Alcamo – Fissata per il prossimo 25 febbraio alle 9,30, davanti al tribunale di Palermo, l’udienza preliminare per decidere sulle 13 richieste di rinvio a giudizio nell’ambito dell’operazione Eirene, condotta dalla squadra mobile di Trapani e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo. Tra gli indagati di spicco l’ex senatore Nino Papania e l’ex vicesindaco di Alcamo Pasquale Perricone.
Il pm Piero Padova ha chiesto il processo per 13 degli indagati coinvolti nel blitz antimafia accusati a vario titolo di: associazione mafiosa, estorsioni, traffico di droga e scambio elettorale politico-mafioso.
Secondo gli inquirenti, l’ex senatore Papania, attualmente in carcere, si sarebbe accordato con Di Gregorio, attraverso la mediazione di Perricone, per ottenere voti alle elezioni regionali del 2022 a favore di Angelo Rocca, coordinatore provinciale del movimento politico Via, fondato dallo stesso Papania. In cambio, il capomafia avrebbe ricevuto un compenso economico.
In carcere è finito l’ex senatore del Pd Antonino Papania, 65 anni, fondatore del movimento politico “Via”, accusato di scambio elettorale politico-mafioso.
Arrestato anche l’ex vice sindaco di Alcamo, Pasquale Perricone, 69 anni: sarebbe stato l’intermediario fra Papania e il clan mafioso di Alcamo.
Il blitz portato a termine nel trapanese ha svelato le complicità tra politici e mafia scoperto i volti dei nuovi reggenti delle famiglie mafiose di Alcamo e Calatafimi ed una serie di estorsioni consumate o tentate tra: Castellammare del Golfo, Alcamo e Trapani.
L’operazione è la conclusione di una inchiesta avviata nel maggio del 2021 e che ha riguardato anche aspetti legati alla latitanza dell’ormai defunto Matteo Messina Denaro, indagine che negli anni si è ulteriormente aggiornata. Una inchiesta che ha consentito di documentare gli assetti e il rinnovato dinamismo criminale delle “famiglie” mafiose di Alcamo e Calatafimi, dopo l’arresto di numerosi esponenti storicamente al vertice delle stesse cosche. Ed è in questo contesto che la famiglia mafiosa alcamese avrebbe individuato il nuovo vertice in un pregiudicato locale, Francesco Coppola; mentre la cosca di Calatafimi, ha affidato il ruolo di reggente a Salvatore Li Bassi, allevatore pure pregiudicato.
Le certosine indagini di questi anni da parte degli investigatori, hanno consentito anche di ricostruire tutta una serie di estorsioni alcune consumate altre solo tentate, ai danni di imprenditori locali.
Ma l’inchiesta ha anche accertato una fiorente attività di spaccio, condotta anche grazie all’apporto di fornitori albanesi, ed anche la certezza che la cosca fosse nelle condizioni di avere armi, evidenziando così la trasversalità e la caratura criminale dei sodali.
Alcamo – I Carabinieri della Compagnia di Alcamo hanno eseguito un servizio straordinario finalizzato a incrementare i controlli alla circolazione stradale, nell’ambito di quanto discusso e delineato durante il comitato provinciale sull’ordine e sicurezza pubblica tenutosi con il Prefetto di Trapani.
All’esito del servizio, oltre alla denuncia di due soggetti per guida in stato di ebbrezza alcolica, è stato sottoposto a controllo un 18enne alcamese trovato, a seguito di perquisizione, in possesso di 5 dosi di hashish. Le attività di ricerca estese dai Carabinieri presso il domicilio del ragazzo hanno permesso il rinvenimento di ulteriori 40 gr. della medesima sostanza e di materiale per il confezionamento del narcotico.
Tratto in arresto per detenzione ai fini di spaccio, all’esito dell’udienza di convalida, il 18enne è stato sottoposto alla misura dell’obbligo di dimora nel comune di Castellammare del Golfo.
Caltanissetta – Non c’è stato nessun tentativo di depistare le indagini da parte dell’ex poliziotto Antonio Federico. Per questo motivo il procuratore capo di Caltanissetta, Salvatore de Luca, l’aggiunto Pasquale Pacifico e la sostituta Nadia Caruso hanno chiesto e ottenuto l’archiviazione per l’ex sovrintendente di polizia in servizio al commissariato di Alcamo, ormai in quiescenza. Inizialmente indagato per depistaggio , accusa poi derubricata in false dichiarazioni al pm, Federico è stato scagionato da tutte le contestazioni.
