Nel vasto e stratificato universo della lingua siciliana, poche parole possiedono la profondità semantica e la versatilità espressiva di “suca”. Apparentemente semplice, immediata, quasi primordiale, questa esortazione racchiude in sé un microcosmo di significati che si snodano tra la saggezza popolare, l’ironia affilata e una forma di distaccata superiorità esistenziale.
Nella sua forma più pura e incontaminata, “suca” potrebbe essere inteso come un invito a suggere il nettare dell’esistenza, a trarre il massimo dalle esperienze, a lasciarsi andare ai piaceri semplici e autentici che la vita offre. In fondo, cosa c’è di più naturale e primordiale del nutrirsi direttamente dalla fonte?
Ma fermarsi a una sola interpretazione sarebbe riduttivo, quasi offensivo per la ricchezza del termine. “Suca” è una filosofia che varia a seconda del tono, del contesto, della complicità tra chi pronuncia e chi riceve. Può essere un tagliente invito a ignorare le inutili ciance, un’affettuosa dimostrazione di confidenza tra amici, un sublime atto di resistenza contro le avversità della vita.
Il siciliano non spreca parole. Dove altre lingue necessitano di intere frasi per esprimere un concetto, la Sicilia ha la capacità di racchiudere un universo in una singola espressione. “Suca” è la risposta definitiva a qualsiasi tentativo di intromissione non gradita, il sigillo finale su una discussione che non merita ulteriore attenzione, l’arma affilata con cui si tagliano le inutili complicazioni.
Come ogni grande filosofia, anche questa ha il suo lato mistico. Perché in fondo “suca” è anche un mantra, un modo per allontanare le energie negative, per affermare la propria indipendenza mentale e spirituale. Pronunciarlo con la giusta intonazione può avere effetti catartici, liberatori, quasi taumaturgici.
Forse un giorno verrà riconosciuto come patrimonio immateriale dell’umanità, studiato nelle università più prestigiose, citato nei discorsi motivazionali. Nel frattempo, continua a essere la colonna sonora delle strade siciliane, la chiave di volta di molte conversazioni, la sintesi perfetta di un pensiero che non ha bisogno di spiegazioni ulteriori.
Ma qual è il vero significato di “suca”? La verità è che non ne ha uno solo. È un’arma dialettica, una chiusura netta, una sfida silenziosa. Può esprimere superiorità, disinteresse, ma anche leggerezza e gioco. È un atto di ribellione quotidiana, un rifiuto di farsi trascinare nelle sterili polemiche, una dichiarazione d’intenti che comunica, senza mezzi termini, che non vale la pena perdere tempo con certe questioni.
In Sicilia, dove le parole hanno un peso specifico e dove ogni espressione cela una storia, “suca” è il simbolo di un popolo che, con una sola parola, può liquidare una disputa, ridere di un’offesa, o semplicemente godersi la vita con la giusta dose di ironia.
Rita Atria: Il Coraggio di una Giovane Testimone di Giustizia
Rita Atria nacque il 4 settembre 1974 a Partanna, un piccolo paese della provincia di Trapani, in una famiglia legata ad ambienti mafiosi. Il padre, Vito Atria, era un boss locale ucciso in un regolamento di conti nel 1985. La morte del padre segnò profondamente Rita, spingendola a cercare giustizia al di fuori del codice mafioso dell’omertà.
Dopo la morte del fratello Nicola, anch’egli coinvolto in dinamiche criminali e assassinato nel 1991, Rita decise di rompere con il passato e di collaborare con la giustizia.
Rita Atria trovò una guida e una protezione in Paolo Borsellino, il magistrato che si occupava delle sue dichiarazioni. A soli 17 anni, decise di testimoniare contro i clan mafiosi della sua terra, offrendo informazioni preziose che contribuirono a far luce su diversi crimini.
Venne trasferita a Roma sotto protezione, vivendo in isolamento e sotto falsa identità. La sua vita cambiò radicalmente: da giovane di una famiglia mafiosa divenne testimone di giustizia, pagando un prezzo altissimo per la sua scelta.
Il 19 luglio 1992 Paolo Borsellino venne ucciso nella strage di via D’Amelio. La sua morte fu un colpo devastante per Rita, che perse l’unico punto di riferimento rimastole. Sola, isolata e priva di protezione, il 26 luglio 1992, una settimana dopo la strage, si tolse la vita lanciandosi dal settimo piano del suo appartamento a Roma.
Rita Atria è diventata un simbolo della resistenza contro la mafia. La sua storia, a lungo ignorata, oggi viene ricordata come esempio di coraggio e ribellione contro un sistema di violenza e omertà. Il suo nome è associato a numerose iniziative antimafia, scuole, associazioni e movimenti che lottano per la legalità, in particolare in Sicilia e a Trapani, dove il suo sacrificio è sempre più riconosciuto.
A Partanna e in altre città siciliane, gruppi di attivisti continuano a portare avanti il suo messaggio, affinché nessun giovane si senta più solo nella scelta di opporsi alla mafia.
La storia di Rita Atria ci ricorda che la lotta alla mafia è anche una questione di scelte individuali e di coraggio. Il suo sacrificio non è stato vano, e il suo esempio continua a ispirare nuove generazioni nella battaglia per la giustizia e la verità.
Palermo – Un uomo è stato segnalato all’Autorità Giudiziaria dalla polizia. L’uomo a bordo di una vettura, all’altezza dello svincolo di Scillato, direzione Catania, è stato sorpreso a percorrere il tratto autostradale in retromarcia.
L’intervento provvidenziale di una pattuglia della Polizia Stradale, sottosezione di Buonfornello, che ha sorpreso “l’uomo nella condotta di guida tanto azzardata quanto spregiudicata” – scrivono gli investigatori, ha così scongiurato il possibile verificarsi di collisioni con altri veicoli sull’autostrada Palermo-Catania.
L’uomo, nei giorni scorsi, è stato intercettato da una pattuglia della polstrada che, vedendo l’autovettura procedere in retromarcia zigzagando e creando momenti di panico tra chi in quei frangenti si trovava a percorrere quel tratto dell’autostrada, gli ha intimato l’alt polizia. Il conducente non ha aderito, a tale richiesta, continuando nella condotta di guida per più di un chilometro, finché non è stato raggiunto e bloccato dai poliziotti.
Il conducente, sottoposto a controllo, è risultato avere la patente di guida revocata, e pertanto è stato segnalato all’Autorità Giudiziaria ai sensi dell’art 116 comma15/17 CdS, per guida con patente revocata con recidiva nel biennio; inoltre è stato indagato ai sensi dell’art.187 comma 8 del CdS per il rifiuto di sottoporsi agli accertamenti per rilevare un eventuale stato di agitazione (rifiuto drug test) e per resistenza a Pubblico Ufficiale, per non avere ottemperato all’Alt Polizia.
L’autovettura è stata posta sotto sequestro.
Giova precisare che l’odierno indagato, è, allo stato, indiziato in merito al reato contestato e che la sua posizione sarà definitiva solo dopo l’emissione di una, eventuale, sentenza passata in giudicato, in ossequio al principio costituzionale della presunzione di innocenza.