Trapani
Processo Phimes: pene pesanti quelle richieste dal Pm per gli imputati
A luglio la sentenza
Laura Spanò18 Maggio 2025 - Cronaca



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    Trapani – Con la requisitoria del pm Sara Morri arriva alle battute finali a 4 anni dall’inizio, il processo che si tiene davanti al Tribunale di Trapani, presieduto dal giudice Daniela Troja e che riguarda lo scandalo del parcheggio privato di Segesta. Processo scaturito dall’operazione dei carabinieri della Compagnia di Alcamo denominato “Phimes”.

    Per la pubblica accusa il Pm Sara Morri

    Il pm Morri che ha coordinato le indagini assieme alle colleghe Francesca Urbani e Brunella Sardoni, ha presentato una memoria di 543 pagine che parte dalla genesi dell’attività di indagine, poi sfociata nell’operazione nel febbraio 2020. Otto gli imputati: l’imprenditore Francesco Isca, indicato dal Pm come il dominus del sistema che ha realizzato e gestito in maniera occulta il parcheggio fuori dal parco; l’ex sindaco di Calatafimi Vito Sciortino, Giorgio Collura, Salvatore Craparotta, Leonardo Accardo, Vito Accardo (vigili in servizio al comune di Calatafimi) ed ancora, Giuseppe Ferrara e Maria Giusy Craparotta (soci questi ultimi del parcheggio Archeodromo). Richieste pesanti quelle fatte dall’accusa.

    Richiesta condanne

    A conclusione dell’udienza il Pm Sara Morri ha chiesto per gli imputati la pena massima “aumentata – ha precisato – per motivi di reiterazione del reato e per l’asservimento ad interessi privati da parte di rappresentanti delle forze dell’ordine”. Per Francesco Isca chiesti otto anni di reclusione; per l’ex vicecomandante dei vigili di Calatafimi, Salvatore Craparotta, otto anni e sei mesi; nove mesi per Giorgio Collura (all’epoca comandante dei vigili); tre anni per Leonardo Accardo e tre anni per Vito Accardo (entrambi vigili); tre anni di reclusione per l’ex sindaco Vito Sciortino; due anni per Maria Giusy Craparotta e due anni per Giuseppe Ferrara, gestori del parcheggio ma, stando alle intercettazioni e come ricostruito dalla Procura, prestanomi di Francesco Isca.

    Sentenza prevista 4 luglio prossimo

    La sentenza è attesa per il quattro luglio prossimo. Secondo la Procura gli imputati, a vario titolo legati alla vicenda del parcheggio Archeodromo, hanno avuto tutti ruoli diversi ma tutti con un unico obiettivo: assicurare all’imprenditore Francesco Isca un notevole vantaggio economico dato dal regime di assoluto monopolio del parcheggio in seno al Parco, che attrae ogni anno migliaia di visitatori. Il parcheggio pubblico e gratuito, da sempre presente dentro il Parco venne infatti chiuso con atto immotivato e non protocollato dall’allora sindaco di Calatafimi Vito Sciortino (non avendone competenza poiché trattasi di area regionale fuori dalla giurisdizione del Comune di Calatafimi) mentre i vigili urbani coinvolti, stando alla ricostruzione della Procura, operavano in squadra e con interessi personali vari, tra cui l’assunzione di familiari presso il parcheggio di Isca o nell’elevare giornalmente multe a quanti provavano a parcheggiare lungo la S.R 22 ovvero la strada di accesso al Parco.

    L’indagine da dove partì

    L’ idea di un parcheggio tanto distante dal Parco archeologico e la relativa chiusura di quello che da sempre aveva permesso ai turisti di posteggiare gratuitamente a ridosso dell’entrata del Parco stesso aveva sollevato da subito sospetti e lamentele da parte dei turisti. Partì proprio da questo l’indagine dei carabinieri della stazione di Calatafimi. I carabinieri accertarono l’aumento dell’attività repressiva da parte del comando della polizia municipale nei confronti di automobilisti che recandosi in visita al parco posteggiavano lungo quella strada. “Tale attività punitiva benchè condivisibile appariva già in prima battuta così come confermato dalle indagini, ascrivibile a un interesse privato da parte dell’ispettore della locale polizia municipale Salvatore Craparotta”- scrive la Procura.

    La denuncia dell’associazione Società Geografica Siciliana

    A denunciare quanto stava accadendo, era stata anche l’associazione Società Geografica Siciliana (difesa dall’avvocato Carmelo Lo Bello del Foro di Palermo) impegnata nello studio e nella salvaguardia dei beni archeologici e storici siciliani. Il Centro studi è oggi parte civile al processo. “Abbiamo capito da subito – dice il presidente della Società Geografica Siciliana, Massimo Mirabella – che qualcosa non fosse regolare. Durante una visita al tempio con alcuni colleghi docenti e ricercatori tedeschi siamo stati allontanati da un uomo non in divisa che ci intimava di non accedere a quello che da sempre era stato il parcheggio gratuito del Parco per recarci a valle e lasciare la macchina presso il parcheggio di Isca per poi tornare al tempio con il loro bus. Da qui abbiamo deciso di denunciare quanto stava avvenendo. La Società Geografica Siciliana e l’unica ad aver presentato domanda di costituzione di parte civile al processo con la speranza di poter difendere l’immagine del Parco fortemente compromessa da quanto accaduto. La Società di studio ha già firmato un protocollo di collaborazione con il Parco Archeologico di Segesta, guidato dal direttore Luigi Biondo, per poter utilizzare gli eventuali risarcimenti che il tribunale vorrà concedere, per attività di promozione del parco a ripristino dell’immagine lesa da questa vicenda e ad eventuali scavi archeologici”.





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