Trapani
L’ex senatore Nino Papania lascia il carcere e va ai domiciliari
Accolta dal Tribunale di Trapani l’istanza presentata dai legali Lauria e Di Graziano
Laura Spanò14 Luglio 2025 - Cronaca



  • Cronaca

    Trapani – Il tribunale di Trapani accogliendo la richiesta avanzata dai legali del politico, gli avvocati Baldassare Lauria e Vito Di Graziano ha disposto la scarcerazione dell’ex senatore alcamese del PD Nino Papania.

    Papania che dal settembre 2024 si trovava rinchiuso nel carcere Pagliarelli d Palermo a seguito del suo coinvolgimento nell’operazione antimafia “Eirene” effettuata dalla Squadra Mobile di Trapani e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermopuò lasciare il carcere ma va ai domiciliari.
    L’ex senatore è finito in carcere per i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso e scambio elettorale politico-mafioso in occasione delle elezioni regionali del 2022. Per queste accuse è in corso un processo dinanzi al Tribunale di Trapani.

    L’istanza era stata presentata dopo il controesame  del commissario Mauro Baldo Riccitelli  dello SCO avvenuto nel corso dell’ultima udienza del processo che vede l’ex senatore imputato davanti al tribunale di Trapani. Controesame che aveva fatto emergere un quadro diverso da quello ipotizzato.

    “Siamo all’inizio del processo – sottolineano i due legali di Papania – e questo ci lascia molto sereni sulla bontà della nostra tesi difensiva (ricordiamo che Rocca Angelo il candidato per il quale si ipotizza il voto di scambio) si e’ accreditato
    il rapporto con di Gregorio escludendo ogni partecipazione del Papania informato solo successivamente”. Gli avvocati Lauria e Di Graziano si sono dichiarati “soddisfatti della decisione del Tribunale, che ha deciso per la sostituzione della misura cautelare nei confronti del loro assistito”.




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  • Papania e Perricone

    Trapani – di Rino Giacalone – Con l’udienza di ieri davanti al Tribunale, presieduto dal giudice Enzo Agate, si è concluso l’esame dell’investigatore dello Sco, il commissario Mauro Riccitelli appartenente allo Sco (Servizio Centrale Operativo) della Polizia. Si tratta del processo scaturito dall’operazione antimafia “Eirene” che nell’autunno 2024 vide arrestate, con le accuse di mafia, diverse persone tra Alcamo, Calatafimi e Trapani. Una indagine della Polizia che vide in campo investigatori dello Sco, Sisco, Squadra Mobile di Trapani e Palermo e che fotografò la dinamicità di una organizzazione mafiosa del tutto non timorosa dell’incalzare dell’azione giudiziaria nel tempo condotta contro Cosa nostra.

    Gli imputati

    Tra i principali imputati ci sono due politici di rango, l’ex senatore Nino Papania e l’ex vice sindaco di Alcamo Pasquale Perricone. Con loro soggetti alcuni conclamati mafiosi tornati in auge dopo antiche condanne. Tra gli imputati tre in particolare: Francesco Coppola, indicato dalla Procura antimafia di Palermo quale nuovo capo della famiglia mafiosa di Alcamo, il commerciante di origini castellammaresi ma residente a Trapani, Giosuè Di Gregorio e Giuseppe Diego Pipitone, una sorta di “rais” nel rione popolare San Giuliano di Erice.

    Quasi tutti gli indagati sono ancora in carcere, compresi Papania e Perricone, ieri presenti in udienza collegati in video conferenza da Palermo dal carcere di Pagliarelli. E’ toccato alle difese concludere l’esame dell’investigatore, e i due avvocati, Lauria e Di Graziano, hanno parecchio puntato su un aspetto processualmente noto e cioè l’assenza di contatti diretti tra Papania e il gruppo di presunti mafiosi finiti imputati con il politico. Papania e Perricone, ex vice sindaco di Alcamo, sono accusati di voto di scambio politico mafioso.

