Italia
Arrestato Paolo Aurelio Errante Parrino, bloccato all’ingresso dell’ospedale di Magenta
Lo «Zio Paolo» è considerato il referente della mafia trapanese in Lombardia
Redazione28 Gennaio 2025 - Cronaca



  • Paolo Aurelio Errante Parrino arresto Cronaca

    Magenta (Milano) – È stato arrestato Paolo Aurelio Errante Parrino. E’ stato preso  davanti a un ospedale. La latitanza  di «Zio Paolo» è durata lo spazio di tre giorni. I carabinieri del Nucleo investigativo di Milano lo hanno fermato nel pomeriggio ieri all’ingresso dell’ospedale di Magenta nel Milanese. Errante Parrino 78 anni, presunto boss di Abbiategrasso parente da parte di moglie di Matteo Messina Denaro doveva essere arrestato  lo scorso 25 gennaio, ma il boss si era reso irreperibile.

    Gli investigatori, coordinati dal pm Alessandra Cerreti della Dda di Milano – oggetto di minacce negli ultimi tempi insieme al procuratore Marcello Viola -, hanno eseguito l’ordine di carcerazione diventato esecutivo dopo il rigetto del ricorso in Cassazione per l’inchiesta Hydra sull’alleanza mafiosa tra Cosa nostra, camorra e ‘ndrangheta.

    Non è escluso che l’uomo venga ricoverato per questioni di salute. Il suo legale, Roberto Grittini, avrebbe già chiesto al Tribunale la misura meno afflittiva degli arresti domiciliari. Lo «Zio Paolo» è considerato dagli investigatori dell’antimafia il referente della mafia trapanese in Lombardia e avrebbe tenuto per anni anche rapporti con l’ex latitante di Castelvetrano.




  • Alcamo
    Carmine e Salvatore, i due carabinieri del giallo di Alcamo Marina
    Siamo alla vigilia dei 50 anni, ma dell'omicidio dei due militari si continua a non saper nulla
    Rino Giacalone27 Gennaio 2025 - Cronaca



  • Cronaca

    Alcamo – I processi si fanno caso per caso. E sul delitto di Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta, i due carabinieri uccisi il 27 gennaio 1976 all’interno della caserma di Alcamo Marina dove prestavano servizio, i processi ci sono stati, anche le condanne, ma si è scoperto essere stati giudizi, di colpevolezza, truccati. I condannati hanno ottenuto la revisione del giudicato processuale, furono costretti a confessare la loro colpevolezza, quando erano assolutamente innocenti, chi li ha accusati nel frattempo, e a ridosso di quel 1976, è morto suicida in carcere, e tutto è finito inghiottito in un grande buco nero.

    La riapertura del caso

    A riaprire il caso in ultimo ci ha provato la commissione nazionale antimafia, quella della precedente legislatura, presieduta dal senatore Nicola Morra. Atti dell’inchiesta parlamentare sono stati trasmessi alla Procura della Repubblica di Trapani. Ma come società civile abbiamo il dovere di interrogarci. Guardando al contesto. E quello che ci viene davanti agli occhi è quello trapanese, teatro di questi omicidi come di tanti altri. La terra dei “poteri forti”, intrecci tra mafia, politica, imprese, banche e…massoneria. Ci sono pagine e pagine di sentenze dove si fa riferimento a questa realtà, dove viene descritto il palcoscenico di quegli anni, dove apparati dello Stato facevano finta di attaccare la mafia, anche se ancora così molti non la chiamavano, anzi c’è di più, per tanti la mafia nemmeno esisteva, e invece con i mafiosi facevano accordi. Gladio arriva presto in Sicilia. Era già qui negli anni ’70 la struttura paramilitare creata in nome della guerra fredda, per organizzare un esercito di “patrioti” pronti a difenderci dal pericolo comunista. Ora immaginate questi gladiatori in Sicilia. A far che? Con il pericolo sovietico, l’est europeo è da tutt’altra parte. Gladio era qui per far altro. E quelli che erano patrioti forse erano tutto fuorché patrioti. La mafia, specialista negli inciuci, così faceva grandi favori. La Sicilia era una sorta di portaerei che guardava al Mediterraneo, ai paesi cosiddetti frontalieri. Nord Africa, Medio Oriente, il mare era pieno di un andirivieni di traffici…segreti. In terra di Sicilia però c’era da ottenere il lasciapassare di Cosa nostra. E così negli interscambi la mafia otteneva droga e armi. E incrementava i propri incassi. Denaro che puntualmente finiva nei grandi riciclaggi, dentro le banche siciliane innanzitutto.

    Poteva accadere che qualcosa andava storto.

    Come due carabinieri che scoprono mezzi pesanti pieni di armi, un magistrato che si imbatte nei conti correnti di certi imprenditori, un altro ancora che scopre container in arrivo e in partenza dal porto di Trapani che portavano dentro cose del tutto diverse dalle merci dichiarate, un giornalista che intuisce la consistenza della mafia trapanese e non nasconde al pubblico che lo ascoltava le sue certe convinzioni, e potremmo andare avanti. Tutti fatti ufficialmente non collegati, ma che hanno lo stesso comune denominatore, delitti mafiosi con coperture eccellenti.

    Chi sono gli assassini?

    Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta non sappiamo da chi sono stati uccisi, ma certamente sono stati uccisi per aver fatto il loro dovere, in una terra dove all’epoca il dovere più forte esistente era quello di girarsi dall’altra parte. E questo avveniva però con il consenso di quella borghesia alla quale faceva comodo che qualcuno si sporcasse le mani, anche di sangue. Noi siamo soliti ricordare le vittime delle mafie nei giorni delle tristi ricorrenze. Può andare bene, possono essere apprezzati gesti, iniziative e cerimonie, ma nei giorni successivi abbiamo il dovere, ognuno di noi, di tirare fuori quella melma che ancora oggi copre questo territorio, questa provincia di Trapani. Perché quei tremendi inciuci di un tempo non sono stati cancellati, resistono, non possono esserci più i protagonisti di quel tempo, ma il sistema criminale esiste e resiste.

    Raccontiamo la verità

    Allora raccontiamo le cose come sono andate, che Carmine e Salvatore non sono stati uccisi da dei balordi, che Ciaccio Montalto non è stato ucciso per caso, che Carlo Palermo doveva morire perché aveva guardato dentro le casseforti di certi partiti, che Mauro Rostagno fu ammazzato perché voleva denunciare l’esistenza del tavolino per la spartizione dei grandi appalti. Un contesto nel quale c’era un sistema pronto e lesto poi nel trasformare quegli omicidi quasi come se fossero conseguenza di fatti privati. Non erano delitti per fatti privati! Ammazzati perché per loro esisteva come prima cose il dover fare fino in fondo il loro dovere. Quello di dare un futuro onesto a questa terra dove tanti erano e sono i disonesti. A Trapani il tempo passa, ma le cose sembrano non cambiare mai, una ragnatela in cui si impiglia chiunque cerchi giustizia.




  • Italia
    Diventa “uccel di bosco” Errante Parrino, cugino di Messina Denaro
    L'uomo doveva essere arrestato ieri
    Redazione26 Gennaio 2025 - Cronaca



  • Diventa "uccel di bosco" Errante Parrino, cugino di Messina Denaro Cronaca

    Abbiategrasso (Milano) – La richiesta d’arresto per lui era stata bocciata dal gip, come per molti altri, ma poi il Riesame ha accolto il ricorso della Dda di Milano e la Cassazione ha confermato quella decisone e disposto la custodia cautelare in carcere che doveva essere eseguita ieri. Ma Paolo Aurelio Errante Parrino, 77 anni, uno degli indagati della maxi inchiesta “Hydra” sulla “alleanza” delle tre mafie nel nord Italia, è irreperibile. Per gli inquirenti, Parrino, residente ad Abbiategrasso, nel Milanese, collegato al clan di Castelvetrano, sarebbe stato il “punto di raccordo” tra il presunto “sistema mafioso” in Lombardia, che avrebbe unito presunti affiliati di Cosa Nostra, ‘ndrangheta e camorra, e il defunto Matteo Messina Denaro, suo cugino da parte di madre.

    Il Riesame ha riconosciuto l’associzione mafiosa

    La decisione del Riesame, che ha riconosciuto l’imputazione principale di associazione mafiosa come contestata dal procuratore Marcello Viola e dal pm Alessandra Cerreti nell’inchiesta dei carabinieri del Nucleo investigativo, era arrivata lo scorso ottobre, dopo che il gip Tommaso Perna nell’ottobre del 2023 aveva rigettato 142 istanze di misura cautelare su 153, disponendo 11 arresti. E bocciando l’accusa sul “consorzio” delle tre mafie, ribattezzato dai pm “sistema mafioso lombardo”. In questi giorni la Cassazione sta respingendo mano a mano i ricorsi delle difese contro il Riesame, come quello discusso venerdì dalla difesa di Errante Parrino. Alcuni arresti sono già stati effettuati nei giorni scorsi, mentre Parrino è irreperibile. Il caso “Hydra” aveva anche creato uno scontro tra pm e ufficio gip, a seguito della bocciatura dei numerosi arresti richiesti.

    Dopo la Conferma della Cassazione, arrestati diversi indagati

    Nei giorni scorsi, poi, dopo le prime decisioni della Cassazione di conferma del Riesame, sono stati arrestati diversi indagati, tra cui anche Gioacchino Amico, presunto vertice della “struttura unitaria” lombarda per conto della Camorra del clan dei Senese. Poi scarcerato, però, per motivi procedurali, perché aveva già passato un anno in custodia cautelare per altri reati riconosciuti dal gip nella stessa inchiesta. Anche altri, come Massimo Rosi, presunto esponente di vertice per la ‘ndrangheta, sono stati scarcerati per questo motivo e non è stato necessario un nuovo arresto per un altro indagato, difeso dall’avvocato Lorenzo Meazza.

    Le udienze del Riesame fino a metà febbraio

    Il Riesame, dopo il ricorso della Dda su 79 posizioni con richiesta di carcere per associazione mafiosa, aveva disposto il carcere per 41 indagati e le udienze in Cassazione andranno avanti fino a metà febbraio.

    Parrino comunicava notizie al boss Matteo Messina Denaro

    Secondo le indagini della Dda, Errante Parrino avrebbe anche passato a Messina Denaro “comunicazioni relative ad argomenti esiziali”, mentre era latitante, anche perché il boss avrebbe avuto un interesse diretto, secondo i pm, “negli ingenti affari finanziari realizzati in Lombardia dal sistema mafioso lombardo”.

    Per il Riesame deve andare in carcere anche Giuseppe Fidanzati, presunto vertice per conto di Cosa Nostra (l’udienza in Cassazione si terrà la prossima settimana).




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