Milano – Innalzate le misure di sicurezza per il procuratore di Milano Marcello Viola e per la pm Alessandra Cerreti, entrambi sono già sotto scorta. L’inchiesta Hydra punta sull’alleanza in Lombardia tra camorra, ‘ndrangheta e Cosa nostra. L’allerta sale anche dopo l’arresto, casuale, di uno degli indagati trovato con un revolver in piazza San Babila
Minacce ritenute molto serie e circostanziate, che hanno portato ad innalzare le misure di sicurezza nei confronti dei due magistrati, mentre la Procura di Brescia, competente sulle indagini che vedono vittima le toghe milanesi, ha aperto una inchiesta.Il timore è che le minacce – si legge sulle pagine locali di Corriere della Sera e Repubblica – siano collegate con l’inchiesta ‘Hydra’ sulla mafia a tre teste, ovvero l’alleanza in Lombardia tra Cosa Nostra, Camorra e ‘Ndrangheta, entrata nel vivo con la conferma della suprema corte dell’impianto dell’accusa di mafia e l’esecutività degli arresti.
Tra questi Gioacchino Amico, poi scarcerato perché aveva già passato un anno in custodia cautelare per altri reati, e Giovanni Abilone, ritenuto dagli inquirenti uno degli esponenti mafiosi collegati al mandamento di Castelvetrano di Matteo Messina Denaro. Scoperto anche un arsenale di armi: mitra, fucili, pistole automatiche e munizioni. E’ invece ancora irreperibile Paolo Aurelio Errante Parrino, 77 anni, considerato il “punto di raccordo” tra il presunto “sistema mafioso” in Lombardia e il “capo dei capi” Matteo Messina Denaro.
Il procuratore Viola ha lavorato per anni tra Palermo e Trapani, in prima linea nella battaglia a Cosa nostra. Adesso però i livelli di attenzione sono massimi perché gli inquirenti temono un collegamento con l’inchiesta «Hydra» del Nucleo investigativo dei carabinieri e della Dda che proprio in questi giorni sta incassando la conferma degli arresti dalla Cassazione, dopo che il Riesame aveva accolto il ricorso della procura per 41 indagati in seguito alla bocciatura a ottobre ‘23 da parte del gip di 142 istanze di misura cautelare su 153.
L’inchiesta sulla «mafia a tre teste» con l’alleanza tra Cosa nostra, camorra e ‘ndrangheta è stata coordinata proprio dalla pm della Dda Alessandra Cerreti. E le minacce di morte risalirebbero a ottobre, periodo in cui il magistrato era in aula con il procuratore Viola per discutere i ricorsi al Riesame. Un segnale «inquietante» che confermerebbe la pericolosità del «sistema mafioso lombardo». Le indagini si muovono nel riserbo, ma mercoledì l’arresto del tutto casuale in piazza San Babila di uno degli indagati, Giovanni Abilone, con la scoperta di un arsenale nascosto di armi da guerra (mitra, fucili e pistole automatiche che ha detto di aver «trovato in montagna») ha allarmato ulteriormente questura e prefettura che già avevano «innalzato» le misure di sicurezza intorno ai due magistrati.
Valderice – Il 25 gennaio del 1983 a Valderice fu ammazzato per mano mafiosa un Servitore dello Stato il giudice GianGiacomo Ciaccio Montalto. Quella di Ciaccio Montalto è la storia di un magistrato onesto, di un magistrato che prima di tutti aveva capito dove colpire la mafia e i suoi solidali per vederla sconfitta, i soldi.
Oggi Valderice ha ricordato il sacrificio del giudice Gian Giacomo Ciaccio Montalto, ucciso in una stradina della cittadina, mentre rincasava presso la sua abitazione.
La mafia di quegli anni di Ciaccio Montalto è la stessa di oggi. Una mafia che non spara più ma che si è infiltrata nelle istituzioni, nell’impresa, nelle banche come ai tempi di Ciaccio Montalto, che era andato a bussare alla porta di alcune di queste prendendosi e portandosi in ufficio gli assegni dei boss, i guadagni dei traffici di droga, delle raffinerie di eroina impiantate nel trapanese, degli appalti. La mafia che uccise Ciaccio Montalto è la stessa che oggi potente ha saputo proteggere il suo nuovo capo Matteo Messina Denaro. Nonostante le numerose minacce Ciaccio Montalto, non si arrese mai, continuando a lavorare con disciplina e rigore. Attualissime rimangono ancora ora le indagini di quel giudice che prima di essere ammazzato stava per essere trasferito a Firenze. Il giudice Ciaccio Montalto è una delle prime vittime eccellenti nel segno dell’aggressione voluta dal boss Totò Riina.