu: il cibo a Trapani non è solo roba da mangiare. Qui, a tavola, si parla, si ride, si discute, si raccontano le storie di famiglia. Il cibo è la nostra memoria e il nostro futuro. E il basket? È la nostra passione.”

    Fu allora che la vicina, con un gesto teatrale, alzò il bicchiere. “E ora, buon appetito a tutti, professionisti della forchetta e del tifo!”

    E così, tra una risata, un boccone e l’attesa della partita, la domenica trapanese scorreva come sempre: lenta, gustosa e piena di emozioni, proprio come una partita punto a punto. Forza Trapani!




  • Altre Notizie
    Platimiro Fiorenza: “Ultimo dei Corallai” e Patrimonio Vivente dell’UNESCO
    Scopri la storia di Platimiro Fiorenza, maestro artigiano e custode della tradizione trapanese del corallo, riconosciuto come Patrimonio Vivente dell’UNESCO.
    Trapanioggi1 Febbraio 2025 - Altre Notizie
  • Platimiro Fiorenza: "Ultimo dei Corallai Altre Notizie

    “L’artista del corallo intreccia sogni e mare, trasformando la luce delle onde in gemme senza tempo.”

    L’arte della lavorazione del corallo ha una lunga tradizione a Trapani, e tra i suoi ultimi e più grandi maestri spicca il nome di Platimiro Fiorenza, riconosciuto come Patrimonio Vivente dell’UNESCO. Grazie alla sua straordinaria maestria, Fiorenza è riuscito a preservare e innovare un’arte che affonda le sue radici nei secoli, mantenendo viva la tradizione della scuola trapanese di lavorazione del corallo, famosa in tutto il mondo.

    Le Origini e la Passione per l’Arte

    Figlio di un artigiano orafo corallaio, Platimiro Fiorenza cresce immerso tra i preziosi materiali della bottega paterna. Fin dalla tenera età dimostra un’innata predisposizione per l’arte: a soli sette anni inizia a lavorare oro, argento e corallo, apprendendo le tecniche di incisione e il valore delle pietre preziose. Il suo talento non passa inosservato e viene subito notato dal maestro scultore e pittore trapanese Domenico Li Muli, che lo incoraggia a perfezionare la sua arte.

    Dopo aver conseguito il diploma presso la Scuola di Arti e Mestieri di Trapani, Fiorenza sente il desiderio di ampliare le proprie conoscenze e, a vent’anni, parte per Milano. Qui ha l’opportunità di collaborare con un grande nome della scultura italiana, Giò Pomodoro, un’esperienza che arricchisce ulteriormente il suo bagaglio artistico e lo porta a sviluppare nuove tecniche espressive.

    Il Ritorno a Trapani e il Successo

    Dopo l’esperienza milanese, Platimiro Fiorenza decide di tornare nella sua amata Trapani, portando con sé un patrimonio di conoscenze e un rinnovato entusiasmo per l’arte corallina. Nella sua bottega realizza opere uniche, autentici capolavori che fondono tradizione e innovazione. I suoi gioielli, sculture e manufatti religiosi sono apprezzati a livello internazionale e vengono esposti in prestigiose mostre e musei.

    Nel corso della sua carriera, Fiorenza ha ricevuto numerosi riconoscimenti, ma il più significativo è senza dubbio quello di Patrimonio Vivente dell’UNESCO, un titolo che celebra il suo inestimabile contributo alla conservazione di un’arte che rischiava di scomparire.

    Un Testimone di Cultura e Tradizione

    Oltre a essere un abile artigiano, Platimiro Fiorenza è un maestro e un divulgatore: attraverso il suo lavoro, trasmette alle nuove generazioni i segreti di un mestiere antico, unendo la passione per l’arte alla dedizione per la tradizione. La sua bottega è diventata un punto di riferimento per chiunque voglia conoscere da vicino il mondo affascinante della lavorazione del corallo.

    La sua storia è un esempio straordinario di talento, dedizione e amore per l’arte, un’eredità che continuerà a brillare nel tempo, proprio come le sue creazioni in corallo, piccoli tesori intrisi di storia e bellezza.