    I legali dell’ex senatore

    Alle domande dei due legali, il commissario Riccitelli, ha risposto “di non aver accertato alcun incontro tra Papania e Di Gregorio”, “di non aver accertato alcuna promessa da parte Papania a Di Gregorio, nemmeno tramite Perricone, circa la disponibilità a concedere una qualche utilità allo stesso o ai suoi amici”. E’ la linea della difesa, nell’udienza di ieri parecchio sottolineata, quasi come se il dibattimento fosse giunto già alla fase della discussione, tanto che il presidente Agate ha anche richiamato i difensori sul fatto che venivano ripetute le stesse domande, cos’ da ottenere una risposta scontata. Già nella fase delle domande del pm Padova, il commissario Ricciuti aveva escluso l’esistenza di contatti diretti, ma aveva anche risposto evidenziando che da altre intercettazioni è emersa la consapevolezza di Papania di approcciarsi con un contesto mafioso. L’assenza di contatti diretti ha fatto presumere agli investigatori la tesi dell’accortezza dell’ex senatore ad escludere contatti diretti, durante il periodo della “caccia al voto” per sostenere il proprio candidato, Angelo Rocca, alle regionali del 2017.

    Ma la difesa ha insistito, le parole di Di Gregorio, ascoltato in una conversazione con suo fratello, esprimevano solo per ipotesi il coinvolgimento loro nella campagna elettorale per favorire Papania. Tra le domande poste dalla difesa anche quella sui clienti del ristorante gestito da Di Gregorio a Trapani, per far dire al teste che tra i clienti c’era anche un magistrato.

    Le intercettazioni

    Dalla parte dell’accusa restano i pronunciamenti giudiziari( dal gip sino alla Cassazione, dal riesame sino alla decisione dell’odierno collegio giudicante) che hanno riconosciuto fondata la misura cautelare del carcere ancora oggi applicata al senatore Papania. Esistono altre intercettazioni, come quella nella quale Papania si lamenta di Perricone che gli avrebbe fatto spendere “duemila euro per organizzare una pizziata con un gruppo di spacciatori”, o ancora quella nella quale il politico si mostra, parlando con il suo autista Piccichè, ben consapevole della congrega mafiosa.

    Mafia e colletti bianchi

    A Roma l’associazione mafiosa veniva indicata come il “mondo di mezzo”, dove la mafia si incontrava con la politica e i “colletti bianchi”, a Trapani alcune indagini su connessioni tra Cosa nostra e borghesia, indussero gli inquirenti che se ne occupavano a parlare di “terra di mezzo”, dove risiedeva e risiede ancora quell’area grigia fatta di soggetti pronti a dare manforte agli interessi mafiosi, l’indagine “Eirene” ha svelato una nuova identificazione letteraria della consorteria mafiosa, “mondo collaterale”. E’ questa la frase finita ascoltata durante le intercettazioni, e a pronunziarla sarebbe stato l’ex senatore alcamese Nino Papania. Insomma sono ancora tanti gli aspetti sui quali il dibattimento si dovrà soffermare, prima di arrivare alla sentenza. Il processo continua il 18 luglio




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    Trapani – E’ cominciato con una diatriba tra pm e difese il processo scaturito dall’operazione antimafia “Eirene” che nell’autunno 2024 vide arrestate, con le accuse di mafia, diverse persone tra Alcamo, Calatafimi e Trapani. Una indagine della Polizia che vide in campo investigatori dello Sco, Sisco, Squadra Mobile di Trapani e Palermo e che fotografò la dinamicità di una organizzazione mafiosa del tutto non timorosa dell’incalzare dell’azione giudiziaria nel tempo condotta contro Cosa nostra.

