Nubia (Paceco) -Cinque pescatori denunciati e mezza tonnellata di oloturie sequestrata. É il bilancio di una attività di controllo effettuata dalla Guardia di Costiera di Trapani nel corso di un blitz effettuato nella zona di Nubia nel cuore della Riserva delle Saline di Trapani e Paceco. Per cinque pescatori abusivi è scattata la denuncia, oltre al sequestro del pescato e degli attrezzi utilizzati.
Secondo gli inquirenti, le oloturie sono merce destinata a un mercato clandestino da Trapani verso paesi esteri. È noto, infatti, che, essendo queste specie particolarmente ricercate, il potenziale guadagno a favore dei pescatori di frodo si sarebbe aggirato attorno ai 100 euro al chilo.
Data la complessità e la personalità delle persone fermate, l’operazione ha richiesto la collaborazione del Comando Provinciale dei Carabinieri di Trapani, in supporto per il controllo del territorio, e della Guardia Costiera di Marsala già impegnata in analoghi controlli nella riserva di Mozia.
Gli esemplari catturati, circa 500 chili, sono stati reimmessi nell’ambiente marino durante la mattinata odierna perché ancora in vita.
Si tratta di prodotti di cui è vietata la cattura perché specie preziosa per l’equilibrio dell’ecosistema marino e della sua biodiversità. Sono definiti detritivori, cioè spazzini dei fondali che riciclano la materia organica di cui si cibano per ripulirla; sembra siano anche in grado di espellere le sostanze digerite con pH leggermente basico, tali da tamponare l’effetto di acidificazione degli oceani.
La Piazza dell’ex Mercato del Pesce, conosciuta affettuosamente dai trapanesi di una certa età come “a chiazza”, è il cuore pulsante della città, un luogo che rievoca ricordi di un tempo in cui la vita sociale di Trapani si svolgeva all’aperto, tra il profumo del mare e delle pescherie. Qui, il vociare dei pescatori e il chiacchiericcio degli abitanti si mescolavano con il fresco odore del pesce appena pescato, una tradizione che caratterizzava ogni giornata nel centro di Trapani.
La piazza, architettonicamente un’esedra, con la sua forma semicircolare e i suoi eleganti archi, è sempre stata destinata a diventare un luogo di ritrovo e di conversazione. La sua sistemazione definitiva risale al 1874, ma l’origine della zona affonda le radici in epoche più lontane. Prima dell’Unità d’Italia, infatti, Trapani era definita piazza d’armi, un’area destinata ad ospitare esercitazioni militari e la raccolta di truppe. La sua storicità è testimoniata dalle antiche mura cittadine che circondavano la città e che furono abbattute nel periodo post-unitario, quando Trapani intraprese un processo di modernizzazione sotto la direzione dell’ingegnere veneto Giovan Battista Talotti.
Con il piano urbanistico di Talotti, la città si apriva al mare e alla vita civile, dando vita a una nuova disposizione a scacchiera che avrebbe plasmato il volto della Trapani moderna. Nonostante alcuni tratti del progetto non siano stati completati, il porticato della piazza dell’ex mercato del pesce, con i suoi archi a tutto sesto, rimane una delle testimonianze più affascinanti del suo lavoro, evocando l’atmosfera di un tempo passato.
Nel cuore della piazza svetta la fontanella con la statua della Venere Anadiomene, affettuosamente ribattezzata dai trapanesi “la Signorina”. La statua, che raffigura la dea Afrodite che emerge dall’acqua, simboleggia da secoli la protezione e la benedizione dei naviganti, che a Trapani, come in molti porti, riponevano la loro speranza in Venere per una traversata sicura.
La statua, una riproduzione della Venus sortant du Bain dello scultore francese Christophe-Gabriel Allegrain, oggi è un omaggio alla tradizione marittima della città, sempre legata al mare e ai suoi abitanti. La “Signorina” è parte di una storia antica che collega Trapani al mare, testimoniando il legame profondo tra i trapanesi e il loro porto.