  • Tradizioni
    Ammuccamu! – (Esclamazione Tradizionale)
    L'espressione siciliana che celebra abbondanza, successo e fortuna!
    Trapanioggi29 Gennaio 2025 - Tradizioni
  • Frase siciliana "Ammuccamu" Tradizioni

    Il dialetto siciliano è ricco di espressioni colorite e intrise di storia, tramandate di generazione in generazione. Una di queste è la parola “Ammuccamu!”, che viene spesso rivolta a chi sta gustando con piacere qualche leccornia o sta mangiando a sazietà. Tuttavia, il suo significato si estende anche oltre il contesto culinario, diventando un modo per complimentarsi con chi ha ottenuto un successo in qualche iniziativa o è stato baciato da un’improvvisa fortuna.

    Origine e Significato

    La parola “Ammuccamu” deriva dal verbo siciliano “ammucciari“, che significa “nascondere” o “inghiottire velocemente“. Nel contesto quotidiano, viene utilizzata con un tono scherzoso per esprimere soddisfazione per un pasto abbondante o per celebrare un traguardo raggiunto. È una parola che trasmette gioia, appagamento e complicità tra chi la pronuncia e chi la riceve.

    Uso nella vita quotidiana

    In Sicilia, “Ammuccamu!” può essere utilizzata in diverse situazioni. Ecco alcuni esempi pratici:**

    Un detto che unisce

    L’espressione “Ammuccamu!” è un perfetto esempio di come la lingua siciliana sia capace di esprimere non solo concetti diretti, ma anche emozioni e sentimenti profondi. Che si tratti di buon cibo o di successi personali, questa parola è sinonimo di celebrazione e condivisione, valori fondamentali nella cultura siciliana.

    Se mai ti troverai in Sicilia e qualcuno esclamerà “Ammuccamu!”, sorridi: è un invito a goderti il momento e a celebrare la vita con entusiasmo e gusto!




  • Tradizioni
    Cu a voli cotta e cu a voli crura – (Frase Tradizionale)
    In molte situazioni, è impossibile mettere d'accordo tutti
    Trapanioggi29 Gennaio 2025 - Tradizioni
  • proverbio siciliano discordia gusti Tradizioni

    La frase siciliana Cu a voli cotta e cu a voli crura rappresenta in modo vivido e diretto il concetto dell’eterna discordia tra individui con desideri, gusti o opinioni contrastanti. Essa esprime la difficoltà di accontentare tutti, poiché ognuno ha la propria visione delle cose e spesso le richieste sono opposte e inconciliabili.

    Significato e Applicazioni

    Questa espressione può essere applicata a molteplici contesti della vita quotidiana:

    Un’immagine vivida

    Il riferimento alla cottura del cibo richiama situazioni reali della tradizione siciliana: immaginiamo una grande tavolata dove uno vuole la carne ben cotta, un altro la preferisce al sangue, un altro ancora la vuole speziata o senza condimenti. Alla fine, chi cucina si trova davanti a un dilemma irrisolvibile. Questa metafora si estende a ogni ambito della vita, sottolineando come, di fronte a esigenze contrastanti, trovare un compromesso diventi spesso un’impresa ardua.

    Varianti e Proverbi Simili

    Conclusione

    Cu a voli cotta e cu a voli crura” è un’espressione che rimane sempre attuale, ricordandoci che, in molte situazioni, è impossibile mettere d’accordo tutti. Chi è chiamato a prendere decisioni deve quindi scegliere se mediare o, in alcuni casi, prendere una posizione netta senza cercare di accontentare chiunque.




  • Altre Notizie
    Il Corallo Rosso di Trapani: Tesoro del Mare
    Il Rosso del Mare: L'Eterna Bellezza del Corallo di Trapani
    Trapanioggi29 Gennaio 2025 - Altre Notizie
  • Altre Notizie

    Trapani è una città di mare, vento e luce, ma è anche la culla di una delle tradizioni artigianali più affascinanti del Mediterraneo: la lavorazione del **corallo rosso**. Da secoli, questo prezioso dono del mare viene trasformato in opere d’arte, tramandando saperi antichi e raccontando storie di devozione, cultura e bellezza.