    Gli imputati

    Tra i principali imputati ci sono due politici di rango, l’ex senatore Nino Papania e l’ex vice sindaco di Alcamo Pasquale Perricone. Con loro soggetti alcuni conclamati mafiosi tornati in auge dopo antiche condanne. Tra gli imputati tre in particolare: Francesco Coppola, indicato dalla Procura antimafia di Palermo quale nuovo capo della famiglia mafiosa di Alcamo, il commerciante di origini castellammaresi ma residente a Trapani, Giosuè Di Gregorio e Giuseppe Diego Pipitone, una sorta di “rais” nel rione popolare San Giuliano di Erice. Quasi tutti gli indagati sono ancora in carcere, compresi Papania e Perricone, e in udienza il pm Pierangelo Padova ha chiesto ai giudici (collegio presieduto dal giudice Enzo Agate) ha chiesto, in previsione di una lunga durata del dibattimento, la sospensione dei termini della misura cautelare, questo per evitare scarcerazioni con il processo in corso.

    Le difese si sono opposte, portavoce l’avvocato Gallina che ha definito non tempestiva la richiesta del pm, quando ancora, ha sottolineato, si è all’esordio dell’istruttoria dibattimentale. Il Tribunale deciderà alla prossima udienza.

    I primi testi

    Intanto è cominciata la testimonianza di uno dei principali investigatori, il commissario dello Sco (Servizio Centrale Operativo) Mauro Riccitelli. E’ toccato a lui rispondere alle domande del pm Padova, un esame che non si è concluso e che proseguirà in una udienza già fissata per la fine del mese. Domande poste per evidenziare le “dinamiche” dell’associazione mafiosa che era dedita ad uno stretto controllo criminale del territorio. A Roma lo chiamavano il “mondo di mezzo”, dove la mafia si incontrava con la politica e i “colletti bianchi”, a Trapani alcune indagini su connessioni tra Cosa nostra e borghesia, indussero gli inquirenti che se ne occupavano a parlare di “terra di mezzo”, dove risiedeva e risiede ancora quell’area grigia fatta di soggetti pronti a dare manforte agli interessi mafiosi, l’indagine “Eirene” ha svelato una nuova identificazione letteraria della consorteria mafiosa, “mondo collaterale”. E’ questa la frase finita ascoltata durante le intercettazioni, e a pronunziarla sarebbe stato il personaggio maggiormente noto tra gli arrestati, l’ex senatore alcamese Nino Papania che nel processo con Pasquale Perricone è imputato di voto di scambio politico mafioso.

    L’indagine

    L’indagine è stata condotta per due anni tra il 2021 e il 2023. Durante questi mesi gli investigatori sono stati addosso agli indagati, seguiti anche in occasione di riunioni, come quella con uno degli uomini più potenti della mafia castellammarese, Mariano Asaro (citato nel processo ma non imputato), quando ci fu da rendere ragione al figlio di Pipitone, Diego, che aveva avuto una lite con l’alcamese Sebastiano Dara, mentre lavorava nella security di un locale a Trapani, a Villa Rosina. Un incontro organizzato, ha riferito il teste, da Giosuè Di Gregorio, intercettato a dire che “Asaro è uno importante, un boss”. Asaro, tornato libero da tempo, frattanto ha ottenuto anche la riabilitazione dal giudice di sorveglianza. La sua presenza alla riunione però fu d’aiuto a Pipitone, padre e figlio, “per via dei rapporti forti di Pipitone senior con la mafia castellammarese”. Su Giuseppe Diego Pipitone, l’investigatore dello Sco, ha ricordato, anche se genericamente, senza scendere nello specifico, “i rapporti con la politica trapanese”.

