Palermo
Il Riesame dispone i domiciliari per Floriana Calcagno
La donna era stata arrestata da Ros e Sco nelle scorse settimane
Redazione9 Maggio 2025 - Cronaca



  • Cronaca

    Palermo – Va ai domiciliari Floriana Calcagno l’insegnante di matematica legata sentimentalmente al boss Mattero Messina Denaro. Lo ha disposto il tribunale del Riesame di Palermo.

    Il 21 gennaio 2023, cinque giorni dopo la cattura di Messina Denaro, la donna si presentò in Procura spontaneamente e raccontò al procuratore aggiunto Paolo Guido di aver scoperto solo allora chi fosse l’uomo che per mesi aveva frequentato e con cui aveva avuto una relazione, sostenendo che a lei si era presentato col nome di Francesco Salsi, medico in pensione.

    La donna ha anche sottolineato che si sarebbero conosciuti  nel 2022 in un supermercato a Campobello di Mazara. Calcagno, allora ancora non indagata, raccontò che, dopo averlo rivisto in un paio di occasioni, sempre al supermercato e vicino alla scuola in cui lavorava, aveva iniziato una relazione con Messina Denaro che le aveva rivelato di essere malato di tumore e di stare affrontando la chemioterapia.

    Un racconto che non ha mai convinto gli investigatori i quali hanno  accertato che il ruolo della professoressa negli ultimi due anni di latitanza del boss sarebbe stato ben altro: lei e il ricercato si sarebbero frequentati a lungo e la Calcagno avrebbe ospitato Matteo Messina Denaro nella sua casa al mare.  Ci sono diverse immagini della vdeosorveglianza visionate dopo la cattura del boss in cui i due sono insieme in auto, lei lo “scorta” precedendolo con la sua macchina per accertarsi che non ci siano posti di blocco o gli porta pacchi nella casa di Vicolo San Nicola a Campobello di Mazara.

    E poi ci sono quelle parentele, a cominciare dal marito della Calcagno.




  • Campobello di Mazara
    Sequestrati beni per 3 milioni all’autista di Messina Denaro [Video]
    Maxi sequestro a Campobello di Mazara: bloccati beni per 3 milioni a Giovanni Luppino
    Redazione11 Marzo 2025 - Cronaca



  • Estorsione imprenditore Partinico Palermo Cronaca

    Campobello di Mazara –  I finanzieri del comando provinciale di Palermo hanno eseguito un sequestro di beni per oltre 3 milioni di euro nei confronti di Giovanni Luppino, indicato dagli investigatori come l’autista del boss, Matteo Messina Denaro (deceduto). Il provvedimento, emesso dal tribunale di Trapani – sezione misure di prevenzione, ha colpito il patrimonio di Luppino, arrestato il 16 gennaio 2023 insieme al capomafia presso la clinica La Maddalena di Palermo, dove il boss doveva sottoporsi a cure oncologiche.

    La rete di finanziamenti per la latitanza del boss

    Le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, hanno permesso di tracciare flussi di denaro destinati al mantenimento della latitanza di Messina Denaro. Attraverso l’analisi di bonifici e assegni emessi da soggetti vicini al boss, gli inquirenti hanno individuato una rete di finanziamenti a sostegno del mafioso, dimostrando il ruolo attivo di Luppino nell’assicurare il sostegno economico al ricercato.

    I beni sequestrati: aziende, immobili e conti bancari

    Il sequestro ha riguardato un vasto patrimonio, tra cui:

    Condanna in primo grado per l’autista del boss

    Giovanni Luppino è stato condannato in primo grado a 9 anni e 2 mesi di reclusione per il suo coinvolgimento nelle attività del clan. La sua vicinanza a Messina Denaro e il ruolo svolto nella rete di supporto al boss hanno portato le autorità a disporre il sequestro preventivo dei suoi beni.

    Un duro colpo alle finanze mafiose

    L’operazione della Guardia di Finanza rappresenta un ulteriore passo avanti nella lotta contro la criminalità organizzata, colpendo le risorse economiche che hanno garantito per anni l’impunità ai vertici di Cosa Nostra in provincia di Trapani. Il sequestro rientra in una strategia più ampia volta a smantellare le basi finanziarie della mafia siciliana e in particolare di quella che ha fino ad oggi finanziato e protetto la trentennale latitanza dell’ormai deceduto boss di Castelvetrano Matteo Messina Denaro.





