Trapani
L’onorevole “risolve i guai”
Processo Artemisia: seconda giornata per la requisitoria. Le posizioni dell'ex coordinatore Inps Orlando e dei poliziotti Passanante, Virgilio e Giacobbe. "Un patto di corruzione"
Rino Giacalone1 Febbraio 2025 - Cronaca
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    Trapani – Ancora un’altra lunga udienza impegnata per cinque ore con la requisitoria del pm Sara Morri nel processo scaturito dall’operazione dei Carabinieri di Trapani, marzo 2019, cosiddetta “Artemisia” e che si celebra dinanzi al Tribunale di Trapani, presieduto dal giudice Franco Messina, a latere i giudici Bandiera e Cantone. Quella di oggi non è stata però l’udienza finale, al pm ne servirà un’altra, il prossimo 28 febbraio, per toccare, prima delle richieste finali dell’accusa, l’ultimo dei 19 capi di imputazione, quello che ipotizza, a carico di sette dei diciassette imputati, l’esistenza di una associazione segreta, in violazione della legge Anselmi. Si tratta del capitolo investigativo relativo all’ipotesi dell’esistenza a Castelvetrano di una loggia massonica segreta, capeggiata dall’ex deputato regionale del centrodestra (Ncd) Giovanni Lo Sciuto.

    Parola al Pm

    Carte alla mano, la trascrizione delle intercettazioni, le deposizioni degli investigatori e di alcuni testi, i dialoghi intercettati in carcere di alcuni degli imputati, nonché il contenuto dei verbali di interrogatorio, il pm Sara Morri ha delineato quello che nel tempo sarebbe stato lo “sportello unico” per risolvere ogni “guaio” e ogni “problema”, guai e problemi di qualsivoglia natura, gestito dal principale degli imputati, l’ex deputato regionale Giovanni Lo Sciuto. Un impegno politico il suo sempre all’interno del centrodestra, da ultimo nella formazione Ncd che faceva riferimento all’allora ministro Angelino Alfano. Ad essere stati scandagliati i rapporti di corruttela tra Lo Sciuto e tre poliziotti, Salvatore Passanante, Salvatore Virgilio e Salvatore Giacobbe, nonché quelli tra l’ex deputato regionale e il coordinatore del servizio di medicina legale dell’Inps di Trapani, Rosario Orlando. Tutti legati con Lo Sciuto da “un patto”. Comune denominatore la “messa a disposizione”, ha affermato il pm Sara Morri, “per risolvere interessi privati”: a prescindere dall’esito di alcune segnalazioni o raccomandazioni, per la pubblica accusa “la corruzione è maturata già con la sola promessa”. E Lo Sciuto di promesse ne faceva tante, ogni giorno.

    Cosa è emerso dall’inchiesta

    L’inchiesta ha fatto emergere la grande confidenza tra Lo Sciuto, i poliziotti sotto indagine e Orlando. I primi avrebbero tradito anche certe indagini. Orlando si occupava delle pratiche Inps indicate dal deputato e in cambio otteneva benefit, e di contro Lo Sciuto conteggiava i voti che otteneva per ogni pratica che andava in porto. Ai tre poliziotti, Passanante in servizio al Commissariato di Castelvetrano. Virgilio, alla Dia di Trapani, Giacobbe alla Questura di Palermo, il pm ha contestato comportamenti che non hanno onorato la divisa indossata e tutto questo per avere in cambio assunzioni di familiari presso l’Anfe (Formazione Professionale) di Paolo Genco o per avere risolte questioni burocratiche inerenti una coop che si occupava di accoglienza dei migranti. Rapporti di grande confidenza che hanno anche permesso a Lo Sciuto di apprendere cose che giammai avrebbe dovuto sapere, indagini della Procura di Marsala e la stessa indagine della Procura di Trapani, sfociata poi nell’odierno processo. Ma anche di una indagine della Procura di Palermo che aveva come bersaglio una donna che sarebbe stata in relazione con il presidente Anfe Genco, e che nel frattempo era uno dei “bersagli” nell’ambito della ricerca del latitante Matteo Messina Denaro. Una indagine quest’ultima svelata dal poliziotto Virgilio che, ha evidenziato l’accusa, faceva anche accessi abusivi alla banca dati delle forze dell’ordine. Da Giacobbe poi Lo Sciuto avrebbe appreso dell’indagine che lo riguardava, “hai il telefono sotto controllo”, lo avvertì Isidoro Calcara, anche lui imputato nel processo per essere stato una sorta di tuttofare del politico, e che era stato ultimo destinatario della notizia fornita dal poliziotto.

