Trapani
Processo Artemisia: “Lo Sciuto era il direttore d’orchestra”
Si chiude con la richiesta di condanna per complessive 155 anni la requisitoria del Pm Sara Morri
Rino Giacalone28 Febbraio 2025 - Cronaca
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    Trapani – Processo Artemisia: politica, affari e massoneria segreta, le conclusioni del pm Morri. Chieste condanne per 155 anni

    L’atto finale del pm Sara Morri davanti al Tribunale presieduto dal giudice Messina, a latere i giudici Bandiera e Cantone. Dopo una minuziosa ricostruzione dei fatti oggetto del processo, riportati dentro una memoria di quasi mille pagine, l’accusa ha chiesto condanne per 155 anni di carcere. Il processo Artemisia ha messo in luce condotte di corruttela col fine di acquisire consenso elettorale, ma assieme a ciò anche una sorta di controllo del territorio, delle istituzioni. Un quadro che inserito nel contesto locale, fatto spesso di enti locali incapaci o svuotati da scelte poco utili alla collettività, spiega molto bene le ragioni di un certo andazzo. L’agire degli imputati del processo, a cominciare dal principale di essi, Giovanni Lo Sciuto, indagato mentre sedeva all’ars da deputato regionale ed era finanche componente della commissione regionale antimafia, sarebbe stato quello di mettere in determinati posti della pubblica amministrazione, propri designati, così che “da remoto” veniva guidata l’azione delle istituzioni: “attivazione remota dei referenti al momento della trattazione di questioni rilevanti per il gruppo”. E questo non per servire la collettività ma il singolo. Queste, secondo l’accusa, le mire di Giovanni Lo Sciuto politico di lungo corso, consigliere comunale a Castelvetrano, poi consigliere e assessore provinciale, e infine deputato regionale alla corte del ministro Angelino Alfano, accusato anche di aver creato una sorta di loggia massonica segreta.

    Le richieste

    Per Lo Sciuto sono stati chiesti 14 anni. Nove anni per l’ex re della formazione professionale Paolo Genco, otto anni per Gaspare Magro, sei anni per l’ex sindaco di Castelvetrano Felice Errante, sette anni per Gaspare Angileri, due anni per Maria Luisa Mortillaro, sei anni e sei mesi per Isidoro Calcara, nove anni e sei mesi per l’ex coordinatore Inps Rosario Orlando, sei anni per Tommaso Geraci, due anni e sei mesi ciascuni per Vincenzo Chiofalo, Gaspare Berlino e Luciano Perricone, sette anni per Vincenzo Giammarinato. Tra gli imputati anche tre poliziotti: otto anni sono stati chiesti per Vincenzo Passanante, sette anni e sei mesi per Salvatore Virgilio, undici anni per Salvatore Giacobbe.

    La loggia

    Il quadro offerto quello dell’esistenza di una organizzata associazione a delinquere che si è articolata anche dentro una associazione segreta, una sorta di massoneria che non era “affare” estraneo a molti degli indagati risultati fare parte di logge ufficiali, come la loggia Hypsas di Castelvetrano. Ma quella finita sotto indagine era non tanto una vera e propria loggia, ma un gruppo di persone che agivano anche sotto il vincolo di quella segretezza che trova riferimenti proprio in certi ordinamenti massonici.  Per la Procura di Trapani rappresentata in giudizio dal pm Sara Morri, tutti gli imputati avrebbero partecipato ad un sistema che agiva con la corruzione, e che puntava ad inquinare la politica. In molti casi riuscendoci. Le regole massoniche sono servite a mascherare “l’inquinamento politico delle istituzioni locali”. Non va dimenticato che anche l’indagine Artemisia portò allo scioglimento degli organi istituzionali del Comune di Castelvetrano.