    Le controversie

    Pronto a dirimere controversie anche l’alcamese Coppola, Francesco detto Cicco. Una di queste in particolare avrebbe riguardato Ignazio Melodica, detto “u nico” o soprannominato “ragioniere”, soggetto che il commissario Riccitelli ha detto essere noto per sue precedenti sentenze di condanna. “Il nome dei Melodia è ancora adesso pesante” a proposito di mafia alcamese. Alla nutrita famiglia dei Melodia viene ricondotta per decenni la gestione di Cosa nostra e Coppola sarebbe stato uno dei “successori” dopo che gli esponenti più importanti di questa famiglia sono finiti in carcere o sono deceduti. Giosuè Di Gregorio in una intercettazione è stato ascoltato raccontare le proprie vicissitudini, e di avere scampato ogni pericolo dopo aver scelto “di vivere al fianco dei Melodia. Coppola si sarebbe occupato anche di indurre, tale Graziano Silaco, a lasciare la gestione di un maneggio dopo essere entrato in contrasto con il suo socio, Giuseppe Caruso, genero di Pasquale Perricone. Intervento che Coppola avrebbe condotto proprio su richiesta dell’ex vice sindaco di Alcamo. Tra gli episodi ancora indicati dall’investigatore dello Sco un copioso sequestro di armi e munizioni a casa di uno degli imputati, Antonino Minio.

    Ad apertura di udienza il Tribunale ha conferito a due periti l’incarico della trascrizione di numerose conversazioni indicate sia dal pm quanto dalle difese.




  • Alcamo
    Riesame respinge scarcerazione dell’ex senatore Papania e dell’ex vicesindaco di Alcamo Perricone
    Per i giudici del riesame che hanno confermato il carcere rimangono valide le misure cautelari imposte dal giudice per le indagini preliminari
    Redazione2 Febbraio 2025 - Cronaca



  • Papania e Perricone Cronaca

    Alcamo – Rimangono in carcere l’ex senatore del Pd l’alcamese Nino Papania e l’ex vicesindaco di Alcamo, Pasquale Perricone, entrambi coinvolti nell’operazione della squadra Mobile di Trapani Eirene accusati di scambio politico-mafioso. Il Tribunale del Riesame di Palermo infatti ha respinto il ricorso presentato dagli avvocati dei due ex politici con il quale chiedevano una misura meno afflittiva: la detenzione domiciliare. I legali infatti nel ricorso sostenevano che: “non sussistessero elementi di inquinamento delle prove né pericolo di reiterazione del reato o rischio di fuga”. Il Riesame però ha confermato il carcere, ritenendo valide le misure cautelari imposte dal giudice per le indagini preliminari. Appena i legali conosceranno le motivazioni presenteranno ricorso in Cassazione. Già la Suprema Corte aveva rigettato, il primo ricorso per la scarcerazione, presentato dai difensori subito dopo gli arresti avvenuti lo scorso 15 settembre.

    L’operazione Eirene

    L’operazione Eirene, effettuata ad Alcamo e Calatafimi Segesta dalla squadra Mobile di Trapani e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, riguardava un presunto sistema di scambio elettorale tra politica e mafia in occasione delle elezioni regionali del 2022. Secondo l’accusa, Papania e Perricone avrebbero garantito sostegno elettorale in cambio di favori, coinvolgendo esponenti del clan mafioso locale. Le accuse a vario titolo (nell’inchiesta finirono indagati anche altre persone)  vanno dall’associazione mafiosa, all’estorsione, detenzione di armi e su alcuni episodi di voto di scambio politico-mafioso per le elezioni regionali del 2022.  Papania e Perricone in particolare sono indagati solo per voto di scambio politico-mafioso (art. 416 ter).

    Gli altri indagati

    Intanto dopo la consegna dell’avviso di conclusione indagini, avvenuta lo scorso dicembre, si attende la fissazione dell’udienza preliminare per l’eventuale rinvio a giudizio e quindi a seguire la data di inizio del processo che potrebbe arrivare subito dopo l’estate. Udienza preliminare che vedrà davanti al Gip tredici indagati coinvolti nell’operazione Eirene. I due ex esponenti politici alcamesi sono in carcere al Pagliarelli di Palermo.

     





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