La vicenda del poliziotto di Alcamo, assistito dagli avvocati Vito Galbo e Maurizio Miceli, incrocia il filone investigativo condotto dagli inquirenti nisseni per cercare riscontri alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Armando Palmieri, poi deceduto all’improvviso nel 2023. Il pentito aveva raccontato gli incontri tra l’uomo d’onore alcamese Vincenzo Milazzo ed altri esponenti, “mai identificati con certezza”, che sarebbero “appartenenti ad apparati deviati dello Stato”. Incontri che sarebbero stati “mediati dalla presenza del medico e politico alcamese Lauria Baldassarre”. Vicenda giudiziaria già conclusa con l’archiviazione per Lauria, ex senatore di Forza Italia. In questo contesto, Federico è stato nuovamente ascoltato a Caltanissetta, visto che nel corso degli anni ha raccontato a diverse procure di aver avuto “contatti di un certo rilevo con una sua fonte confidenziale, appartenente ad ambienti istituzionali”. Grazie a questa fonte ha compiuto la perquisizione a “due agenti dell’Arma dei carabinieri in servizio ad Alcamo”, in cui è stato trovato un “cospicuo arsenale illegalmente detenuto”. La “fonte confidenziale” aveva informato l’ex poliziotto che avrebbe trovato anche “una fotografia di una donna”, che avrebbe anche lei fatto parte “a non meglio definiti apparati di sicurezza dello Stato”, e che avrebbe dovuto mostrare lo scatto a chi era presente alle perquisizioni, perché “avrebbero capito”. Un elemento per i magistrati nisseni rilevante, considerato che continuano ad indagare sulle stragi e proprio in quella Capaci è stato ritrovato “un guanto in lattice contenente anche un profilo di Dna femminile di cui non è stata, ad oggi, mai chiarita la provenienza”.
Nella richiesta di archiviazione, i magistrati di Caltanissetta scrivono anche che in seguito alle indagini delle Dda di Firenze “è emerso con certezza che l’effige fotografica rinvenuta da Federico ritraesse Rosa Belotti”, ma che la figura della donna non è “mai emersa in relazioni alle attività di indagine svolte” e “non risulta avere alcun legame con ambienti istituzionali ricollegabili ai servizi di sicurezza”. Inoltre, il Dna recuperato a Capaci e comparato con quello di Belotti “ha dato esito negativo”. La donna è indagata dalla Dda di Firenze con l’accusa di essere “l’esecutrice materiale che ha guidato la Fiat Uno grigia imbottita di esplosivo sottratta alla proprietaria (…) condotta in via Palestro per colpire il PAC (Padiglione d’Arte Contemporanea, ndr.) nell’ambito della strage a Milano del 27 luglio 1993”. Belotti ha però sempre negato il suo coinvolgimento.
“Il decreto, – dicono i suoi avvocati Maurizio Miceli e Vito Galbo – nel fare proprie le ragioni del pubblico ministero scolpite nella richiesta di archiviazione, riconosce come il Federico nonostante abbia tenuto riserbo per tanto tempo per ragioni comprensibili, legate anche alla tutela dell’incolumità propria e dei propri cari e alla custodia delle proprie fonti, rivelandole soltanto innanzi alla Procura di Firenze, a distanza di anni, condividendo il proprio ingombrante sapere. Soltanto dopo le dichiarazioni rese agli inquirenti fiorentini, infatti, – aggiungono – è stato iscritto un procedimento penale con questa accusa decisamente infamante, dissoltasi dopo aver rinnovato la propria disponibilità ad essere interrogato e chiarire i contorni di questo incandescente patrimonio conoscitivo a seguito di un interrogatorio fiume di oltre cinque ore nella sede della Direzione Nazionale Antimafia, compulsato da due eminenti procuratori, di Firenze e di Caltanissetta”. Federico, peraltro, ha cercato, per quanto possibile, di chiarire alcuni aspetti che le autorità vaglieranno ai fini del buon esito delle indagini. “Un servitore dello Stato – puntualizzano – che ha rivelato quanto di sua conoscenza alla procura fiorentina senza indugi e senza sospettare di poter essere indagato per questo, di propria sponte, ci teniamo a sottolinearlo. Adesso il Federico è un uomo libero- concludono i suoi avvocati – tanto da censure penali quanto dal peso di alcuni segreti su vicende così rilevanti della parte più tragica della storia nazionale”.