La Piazza dell’ex Mercato del Pesce è un crocevia tra la tradizione e la modernità. Un tempo, qui si poteva sentire il fruscio delle reti dei pescatori, i richiami degli ambulanti, e il suono dei passi dei cittadini che si fermavano a comprare il pesce fresco, a scambiare due chiacchiere, a scoprire le novità. Oggi, anche se il mercato del pesce non esiste più, il fascino della piazza è immutato.
A sinistra della piazza si trovano le Mura di Tramontana e la sua splendida spiaggia, un angolo di paradiso dove il mare cristallino lambisce la riva. A destra, una scalinata conduce a una piccola ma graziosa spiaggia, che, sebbene nascosta agli occhi dei turisti frettolosi, è un piccolo angolo di serenità per chi sa dove cercarlo.
Il centro della piazza si allinea perfettamente con via Torrearsa, la strada più centrale di Trapani, dove la città si anima di vita, di tradizioni e di storie da raccontare. Qui, in questa piazza così ricca di storia e memoria, lo stemma di Trapani si affaccia ai passanti, testimone di secoli di vita cittadina.
Anche se il pesce non viene più venduto come un tempo e la piazza non è più il centro del commercio ittico, “a chiazza” continua a essere il cuore pulsante della città. Ogni angolo racconta una storia, ogni arco evoca un’emozione legata a tradizioni che non sono mai svanite, ma che continuano a vivere nella memoria di chi ha visto Trapani crescere. Ed è proprio nel ricordo di quelle giornate trascorse a chiacchierare e mangiare pesce che “a chiazza” continua a vivere, trasformandosi in uno dei luoghi più amati della città.
La Via Catito, nel cuore del centro storico di Trapani, è una strada che porta con sé il fascino della storia e delle tradizioni locali. Spesso etichettata erroneamente come una zona poco raccomandabile, in realtà rappresenta una delle aree più autentiche della città, dove ancora oggi si respira l’anima popolare e marinara che ha caratterizzato Trapani per secoli.
Il nome Catito potrebbe derivare dal dialetto trapanese e indicare un luogo raccolto, nascosto tra i vicoli stretti del centro storico. Nei secoli passati, questa zona è stata abitata principalmente da pescatori, artigiani e commercianti che operavano nel vicino porto, uno dei più strategici del Mediterraneo.
Durante la dominazione spagnola, Trapani divenne un importante snodo commerciale, grazie alla lavorazione del sale, alla pesca del tonno e alla preziosa arte del corallo. Via Catito, con i suoi cortili interni e le piccole botteghe, era un punto nevralgico della vita cittadina, un crocevia di culture e mestieri.
Nel dialetto trapanese, il termine catitaro veniva comunemente usato per indicare una persona che parla a voce alta o in modo insistente.ndr
Negli ultimi anni, questa zona sta vivendo una vera e propria rivalutazione. Sempre più cittadini e visitatori stanno riscoprendo il fascino delle sue viuzze, i dettagli architettonici nascosti e la vita di quartiere che ancora resiste.
Oggi, grazie a progetti di riqualificazione e all’interesse di realtà locali, Via Catito sta ritrovando il suo ruolo di cuore pulsante della Trapani più autentica. Nei paraggi Ristoranti, piccole attività artigianali e iniziative culturali stanno riportando alla luce la bellezza e la storia di questo angolo della città.
Passeggiare per Via Catito significa fare un tuffo nel passato, tra storie di pescatori, tradizioni secolari e la tipica accoglienza siciliana. Questo quartiere rappresenta un legame indissolubile con la vera essenza di Trapani, lontano dagli stereotipi e ricco di fascino per chi sa apprezzare la storia che vive tra le sue mura.
E voi cosa potete raccontarci di quelle strette e caratteristiche viuzze?
Forse è arrivato il momento di riscoprire Via Catito per quello che è davvero: non solo un semplice vicolo del centro storico, ma un pezzo di storia che merita di essere valorizzato e raccontato.