    L’esistenza dell’indagine nei suoi confronti, Lo Sciuto la ebbe confermata dall’allora presidente dell’Ars, Francesco Cascio, che a sua volta aveva avuto conferma da Giovannantonio Macchiarola, capo di gabinetto del ministro Alfano (che all’epoca dei fatti sedeva al ministero degli Interni). Lo Sciuto se la prese a male con Cascio, perché appurò che il suo “amico” presidente dell’Ars sapeva dell’inchiesta già da un paio di mesi, ma si era guardato bene dall’informarlo, salvo darne conferma in occasione di un incontro ottenuto da Lo Sciuto a Palazzo dei Normanni: “quello minchia lo sapeva e non me lo ha detto – si sfogava l’on. Lo Sciuto con Calcara di ritorno da Palermo – sanno tutte cose (riferendosi ai magistrati ndr) sono bastardi”. Il medico Rosario Orlando era poi il grimaldello nelle mani di Lo Sciuto per la gestione delle pratiche per il riconoscimento delle invalidità all’interno dell’Inps di Trapani. E Orlando per i favori resi in un paio di occasioni chiese a Lo Sciuto il tornaconto per vedere aiutata la figlia a ottenere una borsa di studio presso l’Università di Palermo o ancora un posto nei beni culturali. Referente di Lo Sciuto all’epoca fu l’allora rettore, oggi sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, e poi gli ambienti romani, ancora Macchiarola per contattare il sottosegretario Dorina Bianchi. Altro favore chiesto quello per una sanatoria che riguardava un ristorante di Castelvetrano. Cascio, Lagalla e Macchiarola erano indagati, le loro posizioni sono state stralciate, e infine archiviate a Palermo e a Roma.




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    I moschettieri del…malaffare
    Processo Artemisia, corruzione e massoneria segreta. Il primo giorno di requisitoria consegna al Tribunale uno scenario fatto di soldi, favori e di caccia al voto
    Rino Giacalone31 Gennaio 2025 - Cronaca
  • Cronaca