Alcamo – Rimangono in carcere l’ex senatore del Pd l’alcamese Nino Papania e l’ex vicesindaco di Alcamo, Pasquale Perricone, entrambi coinvolti nell’operazione della squadra Mobile di Trapani Eirene accusati di scambio politico-mafioso. Il Tribunale del Riesame di Palermo infatti ha respinto il ricorso presentato dagli avvocati dei due ex politici con il quale chiedevano una misura meno afflittiva: la detenzione domiciliare. I legali infatti nel ricorso sostenevano che: “non sussistessero elementi di inquinamento delle prove né pericolo di reiterazione del reato o rischio di fuga”. Il Riesame però ha confermato il carcere, ritenendo valide le misure cautelari imposte dal giudice per le indagini preliminari. Appena i legali conosceranno le motivazioni presenteranno ricorso in Cassazione. Già la Suprema Corte aveva rigettato, il primo ricorso per la scarcerazione, presentato dai difensori subito dopo gli arresti avvenuti lo scorso 15 settembre.
L’operazione Eirene, effettuata ad Alcamo e Calatafimi Segesta dalla squadra Mobile di Trapani e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, riguardava un presunto sistema di scambio elettorale tra politica e mafia in occasione delle elezioni regionali del 2022. Secondo l’accusa, Papania e Perricone avrebbero garantito sostegno elettorale in cambio di favori, coinvolgendo esponenti del clan mafioso locale. Le accuse a vario titolo (nell’inchiesta finirono indagati anche altre persone) vanno dall’associazione mafiosa, all’estorsione, detenzione di armi e su alcuni episodi di voto di scambio politico-mafioso per le elezioni regionali del 2022. Papania e Perricone in particolare sono indagati solo per voto di scambio politico-mafioso (art. 416 ter).
Intanto dopo la consegna dell’avviso di conclusione indagini, avvenuta lo scorso dicembre, si attende la fissazione dell’udienza preliminare per l’eventuale rinvio a giudizio e quindi a seguire la data di inizio del processo che potrebbe arrivare subito dopo l’estate. Udienza preliminare che vedrà davanti al Gip tredici indagati coinvolti nell’operazione Eirene. I due ex esponenti politici alcamesi sono in carcere al Pagliarelli di Palermo.
Alcamo – Parte dalla città di Alcamo il dossieraggio della società Equalize che, a livello nazionale, ha raccolto migliaia di dati sensibili persino sulle più alte cariche di Stato.
Il vaso di Pandora è stato scoperchiato anche grazie all’attenta analisi di un avvocato di Alcamo. È stato infatti Vincenzo Abate a depositare in Procura la denuncia querela contro il primo report venuto fuori e citato negli atti delle indagini dell’attività di dossieraggio industriale di Equalize: un network di presunte spie guidato dall’ex super poliziotto Carmine Gallo, braccio operativo di Enrico Pazzali, il presidente di Fondazione Fiera.
Per la Dda di Milano la società riconducibile al gruppo di hacker avrebbe fabbricato dossier attraverso dati e informazioni segrete per incassare milioni di euro di profitti illeciti raccogliendo migliaia di dati persino sulle più alte cariche di Stato.
Vincenzo Abate, 43 anni, avvocato di Alcamo e of counsel dello studio legale Lexia, due anni fa presentò una denuncia-querela per conto dell’imprenditore del settore petrolifero Francesco Mazzagatti, tirato in ballo dal report del 25 ottobre 2021 firmato dall’amministratore delegato di Equalize, Carmine Gallo. Da quella denuncia il sistema illecito di spionaggio inizia ad incrinarsi: Abate denuncia all’autorità giudiziaria l’esistenza di delitti contro l’amministrazione della giustizia, nonché il reato di diffamazione aggravata. Il documento prodotto dalla società d’investigazioni di Milano era un insieme di asserzioni ambigue ed allusive. Da questo parte l’inchiesta nazionale. Il report predisposto ad hoc da Equalize, su specifico incarico di Eni, indica presunti rapporti commerciali tra l’avvocato Piero Amara e Mazzagatti. Come accertato dai Pm, le valutazioni contenute nel documento provenivano da “materiale illecitamente acquisito” e modificato per denigrare l’immagine dei target dell’indagine farlocca. Tanto che Gallo -dal colloquio captato dagli inquirenti nel corso delle indagini- al tecnico informatico Samuele Calamucci (entrambi arrestati nell’inchiesta milanese su Equalize) dice: «non vorrei magari che poi facciamo la stessa cosa che abbiamo fatto con Eni, ci troviamo nei guai» facendo specifico riferimento alle conseguenze della denuncia sporta proprio dall’avvocato Abate.
