Molti contribuenti sono convinti che le cartelle esattoriali possano essere automaticamente cancellate dopo 5 anni, ma non è così. La recente riforma della riscossione, entrata in vigore dal 1° gennaio 2025, introduce il discarico automatico, che però non coincide con la cancellazione del debito.
Il discarico significa che, se l’Agenzia delle Entrate non riesce a riscuotere la cartella entro 5 anni, questa viene restituita all’ente impositore. Ciò non implica che il debito sia estinto: l’ente creditore può ancora procedere al recupero con altri mezzi.
La confusione nasce dal fatto che la norma agevola gli enti creditori nella gestione dei crediti inesigibili, ma non tutela i contribuenti debitori. In sostanza, una cartella esattoriale potrebbe ancora essere riscossa anche dopo 5 anni, se l’ente creditore decide di perseguire il recupero del debito autonomamente o tramite altri agenti di riscossione.
Esiste, tuttavia, un modo concreto per ottenere la cancellazione della cartella esattoriale: la prescrizione del debito.
La prescrizione delle cartelle segue i termini della tassa o imposta che ha generato il debito:
Se la cartella non viene riscossa entro questi termini e non vi sono stati atti interruttivi (come solleciti di pagamento o pignoramenti), il contribuente può presentare un’istanza in autotutela per ottenere l’annullamento.
Anche nei casi in cui la prescrizione è di 10 anni, è possibile richiedere un annullamento parziale della cartella esattoriale. Dopo 5 anni, infatti, si possono stralciare sanzioni e interessi, che hanno un termine di prescrizione più breve rispetto al debito principale.
La cancellazione della cartella esattoriale dopo 5 anni è possibile solo in determinati casi, principalmente legati alla prescrizione del debito. Il discarico automatico introdotto nel 2025 non equivale all’eliminazione del debito, ma è una semplificazione contabile per gli enti creditori.
Per ottenere realmente la cancellazione, è necessario verificare i termini di prescrizione della propria cartella e, se trascorsi, agire con una richiesta in autotutela presso l’Agenzia delle Entrate o l’ente creditore.
Se hai una cartella esattoriale in sospeso, è sempre consigliabile rivolgersi a un esperto in materia fiscale per valutare le opzioni disponibili e agire in modo consapevole.
Quando ci rechiamo in farmacia con una prescrizione medica, spesso il farmacista ci pone la domanda: “Di marca o equivalente?” Ma sappiamo davvero cosa significa questa distinzione? E soprattutto, possiamo fidarci dei farmaci equivalenti, risparmiando una parte del costo che ci viene addebitata come “ticket”?
I farmaci equivalenti, noti anche come farmaci generici, sono medicinali che contengono lo stesso principio attivo, nella stessa quantità e forma farmaceutica, del medicinale di riferimento (quello di marca). La loro efficacia, sicurezza e qualità sono garantite da rigorosi controlli imposti dalle autorità sanitarie nazionali e internazionali.
Come abbiamo già detto, il medicinale equivalente offre le stesse garanzie di qualità del medicinale originatore. Questo perché i procedimenti adottati per la sua produzione e il controllo di qualità devono rispettare le Norme di Buona Fabbricazione (NBF o GMP, Good Manufacturing Practice). Queste norme assicurano che i farmaci siano prodotti in ambienti controllati e con processi standardizzati per garantire la loro efficacia e sicurezza.
La principale differenza tra un farmaco di marca e uno equivalente risiede nel prezzo e nei cosiddetti eccipienti, ossia le sostanze inerti che accompagnano il principio attivo. Questi eccipienti possono variare, ma non devono compromettere l’efficacia del farmaco. Tuttavia, in alcuni casi, persone particolarmente sensibili a determinati eccipienti potrebbero riscontrare piccole differenze negli effetti collaterali o nell’assorbimento.
Uno dei principali vantaggi dei farmaci equivalenti è il loro costo inferiore rispetto a quelli di marca. Questo avviene perché, una volta scaduto il brevetto del medicinale originatore, altre aziende farmaceutiche possono produrre lo stesso principio attivo senza dover sostenere i costi di ricerca e sviluppo iniziali. Questo abbattimento dei costi si traduce in un prezzo più accessibile per il paziente.
La risposta è sì. Le autorità regolatorie, come l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e l’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA), approvano i farmaci equivalenti solo dopo aver verificato che siano efficaci e sicuri tanto quanto i farmaci di marca. Il loro uso è ampiamente diffuso e consigliato in numerosi Paesi.
La scelta tra farmaco di marca ed equivalente è personale e dipende da vari fattori, tra cui le preferenze del paziente, eventuali allergie agli eccipienti e il costo del medicinale. Il consiglio del medico o del farmacista può aiutare a prendere la decisione migliore.
In conclusione, il farmaco equivalente rappresenta una valida alternativa a quello di marca, garantendo la stessa efficacia e sicurezza a un prezzo più vantaggioso. La decisione finale spetta sempre al paziente, che può scegliere in base alle proprie esigenze e preferenze.