Palermo – Giuseppe Carini racconta in modo vivace, ma sfidante, la sua amicizia con padre Puglisi. Aveva 21 anni e studiava medicina quando lo conobbe a Brancaccio, quartiere di Palermo con consolidate realtà mafiose, dove era nato e cresciuto. Fin da piccolo – anche grazie a un parente che il giovanissimo Giuseppe idealizzava – era attratto da Cosa Nostra. Come molti o tutti nel quartiere era cresciuto con il mito dell’uomo d’onore. Poi accadde l’incontro con 3P – come i ragazzi chiamavano padre Pino Puglisi – e la sua vita cambiò. Divenne un suo stretto collaboratore sino al giorno dell’omicidio, e restò fedele ai suoi insegnamenti al punto da divenire nel 1995 testimone di giustizia. Da quel momento è nello speciale programma di protezione previsto in questi casi.
Nel nuovo libro di Roberto Mistretta “Giuseppe Carini – collaboratore di don Puglisi e testimone di giustizia” – racconta in prima persona in quale modo il rapporto con don Pino gli cambiò la vita, portandolo a compiere scelte definitive. Aveva 21 anni Giuseppe Carini quando conosce padre Puglisi a Brancaccio, quartiere di Palermo gravemente ferito da povertà, analfabetismo, illegalità,
assenza di servizi. Don Pino era giunto lì come parroco nel 1990. La sua azione evangelica coinvolge bambini, famiglie, volontari, ed è così autentica e coerente da scardinare le leggi non scritte della criminalità. Fino al tragico epilogo: il suo omicidio per mano mafiosa nel 1993.
Giuseppe, come molti della sua età, è attratto dal mondo mafioso, dal mito dell’uomo d’onore, ma l’incontro con don Pino lo folgora. Diviene suo stretto collaboratore, fino al giorno dell’omicidio. E resterà fedele ai suoi insegnamenti al punto da divenire nel 1995 testimone di giustizia, entrando nello speciale programma di protezione previsto in questi casi.
Nel nuovo libro di Roberto Mistretta, Giuseppe Carini racconta in prima persona in quale modo il rapporto con don Pino, a poco a poco, gli cambiò la vita, portandolo a compiere scelte definitive. “Se sulla mia strada – scrive Giuseppe – non avessi incontrato padre Puglisi, oggi figurerei tra quelli che detengono il controllo a Brancaccio. O marcirei in carcere. O sarei sepolto da qualche parte. O, peggio, sarei sciolto nell’acido”.
Da tempo è un altro uomo: per motivi di sicurezza ha dovuto cambiare identità e luogo di residenza. Ma gli insegnamenti di quel prete speciale alimentano tuttora i suoi giorni. E in queste pagine risuonano intatti. Scrive Mistretta a proposito della genesi del libro: “Mi imbattei nella storia di Giuseppe Carini anni addietro. Molte cose sono cambiate da allora, altre purtroppo no. Giuseppe Carini ha dovuto cambiare nome e lasciare la propria terra, ma la sua Brancaccio la porta sempre nel cuore. Non naviga nell’oro, ma non si lamenta. Il suo impegno giornaliero è testimonianza del fatto che i veri miracoli sono quelli che incidono nel profondo e marchiano l’anima a fuoco, come è successo a lui.
In questo libro lui stesso racconta la sua storia. La storia di un giovane che padre Puglisi ha salvato dalla mafia. Non è stato facile per Carini ritornare ancora una volta a quei giorni, risentire l’odore di Brancaccio, riascoltare gli insegnamenti di padre Puglisi, ma è bastata una sollecitazione da parte mia e i ricordi sono tornati ad affiorare nitidi”. Ad arricchire il volume ci sono la Prefazione di Giovanbattista Tona, consigliere della Corte di Cassazione e allievo spirituale di don Puglisi. E, in appendice, il testo integrale della requisitoria pronunciata dal pubblico ministero Lorenzo Matassa il 23 febbraio 1998 davanti alla Corte d’Assise di Palermo, in occasione dei procedimenti penali celebrati in quel periodo contro gli esecutori dell’omicidio di don Puglisi.
Note sull’Autore
Roberto Mistretta vive in Sicilia. Autore di una serie di romanzi gialli, nel 2019 ha vinto il Premio Alberto Tedeschi
– Giallo Mondadori. Dirige la collana di narrativa “Delos Crime”. Ha al suo attivo anche volumi di impegno sociale.
Con Paoline ha pubblicato Don Fortunato Di Noto. La mia battaglia in difesa dei bambini (202