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Trapani si stringe attorno a Mediterranea – Debora Camarda
Un’ondata di solidarietà e affetto ha abbracciato ieri l’equipaggio della nave Mediterranea
Redazione28 Agosto 2025 - Cronaca
  • Cronaca

    Trapani – di Debora Camarda – Un’ondata di solidarietà e affetto ha abbracciato ieri l’equipaggio della nave Mediterranea, attraccata a Trapani sabato 23 agosto dopo aver rifiutato il porto di Genova, assegnato dal Ministero dell’Interno attraverso l’MRCC (Maritime Rescue Coordination Centre) di Roma.

    La notte del soccorso di Mediterranea

    Mediterranea, nave gestita dall’associazione Mediterranea Saving Humans, ha effettuato un soccorso in acque internazionali la notte del 21 agosto, nella zona SAR (Search And Rescue) di competenza libica.
    È stato una notte particolarmente complicato: le 10 persone soccorse, tre minori e gli altri poco più che ventenni, sono state gettate in mare da una cosiddetta “runaway boat”, in questo caso di tipo militare. I ragazzi sono stati buttati in acqua dai miliziani presenti sull’imbarcazione e i soccorritori li hanno dovuti letteralmente issare sul loro gommone per salvarli da morte certa. I miliziani si sono immediatamente dileguati nel buio della notte.
    Una volta saliti a bordo di Mediterranea, i naufraghi hanno raccontato le violenze subite in Libia e di come erano stati costretti a salire su quell’imbarcazione che non ha esitato a buttarli in acqua alla vista dei soccorritori.

    Sono curdi provenienti da Iran e Iraq, siriani ed egiziani, quindi provenienti da contesti di persecuzione, di guerra civile e di repressione politica.
    Altri 4 giovani erano invece stati buttati in acqua all’inizio del loro viaggio, probabilmente per alleggerire il carico della piccola imbarcazione. Di loro non si hanno notizie.

    I giorni precedenti al soccorso

    Nei due giorni precedenti al soccorso, Mediterranea era stata circondata da ben otto lance e gommoni delle milizie libiche: uomini a bordo in mimetica e armati, minacciavano la nave di procedere verso nord per farla allontanare da quell’area.
    L’equipaggio decideva comunque di proseguire l’azione di ricerca, trovandosi in acque internazionali e sicuramente non soggetta agli ordini di quelle milizie paramilitari.

    Dopo ore di minacce, si sono allontanate e poco dopo è arrivata una motovedetta della cosiddetta Guardia costiera libica che ha seguito Mediterranea per oltre 25 ore: una di quelle motovedette che l’Italia ha donato alla Libia in forza del Memorandum siglato nel 2017 dal Ministro dell’Interno Marco Minniti, governo Gentiloni. Da allora l’Italia, con il supporto dell’Europa, finanzia i centri di detenzione in Libia, fornisce mezzi come le motovedette dismesse della Guardia di Finanza e addestra i suoi uomini, in un contesto in cui forze dello stato si mischiano con le milizie locali e farne una distinzione diventa praticamente impossibile.

    Alcuni membri dell’equipaggio presente su Mediterranea hanno già subito gli spari da una motovedetta libica nell’aprile 2024 durante un soccorso, per fortuna senza conseguenze né per loro né per le persone che stavano soccorrendo.

    La notte del 21 Agosto

    La notte del 21 agosto, dunque, a soccorso effettuato, da Roma arriva l’assegnazione del porto: Genova, a tre giorni di navigazione.

    Il comandante Pavel Botica e il capomissione Beppe Caccia non hanno dubbi: non è possibile sottoporre le persone soccorse a tanta ulteriore e inutile fatica con il mare che s’ingrossa sempre più. E tra le onde alte due metri, il Comandante punta la prua verso Trapani. Poco prima dell’attracco, l’MRCC di Roma si accerta che fosse ben chiaro l’ordine del Viminale di dirigersi a Genova. “Sì. – rispondono da bordo – Facciamo comunque rotta verso Trapani”.