    Un Tesoro dal Cuore del Mare

    Il corallium rubrum, noto come corallo rosso mediterraneo, è una specie unica per intensità cromatica e compattezza, caratteristiche che lo rendono particolarmente adatto alla lavorazione artistica. Si trova sui fondali rocciosi tra i 30 e i 200 metri di profondità, soprattutto lungo le coste della Sicilia, della Sardegna e della Tunisia.

    Un tempo, i corallari trapanesi solcavano il mare aperto per settimane, sfidando le onde con le loro imbarcazioni per pescare il corallo con l’antico metodo della croce di Sant’Andrea: una pesante struttura in legno e ferro che, trascinata sui fondali, spezzava i rami di corallo, facendoli risalire in superficie impigliati nelle reti. Questo metodo, sebbene efficace, ha contribuito alla riduzione delle colonie, portando oggi a una pesca più regolamentata e sostenibile.

    Storia e Leggende: Dall’Antichità al Barocco

    Il corallo rosso è avvolto da un’aura di mistero fin dall’antichità. Secondo la mitologia greca, sarebbe nato dal sangue della Gorgone Medusa, pietrificata da Perseo. Per i Romani era un amuleto contro il malocchio, mentre nel Medioevo veniva usato per proteggere i bambini dalle malattie.

    A partire dal XV secolo, Trapani divenne uno dei centri più importanti per la lavorazione del corallo, al pari di Torre del Greco e Alghero. Nel periodo barocco, gli artigiani trapanesi raggiunsero un livello di eccellenza straordinario, esportando le loro opere in tutta Europa e ricevendo commissioni da nobili, ordini religiosi e persino dalla Santa Sede.

    Arte e Artigianato: La Magia delle Mani Trapanesi

    A Trapani, il corallo non è solo un materiale prezioso, ma un elemento che si fonde con l’identità stessa della città. Gli artigiani, detti curaddari” (nome dal quale nasceva una strada citttadina chiamata Via Corallai), che  lo lavoravano con tecniche raffinate, spesso abbinandolo a oro, argento e madreperla.

    Le opere più celebri della tradizione trapanese includono:
    Gioielli e amuleti: orecchini, bracciali, rosari e spille, spesso con motivi marini o sacri.
    Oggetti devozionali: reliquiari, crocifissi e Madonne scolpite in corallo, destinati a chiese e collezioni private.
    Quadri scultura: autentiche meraviglie artistiche in cui il corallo veniva incastonato su supporti d’argento, dando vita a scene bibliche e mitologiche.

    Uno degli esempi più straordinari di questa arte è il Tesoro della Madonna di Trapani, conservato presso il Santuario dell’Annunziata: una serie di gioielli e oggetti sacri realizzati con l’abilità impareggiabile dei maestri trapanesi.

    Curiosità e Tradizioni

    Un Amuleto Contro il Malocchio: Ancora oggi in Sicilia, si regala un piccolo corallo rosso ai neonati per proteggerli dagli influssi negativi. Il corallo è considerato un talismano che porta fortuna e salute.
    Sangue del Mare: I pescatori trapanesi chiamavano il corallo “u sangu ru mari” (il sangue del mare), credendo che avesse proprietà magiche e curative.
    L’Ultimo Artigiano del Corallo: Con il passare dei secoli, la lavorazione del corallo a Trapani si è ridotta, ma ancora oggi alcune botteghe artigiane continuano a custodire questo sapere antico.

    Dove Ammirare il Corallo di Trapani

    Chiunque voglia immergersi in questa tradizione non può perdersi una visita al Museo Regionale Pepoli, dove è custodita una straordinaria collezione di opere in corallo, tra cui tabernacoli, busti e reliquiari.

    Oggi, il corallo rosso è sempre più raro e la sua pesca è regolamentata per preservarne le colonie. Tuttavia, l’arte e la storia che lo accompagnano continuano a vivere nel cuore di Trapani, rendendo ogni pezzo non solo un manufatto, ma un frammento di cultura, bellezza e passione.