    Le conclusioni del Pm Sara Morri

    “Per Lo Sciuto – ha detto il pm Morri – la massoneria era l’aggancio giusto per far carriera e porre in essere meccanismi per raggiungere gli obiettivi prefissati dal gruppo”. Le regole proprie della massoneria applicate nel malaffare emerso vengono tradite proprio da alcune intercettazioni, dove gli indagati vengono sentiti dire che la forza del gruppo era quella “di sapere di poter contare gli uni sugli altri”. Una fratellanza che nel loro agire divenne un sodalizio perverso, “così da conciliare con gli interessi dell’on. Lo Sciuto”. Il pm si è chiesto se tutto questo possa tradursi in una lecita attività politica. “Niente affatto – ha spiegato – trovandoci dinanzi al perseguimento di finalità individuali, esercitate dentro al mondo della formazione professionale, nel mondo accademico, fin dentro le stanze dell’Inps di Trapani…non erano raccomandazioni ma ripetuti tentativi che talvolta non andando a buon fine rappresentavano ugualmente a quelle riuscite una chiara azione a modificare gli ordinati corsi decisionali”. Il pm ha colto e proposto al Tribunale parecchie analogie tra il caso della Iside 2, la loggia segreta scoperta a Trapani nel 1986 e che nel 1993 portò alla condanna dell’allora gran maestro Gianni Grimaudo, e quello della loggia attribuita alla guida di Lo Sciuto e alla quale sarebbero appartenuti politici, come l’allora sindaco di Castelvetrano Felice Errante e l’ex assessore Luciano Perricone, ma anche poliziotti come Vincenzo Passanante. “Oggi come ieri – ha evidenziato il pm Morri – ci ritroviamo la spartizione pianificata delle poltrone pubbliche, l’occupazione delle istituzioni”. “Oggi come ieri – ha continuato – ci troviamo dinanzi i vincoli della segretezza, l’agire con l’obiettivo della interferenza, la pluralità di iniziative volte a condizionare i pubblici poteri”. I fatti specifici sono contestati in diciannove capi di imputazione. Si è quasi messo alla berlina durante il processo il fatto che “le riunioni” di questa sorta di loggia erano solite farsi in una pizzeria, ma su questo aspetto il pm ha invitato a sorridere meno considerato che risulta come fatto accertato come la stessa pizzeria è citata in una indagine antimafia, “Anno Zero”, per il fatto di essere stata sotto la gestione di persone vicine all’allora latitante Matteo Messina Denaro, insomma le riunioni non avvenivano in un luogo qualsiasi.

    Iniziate anche le discussione delle difese

    Nel corso della stessa udienza hanno cominciato a discutere le difese. E’ toccato agli avvocati Tricoli e Pantaleo, tutti e due a difesa di Tommaso Geraci. E Tricoli è intervenuto anche anche a difesa del commercialista Gaspare Magro. L’avvocato Tricoli in particolare ha cercato di smontare le accuse attribuendo all’ex deputato Lo Sciuto la figura di un “miles gloriosus”, per dire che sarebbe stato un politico fanfarone e non tanto un agitatore di azioni del malaffare. A dargli ragione anche l’avvocato Pantaleo, pronto a sostenere che “Lo Sciuto si presentava ai suoi accoliti come una sorta di onnipotente”. E questo lo hanno detto per affievolire e smarcare i propri assistiti dalle accuse di corruzione e partecipazione, nel caso di Magro all’associazione segreta. L’avvocato Tricoli non è stato leggero nelle sue affermazioni e ha pure citato Falcone, “i processi vuoti non si portano a dibattimento perché fanno male alla giustizia”. “Quella di Lo Sciuto era attività politica nient’altro, e ha descritto il sodalizio attorno a Lo Sciuto come un gruppo di amici, “si chiacchiera e si diventa chiacchierati e si aprono i processi penali”. Un’arringa decisamente in controtendenza rispetto alla voluminosa requisitoria racchiusa in quasi mille pagine, che racconta ben altra realtà. E se per l’avvocato Tricoli non ha senso paragonare le accuse di oggi con il quadro accertato giudiziariamente a proposito della loggia segreta Iside 2, oggi come ieri, viene da dire, seguendo l’incipit del pm, ci siamo ritrovati imputati e testimoni a sostenere la stessa difesa pronunciata dal gran maestro della Iside 2 Gianni Grimaudo: “nient’altro che banali raccomandazioni; il deprecabile sistema delle raccomandazioni”; e ancora, si giustificava il professore, sostenendo in modo inverosimile che gli interventi ad adiuvandum fossero comunque circoscritti entro la sfera «del lecito, del giusto e dell’onesto». Ma quella non sarebbero state raccomandazioni ma sistematica maniera per addomesticare ai propri interessi la politica, le istituzioni, la pubblica amministrazione.




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