  • Italia
    Arrestato Paolo Aurelio Errante Parrino, bloccato all’ingresso dell’ospedale di Magenta
    Lo «Zio Paolo» è considerato il referente della mafia trapanese in Lombardia
    Redazione28 Gennaio 2025 - Cronaca



  • Paolo Aurelio Errante Parrino arresto Cronaca

    Magenta (Milano) – È stato arrestato Paolo Aurelio Errante Parrino. E’ stato preso  davanti a un ospedale. La latitanza  di «Zio Paolo» è durata lo spazio di tre giorni. I carabinieri del Nucleo investigativo di Milano lo hanno fermato nel pomeriggio ieri all’ingresso dell’ospedale di Magenta nel Milanese. Errante Parrino 78 anni, presunto boss di Abbiategrasso parente da parte di moglie di Matteo Messina Denaro doveva essere arrestato  lo scorso 25 gennaio, ma il boss si era reso irreperibile.

    Gli investigatori, coordinati dal pm Alessandra Cerreti della Dda di Milano – oggetto di minacce negli ultimi tempi insieme al procuratore Marcello Viola -, hanno eseguito l’ordine di carcerazione diventato esecutivo dopo il rigetto del ricorso in Cassazione per l’inchiesta Hydra sull’alleanza mafiosa tra Cosa nostra, camorra e ‘ndrangheta.

    Non è escluso che l’uomo venga ricoverato per questioni di salute. Il suo legale, Roberto Grittini, avrebbe già chiesto al Tribunale la misura meno afflittiva degli arresti domiciliari. Lo «Zio Paolo» è considerato dagli investigatori dell’antimafia il referente della mafia trapanese in Lombardia e avrebbe tenuto per anni anche rapporti con l’ex latitante di Castelvetrano.




  • Campobello di Mazara
    Matteo Messina Denaro. Leonardo Gulotta “Dopo l’assoluzione ho pianto”
    L'uomo è stato assolto dal Gup di Palermo
    Redazione20 Gennaio 2025 - Cronaca



  • Leonardo Gulotta, 32 anni, di Campobello di Mazara Cronaca

    Campobello di Mazara – Dopo l’assoluzione per non aver commesso il fatto, quel che è successo a Leonardo Gulotta, 32 anni, di Campobello di Mazara, il suo legale Mariella Gulotta lo definisce una “brutta coincidenza”. Il giovane è stato assolto dal gup di Palermo Marco Gaeta (l’accusa aveva chiesto 6 anni e 8 mesi) dopo una vicenda che l’ha visto coinvolto nel troncone d’inchiesta riguardante la latitanza di Matteo Messina Denaro. Il boss di Castelvetrano, nel 2014, al momento di stipulare il contratto d’assicurazione per una Fiat 500 che acquistò sotto il falso nome di Massimo Gentile, indicò il numero di telefono che solo successivamente, nel 2011, al compimento della maggiore età, fu acquisito da Leonardo Gulotta. Il numero fornito dal boss già nel 2007 risultava agli atti dell’assicurazione, legato al nome di Gentile, ma rispetto a quello dell’intestatario differiva di una cifra.

    Una cifra ha coinvolto l’allora giovane Gulotta

    E quella cifra sbagliata portava al nome di Leonardo Gulotta. Per la procura il giovane avrebbe così avuto un ruolo nella latitanza del boss. “Nel 2007 il mio assistito aveva 15 anni e non poteva avere una sim a suo nome – spiega il legale -. Il certificato d’attivazione con quel numero risale al 2011, quando compì 18 anni e questo l’ha prodotto la procura dopo l’interrogatorio di garanzia”.

    L’arresto assieme a Gentile e Leone

    Gulotta è stato arrestato dal Ros il 27 marzo 2024 per concorso esterno in associazione mafiosa. “In sede d’interrogatorio ho sempre dichiarato che non ho mai conosciuto Matteo Messina Denaro – spiega Leonardo Gulotta – ho lavorato per la famiglia Luppino (sono in carcere Giovanni e i figli Antonino e Vincenzo, ndr) con tre contratti stagionali nel 2019, 2022 e 2023, ma i rapporti sono stati sempre di natura lavorativa”.

    Il legale di Gulotta

    “Dalla visione degli atti abbiamo potuto accertare che un numero di telefono quasi uguale (differente per una sola cifra rispetto a quello del mio assistito), è stato in uso al boss latitante – spiega l’avvocato – e non è escluso che nel compilare la scheda per l’assicurazione, Messina Denaro abbia fornito erroneamente quel numero quasi coincidente”.

    Quel pianto liberatorio dopo l’assoluzione

    Gulotta è rimasto due mesi in carcere al Pagliarelli di Palermo: “Ho sempre ribadito la mia innocenza – dice -. Conoscevo, sì, Andrea Bonafede (classe ’63), l’ho sempre salutato e non ho mai avuto rapporti con la mafia. Durante la detenzione ho pianto e non mi sono mai dato pace per quello che stava succedendo. Quando il giudice ha pronunciato la formula d’assoluzione ho pianto pensando a tutte le persone che mi sono state vicine in questi momenti difficili che non auguro a nessuno”.





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