  • Cibo Trapani
    Pasta cu l’Agghia alla Trapanese: Storia, Tradizione e Varianti
    Scopri le origini, la ricetta autentica e le diverse varianti della pasta cu l’agghia, il simbolo della cucina tradizionale di Trapani.
    Trapanioggi28 Gennaio 2025 - Cibo
  • pasta cu l'agghia trapanese Cibo

    La pasta cu l’agghia è uno dei piatti più rappresentativi della tradizione gastronomica trapanese. Questo piatto, conosciuto anche come pesto alla trapanese, è una celebrazione di sapori autentici e genuini che raccontano una storia di incontri culturali, tradizioni contadine e creatività culinaria.

    Origini storiche

    Le origini della pasta cu l’agghia risalgono ai contatti tra i marinai genovesi e il porto di Trapani, che fin dall’antichità è stato un crocevia di culture e commerci. I genovesi introdussero nella città il loro pesto, una salsa a base di basilico, aglio, pinoli e formaggio. I trapanesi, con il loro innato spirito di adattamento, rielaborarono questa ricetta utilizzando ingredienti locali disponibili in abbondanza, dando vita a un pesto rosso che rifletteva i sapori del territorio.

    L’ingrediente principale di questa variante è il pomodoro, aggiunto alla base di aglio, basilico e mandorle. Le mandorle, in particolare, sono un elemento distintivo del pesto alla trapanese, poiché rappresentano uno dei prodotti più tipici della Sicilia occidentale. Altri ingredienti fondamentali includono l’olio extravergine d’oliva siciliano, il sale marino di Trapani e, talvolta, una leggera grattugiata di pecorino siciliano.

    La ricetta tradizionale

    La preparazione della pasta cu l’agghia è relativamente semplice, ma richiede attenzione alla qualità degli ingredienti. Ecco come viene realizzata nella sua versione più autentica:

    Ingredienti principali:

    Procedimento:

    La pasta ideale per questa salsa è il formato lungo, come le busiate, tipiche del trapanese, oppure gli spaghetti.

    Varianti regionali e moderne

    Nel corso degli anni, la pasta cu l’agghia è stata reinterpretata in diverse varianti, sia all’interno della Sicilia che in altri contesti culinari. Ecco alcune delle versioni più conosciute:

    Abbinamenti e consigli

    La pasta cu l’agghia si sposa perfettamente con vini bianchi freschi e aromatici, come il Catarratto o il Grillo, che bilanciano la sapidità del piatto. Per un pasto completo, si possono abbinare antipasti tipici come panelle, caponata o bruschette con paté di olive.

    Considerazioni

    La pasta cu l’agghia alla trapanese è  un semplice piatto di pasta, un viaggio tra i sapori e le tradizioni di una terra ricca di storia e cultura. Ogni boccone è un omaggio alla semplicità e alla qualità degli ingredienti, un ponte tra passato e presente che continua a deliziare i palati di chi ha la fortuna di assaporarla.

    “I Sapori di Trapani: Storia di Pasta con l’Aglio”

    Tra i vicoli di Trapani, al calar del sole,
    un profumo si leva, che il cuore consola.
    È l’agghia pestata con mani sapienti,
    che unisce memorie e racconti viventi.

    Pomodori rubini, maturi al calore,
    mandorle dolci, tesoro del cuore.
    L’aglio di Nubia, dal sapore deciso,
    basilico fresco, un verde sorriso.

    Nel mortaio di pietra, si danza e si canta,
    una sinfonia antica che mai si rimpianta.
    L’olio d’oliva, dorato e fragrante,
    racconta la terra, sincero e vibrante.

    E quando la pasta si sposa alla crema,
    è festa di odori, di un’arte suprema.
    Busiate fumanti, nel piatto adagiate,
    portano in tavola storie incantate.

    Oh pasta cu l’agghia, tesoro siculo antico,
    il tuo sapore è un dono, un amico.
    Trapani canta con ogni forchettata,
    la sua tradizione mai dimenticata.

    “Li Sapuri di Tràpani: Storia di Pasta cu l’Agghia”

    Tra li vaneddi di Tràpani, a l’ura di sira,
    na fragranza s’arrocca, ca lu cori ammatula.
    È l’agghia pistata cu mani saputi,
    ca stringi ricordi e storii vissuti.