Trapani è una città di mare, vento e luce, ma è anche la culla di una delle tradizioni artigianali più affascinanti del Mediterraneo: la lavorazione del **corallo rosso**. Da secoli, questo prezioso dono del mare viene trasformato in opere d’arte, tramandando saperi antichi e raccontando storie di devozione, cultura e bellezza.
Il corallium rubrum, noto come corallo rosso mediterraneo, è una specie unica per intensità cromatica e compattezza, caratteristiche che lo rendono particolarmente adatto alla lavorazione artistica. Si trova sui fondali rocciosi tra i 30 e i 200 metri di profondità, soprattutto lungo le coste della Sicilia, della Sardegna e della Tunisia.
Un tempo, i corallari trapanesi solcavano il mare aperto per settimane, sfidando le onde con le loro imbarcazioni per pescare il corallo con l’antico metodo della croce di Sant’Andrea: una pesante struttura in legno e ferro che, trascinata sui fondali, spezzava i rami di corallo, facendoli risalire in superficie impigliati nelle reti. Questo metodo, sebbene efficace, ha contribuito alla riduzione delle colonie, portando oggi a una pesca più regolamentata e sostenibile.
Il corallo rosso è avvolto da un’aura di mistero fin dall’antichità. Secondo la mitologia greca, sarebbe nato dal sangue della Gorgone Medusa, pietrificata da Perseo. Per i Romani era un amuleto contro il malocchio, mentre nel Medioevo veniva usato per proteggere i bambini dalle malattie.
A partire dal XV secolo, Trapani divenne uno dei centri più importanti per la lavorazione del corallo, al pari di Torre del Greco e Alghero. Nel periodo barocco, gli artigiani trapanesi raggiunsero un livello di eccellenza straordinario, esportando le loro opere in tutta Europa e ricevendo commissioni da nobili, ordini religiosi e persino dalla Santa Sede.
A Trapani, il corallo non è solo un materiale prezioso, ma un elemento che si fonde con l’identità stessa della città. Gli artigiani, detti curaddari” (nome dal quale nasceva una strada citttadina chiamata Via Corallai), che lo lavoravano con tecniche raffinate, spesso abbinandolo a oro, argento e madreperla.
Le opere più celebri della tradizione trapanese includono:
Gioielli e amuleti: orecchini, bracciali, rosari e spille, spesso con motivi marini o sacri.
Oggetti devozionali: reliquiari, crocifissi e Madonne scolpite in corallo, destinati a chiese e collezioni private.
Quadri scultura: autentiche meraviglie artistiche in cui il corallo veniva incastonato su supporti d’argento, dando vita a scene bibliche e mitologiche.
Uno degli esempi più straordinari di questa arte è il Tesoro della Madonna di Trapani, conservato presso il Santuario dell’Annunziata: una serie di gioielli e oggetti sacri realizzati con l’abilità impareggiabile dei maestri trapanesi.
Un Amuleto Contro il Malocchio: Ancora oggi in Sicilia, si regala un piccolo corallo rosso ai neonati per proteggerli dagli influssi negativi. Il corallo è considerato un talismano che porta fortuna e salute.
Sangue del Mare: I pescatori trapanesi chiamavano il corallo “u sangu ru mari” (il sangue del mare), credendo che avesse proprietà magiche e curative.
L’Ultimo Artigiano del Corallo: Con il passare dei secoli, la lavorazione del corallo a Trapani si è ridotta, ma ancora oggi alcune botteghe artigiane continuano a custodire questo sapere antico.
Chiunque voglia immergersi in questa tradizione non può perdersi una visita al Museo Regionale Pepoli, dove è custodita una straordinaria collezione di opere in corallo, tra cui tabernacoli, busti e reliquiari.
Oggi, il corallo rosso è sempre più raro e la sua pesca è regolamentata per preservarne le colonie. Tuttavia, l’arte e la storia che lo accompagnano continuano a vivere nel cuore di Trapani, rendendo ogni pezzo non solo un manufatto, ma un frammento di cultura, bellezza e passione.