Roma – Il dibattito sul fine vita torna al centro della scena politica e sociale in Italia, con un acceso confronto tra favorevoli e contrari alla regolamentazione nazionale dell’eutanasia e del suicidio assistito. Mentre alcuni Paesi europei hanno già legiferato in materia, in Italia il tema rimane divisivo, con posizioni contrastanti tra politica, religione e società civile.
Ad oggi, l’Italia non ha una normativa chiara e definitiva sul fine vita. La sentenza della Corte Costituzionale del 2019 ha aperto alla possibilità del suicidio assistito in casi specifici, ma senza una legge organica a regolamentare la pratica. Le famiglie e i pazienti che desiderano accedere a questa opzione si trovano spesso in un limbo giuridico che li costringe a rivolgersi all’estero, con conseguenze economiche e psicologiche significative.
Tra i sostenitori della regolamentazione nazionale troviamo:
Dall’altro lato, i contrari alla legge sul fine vita esprimono forti preoccupazioni etiche e morali:
Il dibattito sul fine vita in Italia è destinato a proseguire, con implicazioni profonde per i diritti individuali, l’etica medica e il ruolo dello Stato nelle scelte personali. Riuscirà il Paese a trovare un equilibrio tra autodeterminazione e tutela della vita? La risposta, al momento, resta incerta.
Approvata dalla Regione Toscana, nonostante la forte contrarietà della Conferenza episcopale, la prima legge sul fine vita che regola i requisiti, la procedura, i tempi e le modalità per accedere al suicidio assistito. Occorreranno circa 50 giorni per completare l’iter dalla presentazione della domanda all’iniezione letale.
Salutata dal Presidente della Regione Eugenio Giani come “un forte messaggio di civiltà” , e dal Presidente della Conferenza episcopale Toscana, Cardinale Lojudice come “una grande sconfitta per tutti”, l’approvazione della legge sul fine vita da parte del Consiglio della Regione Toscana precede l’iniziativa del Parlamento in una materia altamente critica.
L’iter legislativo è partito dall’iniziativa popolare “Liberi Subito” sostenuta dall’Associazione Coscioni, che ha raccolto 10 mila firme, cavalcando la prima apertura della Corte Costituzionale che con la sentenza n. 242/2019 aveva dichiarato illegittimo il divieto in vigore invitando il Parlamento a regolare la materia e dettando i requisiti per l’accesso al suicidio assistito. Con una successiva pronuncia, la sentenza n. 135/2024, la Consulta aveva poi precisato che tanto la nozione di trattamenti di sostegno vitale, (tra i requisiti per accedere al fine vita,) quanto le condizioni e le modalità di esecuzione dovessero essere verificate da strutture pubbliche del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente. La stessa sentenza, aveva lanciato un appello stringente perché venisse garantita a tutti i pazienti una effettiva possibilità di accesso alle cure palliative appropriate per controllare la loro sofferenza, come previsto dalla Legge n. 38/2010.