    Pumaroru rubini, maturi ô suli,
    mennuli duci, lu cori consuli.
    L’agghia di Nubia, cun gustu decisu,
    basilicu friscu, un jardinu arrisu.

    Ntô mortaru di petra, si canta e si balla,
    na sinfonìa antica ca mai si scangia.
    L’ogghiu d’aliva, duci e prufumatu,
    cunta la terra, sinceru e amatu.

    E quannu la pasta s’unisci ô cuntentu,
    è festa di odura, è un gran muvimentu.
    Busiate fumanti, ntô piattu sistemati,
    portanu a tavula storii siciliani.

    Oh pasta cu l’agghia, tesoru anticu,
    lu to sapuri è ricchizza, un amicu.
    Tràpani canta cu ogni forchettata,
    la so tradizioni mai scurdàta.

    E tu, l’hai mai mangiata?




  • Cibo Trapani
    Le Graffe di Trapani: un dolce simbolo della nostra tradizione
    Scopri la ricetta autentica e la storia di uno dei dolci più amati della Sicilia occidentale.
    Trapanioggi28 Gennaio 2025 - Cibo
  • Graffe ricotta pasticceria trapanese Cibo

    Le graffe con la ricotta sono molto più di un semplice dolce: sono un pezzo di storia, un simbolo della nostra tradizione e un orgoglio per la pasticceria trapanese. In ogni morso, si possono percepire i profumi e i sapori autentici della Sicilia, un connubio perfetto tra la dolcezza della ricotta e la croccantezza della frittura.
    Ma cosa rende così speciali queste graffe? Qual è il segreto del loro successo? Scopriamolo insieme, svelandoti la ricetta originale e raccontandoti la storia di questo dolce che ha conquistato palati di tutto il mondo.

    La storia delle graffe:

    Origini: Si dice che le nostre graffe, quelle con la ricotta, siano nate quando gli stranieri erano nelle nostre terre. Un po’ come i krapfen, ma fatti tutti nostri, con i sapori della Sicilia. Li abbiamo adattati e arricchiti, facendone un dolce tipico trapanese, tutto nostro!
    Evoluzione: Nel corso dei secoli, la ricetta si è arricchita e perfezionata, diventando un simbolo dell’identità trapanese.
    Diffusione:  Oggi le graffe sono conosciute ben oltre i confini della Sicilia, ma a Trapani mantengono un sapore unico e inconfondibile.

    La ricetta tradizionale:

    Assolutamente! Le graffe trapanesi sono un dolce davvero delizioso e caratteristico della Sicilia. Ecco una ricetta tradizionale che ti permetterà di prepararle a casa tua:

    Ingredienti per l’impasto:

    Per il ripieno:

    Per la finitura:

    Preparazione:

    1. Impasto: In una ciotola, sciogli il lievito di birra nell’acqua tiepida. Aggiungi la farina, lo zucchero, il sale, il burro ammorbidito e la vanillina. Impasta fino ad ottenere un panetto liscio e omogeneo. Copri e lascia lievitare in un luogo caldo per circa 2 ore, o fino al raddoppio del volume.
    2. Ripieno: In una ciotola, lavora la ricotta con lo zucchero e la vanillina fino ad ottenere una crema liscia. Aggiungi le gocce di cioccolato e mescola delicatamente.
    3. Formare le graffe: Dividi l’impasto in pezzi da circa 60 grammi ciascuno. Forma delle palline e lasciale lievitare per altri 30 minuti.
    4. Frittura: Scalda abbondante olio in una padella. Friggi le graffe fino a doratura, rigirandole spesso. Scolale su carta assorbente.
    5. Farcitura: Una volta fredde, taglia le graffe a metà e farciscile con la crema di ricotta.
    6. Finitura: Passa le graffe nello zucchero semolato e spolverizzale con zucchero a velo.

    Consigli:

    Curiosità:

    Le graffe trapanesi sono un dolce molto amato e apprezzato sia dai locali che dai turisti. La loro origine è incerta, ma si pensa che siano una variante dei krapfen tedeschi, adattata alla tradizione culinaria siciliana.




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