    Trapani – E’ l’ultimo atto prodotto dall’accusa nel processo scaturito dall’operazione dei Carabinieri di Trapani, condotta nel 2019 e indicata con il nome di “Artemisia”. Anzi con l’udienza di oggi siamo alla prima puntata di questo ultimo atto. Imputati sono tanti. A cominciare dall’ex deputato regionale Ncd Giovanni Lo Sciuto, ad una sfilza di politici di Castelvetrano, come l’ex sindaco Felice Errante, da alcuni poliziotti, Passanante, Virgilio, Giacobbe, uno di questi per anni in servizio alla Dia a professionisti componenti di organi di controllo, come il collegio dei sindaci dell’Asp, dal direttore dei servizi medico legali dell’Inps Rosario Orlando all’ex re della formazione professionale in Sicilia, Paolo Genco.
    Il pm Sara Morri oggi ha cominciato a esporre la requisitoria, parlando per quasi sei ore, continuerà domani e forse avrà bisogno ancora di un’altra udienza per giungere alle richieste. Un processo certamente non facile, per il compendio affaristico venuto fuori, condotto a conclusione dal pm Morri che ha gestito l’istruttoria assieme al pm Francesca Urbani: ai giudici, collegio presieduto dal giudice Messina, a latere Bandiera e Cantone, le due pm consegneranno una memoria, un volute di quasi mille pagine. Accompagnando le richieste finali, la previsione è  quella che saranno richieste di condanna pesanti.
    Nella esposizione delle conclusioni, citando il contenuto di intercettazioni e interrogatori, di testimonianze raccolte in aula, dei rapporti investigativi prodotti dal Reparto Operativo del comando provinciale dei Carabinieri di Trapani, è venuto fuori, dalle parole del pm Morri, pesate una per una, ma nette e decise, un quadro che ha rappresentato gli imputati come se fossero dei moschettieri. Uno per tutti e tutti per uno. Moschettieri…del malaffare. La struttura processuale è risultata netta nel descrivere in che modo l’ex deputato Lo Sciuto ed i suoi più fidati collaboratori erano soliti adoperarsi per garantirsi il raggiungimento degli obiettivi prefissati: “Appena uno ha un problema gli altri si adoperano a risolverlo senza remore, tutti a disposizione dell’altro”. Una certa forma di fratellanza, tanto da ricordare quella massonica. Tra le accuse contestate c’è anche quella della partecipazione in forma associativa ad una massoneria segreta, argomento che il pm Morri è previsto affronterà  nell’intervento di domani mattina.
    Una gran bella ammucchiata di nomi. Primo fra tutti quello dell’ex deputato regionale, il castelvetranese Giovanni Lo Sciuto, a sua disposizione ci sarebbero stati anche dei poliziotti, Salvatore Passanante Salvatore Virgilio, Salvatore Giacobbe, e poi il presidente dell’Anfe, Paolo Genco, un medico che controllava le commissioni legali dell’Inps, Rosario Orlando. E ancora politici e pubblici amministratori, l’indagine racconta l’esercizio quotidiano di un potere politico spregiudicato nel regno assoluto del boss Matteo Messina Denaro. E dentro questo circolo c’era chi apprendeva di intercettazioni che dovevano rimanere segrete ancora di più perchè riguardavano le attività di ricerca del capo mafia. Un panorama inquietante.
    Nelle parole del pm, Giovanni Lo Sciuto emerge come un politico in possesso di una “spiccata attitudine al crimine” e capace di orientare consenso a proprio favore usando la corruzione. Faccia da gran simpaticone, medico con la passione per la politica, consigliere e assessore comunale a Castelvetrano, consigliere e assessore alla Provincia regionale, poi l’arrivo a Sala d’Ercole nella XVI legislatura (2012/2017), dove è andato a sedere anche dentro la commissione regionale antimafia, nonostante i suoi passati giovanili che lo hanno visto anche immortalato in una foto con l’allora giovanissimo, come lui d’altra parte, Matteo Messina Denaro. Oggi la pubblica accusa ha molto insistito sul rapporto tra Lo Sciuto e Genco, quest’ultimo detto “il tonno”, forse per la spiccata capacità di nuotare in qualsiasi mare, o come il tonno di lui non si buttava via mai nulla, tutto quello che faceva era buono a dar forza al cerchio magico di Lo Sciuto, ad accrescere il suo potere. Lo Sciuto soddisfatto poi commentava, “io a tutti do una cosa”. Per Genco, l’on. Lo Sciuto era l’uomo giusto in Parlamento regionale per garantirsi fondi per l’Anfe, ricambiava con sostegno elettorale, innanzitutto finanziario, assunzioni. E Lo Sciuto a Genco non solo avrebbe aperto le porte di Parlamento e assessorati a Palermo, ma anche uffici ministeriali a Roma. Se qualcuno si metteva di traverso ecco che partiva l’offensiva, ne sanno qualcosa l’allora assessore regionale alla Formazione, Bruno Marziano, o la dirigente di una scuola superiore di Castellammare del Golfo, Loana Giacalone.
    Il primo subì una campagna per spingerlo alle dimissioni, “scateneremo l’inferno”, ma a parlare non era il generale romano Massimo Decimo Meridio, ma Lo Sciuto e Genco decisi a pressare l’assessore per rifare daccapo la procedura per dividere i soldi per la formazione e concedere la fetta più grossa all’Anfe; l’altra, la preside Giacalone, venne affrontata in maniera brusca e minacciosa per non aver acconsentito a concedere le aule ad un corso dell’Anfe.
    Solo e soltanto “logiche clientelari”, “logiche utili ad accentrare potere e controllare la pubblica amministrazione”, comportamenti che il pm Morri ha posto a carico dell’ex deputato Lo Sciuto. Tra le nomine conquistate quella di Gaspare Magro, commercialista, nel collegio dei revisori dei conti dell’Asp di Trapani. Magro oltre che essere un finanziatore delle campagne elettorali di Lo Sciuto, è  anche un iscritto alla massoneria. Quando arrivò la nomina all’Asp, decise di “mettersi in sonno”, di sospendere la frequentazione della loggia alla quale era iscritto, informando di questo proprio Lo Sciuto che gli rispondeva di aver fatto bene, “dinanzi ai teoremi e sospetti che la magistratura alimenta” e infine i due si salutavano dandosi del “Fratello”, con la f maiuscola. Avrà significato qualcosa?
    L’indagine “Artemisia” descritta in queste prime sei ore di requisitoria del pm Sara Morri, ha fatto scoprire l’esistenza di un campo minato, “un territorio tenuto occupato, governato con la corruzione, dove non valeva la meritocrazia o il riconoscimento di un bisogno, ma funzionava il favore, la raccomandazione, in cambio innanzitutto di consenso elettorale”.




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