    “Disobbediamo a un ordine ingiusto e inumano del Ministero dell’Interno. Ma così facendo obbediamo al diritto marittimo, alla Costituzione italiana e alle leggi dell’umanità”: sono le parole perentorie di Beppe Caccia, a capo della missione numero 22 di Mediterranea Saving Humans.
    Tre ulteriori giorni di navigazione con a bordo naufraghi che portano tanti traumi fisici e psicologici, risultano tanti anche per il Centro per il radio soccorso medico, struttura istituzionale consultata dall’MRCC di Roma, che aveva confermato quanto attestato dai medici a bordo: la necessità di cure mediche e psicologiche immediate.

    Tuttavia rimane l’ordine di dirigersi a Genova e nessuna ambulanza ad attendere sul molo Ronciglio di Trapani: bisogna chiamarne due appena i naufraghi toccano terra. Uno di loro perde i sensi e un altro ha problemi di salute che richiedono assistenza medica immediata.

     

    La risposta dal Ministero

    La risposta dal Ministero arriva come da copione: applicazione dell’articolo 2bis del cosiddetto decreto Piantedosi: fino a 10.000 euro di multa e fino a 20 giorni di fermo per la nave Mediterranea. Il numero esatto di giorni sarà stabilito dal Prefetto di Trapani entro 5 giorni dall’emissione del provvedimento.

    Intanto la città si stringe attorno alla nave e al suo equipaggio: diverse delegazioni di associazioni e partiti, in questi giorni, si sono recate a bordo per mostrare solidarietà e per ascoltare i racconti dei soccorritori su cosa accade nel mar Mediterraneo e in Libia, laddove apparati statali e parastatali torturano impunemente con la complicità dell’Italia. Della stessa Italia che riaccompagna a casa, con volo di Stato, Almasri, generale libico soggetto a mandato di cattura da parte della Corte penale internazionale e che, tra le altre cose, gestisce la prigione di Mitiga torturandone, anche personalmente, i prigionieri.

    L’appello di Mediterranea

    “Non lasciateci soli. Continuiamo a combattere e a disobbedire insieme.” dice Sheila Melosu, capomissione in alcune passate missioni e logista di Mediterranea. “Abbiamo soccorso dieci ragazzini che erano stati buttati in acqua e minacciati con le pistole e ci chiedono di portare questi ragazzi in un porto che si trova a diversi giorni di navigazione. Cosa avreste fatto se fossero stati i vostri figli? Abbiamo chiesto tante volte a Roma un porto vicino e si sono sempre rifiutati. Abbiamo deciso di attraccare a Trapani, qualunque siano le conseguenze.” sono le parole del comandante Pavel Botica.
    Denny Castiglione, capomissione in alcune passate missioni e soccorritore volontario di Mediterranea: “Quello che subiamo è un chiaro attacco politico perchè non ci vogliono testimoni in mare. Non è possibile che organizzazioni che hanno solo dei salvagente rappresentino un problema per la sicurezza dell’Europa.” e conclude con una dichiarazione di solidarietà alla nave Ocean Viking di SOS Mediterranee che nei giorni scorsi è stata colpita da oltre cento spari dalla cosiddetta Guardia costiera libica e alla Trotamar III che sta subendo l’applicazione del fermo amministrativo dell’imbarcazione perchè non si è rivolta alle autorità libiche dopo aver effettuato il soccorso in zona SAR libica.
    Presente anche l’europarlamentare di AVS Leoluca Orlando che conclude: “L’equipaggio ha dimostrato il coraggio del rispetto della legalità, che impone il salvataggio di vite umane e di portare nel porto sicuro più vicino le persone che vengono salvate in mare. È illegittimo e disumano il blocco di Mediterranea”.

    Il sit in e le persone presenti

    Circa 300 persone presenti: applaudono, mostrano cartelloni con dichiarazioni di solidarietà, qualcuno si commuove. In tanti vogliono stringere la mano ai soccorritori di Mediterranea, per ringraziarli, per incitarli a proseguire la loro attività, dichiarando che non sono soli. E per dimostrarlo, il sit-in si conclude con un corteo che riaccompagna l’equipaggio verso la nave. Nel frattempo il sole è tramontato e la nave, ferma in porto, attende la fine dei giorni di fermo amministrativo. A bordo l’equipaggio pensa già alla prossima missione. Di fronte a sè, una città che non si è voltata dall’altra parte e che ha ben compreso la scelta di attraccare a Trapani.

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