«Siamo stati i primi ad inculcare negli inquirenti il dubbio che il contenuto dell’attività investigativa della Equalize non fosse genuino, così come avevamo accertato dallo studio degli atti acquisiti nell’ambito del cosiddetto “complotto Eni” -spiega l’avvocato Vincenzo Abate. Abbiamo quindi subito denunciato i fatti alla Procura di Milano ed a quella di Terni». Da qui parte l’inchiesta e viene fuori la vicenda Equalize: un network di spie che aveva rapporti con mafie e servizi segreti anche esteri, con raccolte informative ed innumerevoli intrusioni illegittime su server e banche dati come è emerso nell’inchiesta della DDA di Milano
«Le informazioni contenute nel report erano prive di ogni aggancio documentale e quindi integravano il reato di diffamazione. L’indagine della D.D.A. ha avuto il merito di appurare come i dati trovati su Mazzagatti, e su tutti gli altri “bersagli” politici, istituzionali ed imprenditoriali dell’agenzia, erano il frutto di una sistematica attività di violazione del server dell’agenzia delle entrate, ma circostanza ancor più grave– conclude l’intuitivo avvocato Abate-, dei data base e dei server delle forze di polizia».
Alcamo – I Carabinieri della Compagnia di Alcamo hanno denunciato, per ricettazione, tre tunisini di età compresa tra i 19 e i 23 trovati in possesso di circa 30 chilogrammi di cavi conduttori in rame risultati provento di furto.
La scorsa notte i tre sono stati fermati ad un posto di controllo mentre viaggiavano a bordo di una autovettura. A seguito di perquisizione veicolare i militari rinvenivano svariati cavi conduttori in rame che, dagli immediati accertamenti, sarebbero stati tranciati poco prima dall’impianto elettrico di un parcheggio sotterraneo della città.
Alcamo – “Credi tu questo? (Giovanni 11, 26)”. Recita così il claim per il 2025 per la Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani, che si svolgerà dal 18 al 25 gennaio.
In Diocesi si terranno due appuntamenti che vedranno uniti nella preghiera cristiani di diverse chiese: il primo appuntamento si terrà ad Alcamo domani con inizio alle 18 presso la Chiesa evangelica della Riconciliazione; il secondo sempre alle ore 18 di martedì 22 gennaio sarà invece ospitato dai cristiani della Chiesa Valdese.
Qui la direttrice dell’ufficio diocesano di Trapani Francesca Messina, teologa e docente di religione cattolica presenta gli appuntamenti
rappresenta un’iniziativa ecumenica di preghiera nel quale tutte le confessioni cristiane pregano insieme per il raggiungimento della piena unità che è il volere di Cristo stesso. Nata in ambito protestante nel 1908, nel 2008 ha festeggiato il centenario. Dal 1968 il tema e i testi per la preghiera sono elaborati congiuntamente dalla commissione Fede e Costituzione del Consiglio Ecumenico delle Chiese, per protestanti e ortodossi, e dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, per i cattolici.
Trapani – Raggiunto l’accordo per l’arrivo in maglia granata dell’alcamese Erasmo Mulé, classe ’99 dal Pescara.
Il difensore classe 1999 si trasferisce in prestito con diritto di riscatto. In caso di esercizio dell’opzione
Mulé firmerà un contratto biennale con il club siciliano. Mulè salvo imprevisti, è atteso in città in giornata e firmerà il contratto sabato.
Difensore centrale nato a Alcamo il 13 giugno 1999 è cresciuto calcisticamente nel Palermo, in carriera ha vestito anche le maglie di Trapani, con cui ha conquistato una promozione in Serie B nella stagione 2018/19, Recanatese, Juve Stabia, Cesena, catanzaro Monopoli e Juventus next gen.
A lui si aggiungeranno il centrocampista Luca Verna dal Catania e l’esterno offensivo Flavio Ciuferri dal Giugliano.
Alcamo – Una donna di 56 anni è stata arrestata dai Carabinieri della Compagnia di Alcamo per furto in
abitazione. La donna, dalle indagini effettuate dai militari dell’arma, avrebbe asportato gioielli dall’abitazione dove svolgeva l’attività di collaboratrice domestica.
A scoprire l’ammanco la figlia della donna accudita, che si sarebbe accorta del furto grazie alle immagini delle telecamere installate in casa. Con l’intervento tempestivo dei Carabinieri è stata eseguita una perquisizione personale che ha permesso di rinvenire all’interno delle tasche dei pantaloni i monili in oro poco prima asportati.
Da ulteriori accertamenti sarebbe emerso che sin dallo scorso mese di aprile la 56enne si sarebbe resa responsabile di altri furti di gioielli e monili per un valore di circa 20 mila euro, alcuni dei quali rinvenuti nella sua abitazione. La donna, dopo l’udienza di convalida, è stata sottoposta alla misura dell’obbligo di
presentazione alla P.G. due volte a settimana.