Cosa sono le terre rare e perché gli Usa vogliono quelle dell’Ucraina
Risorse strategiche contese: il grande gioco delle terre rare tra Usa, Cina e Russia
Redazione24 Febbraio 2025 - Economia



  • scontro usa ukraina su terre rare Economia

    Attualità Mondo  : L’Ucraina è da tempo al centro di un braccio di ferro geopolitico che va ben oltre la guerra e le alleanze militari. Tra le risorse strategiche più ambite ci sono le terre rare, un gruppo di 17 elementi fondamentali per le tecnologie avanzate, dalla difesa alle rinnovabili. Gli Stati Uniti hanno mostrato un crescente interesse per i giacimenti ucraini, ma l’accesso a queste risorse è tutt’altro che semplice. Quali sono le terre rare, perché sono così importanti e in che modo la competizione tra le potenze globali sta influenzando il loro mercato?

    Le terre rare: cosa sono e perché contano

    Le terre rare comprendono elementi come il neodimio, il praseodimio e il disprosio, indispensabili per la produzione di magneti permanenti, fondamentali in dispositivi elettronici, turbine eoliche, veicoli elettrici e missili guidati. Sebbene non siano effettivamente “rare” in natura, la loro estrazione e raffinazione sono complesse, costose e spesso dannose per l’ambiente.

    Secondo il United States Geological Survey, il mondo dispone di circa 90 milioni di tonnellate di riserve di terre rare. La Cina domina la produzione con 44 milioni di tonnellate, seguita da Brasile, India, Australia e Russia. Gli Stati Uniti, pur avendo 1,9 milioni di tonnellate di riserve, dipendono fortemente dall’importazione, in particolare proprio dalla Cina, che fornisce oltre il 70% del fabbisogno globale.

    Il tesoro minerario dell’Ucraina e l’interesse americano

    L’Ucraina possiede significative risorse minerarie, tra cui giacimenti di carbone, gas naturale e metalli preziosi. In particolare, si stima che il Paese detenga circa il 33% delle terre rare presenti in Europa. Ma c’è un problema: una parte di queste riserve si trova in territori attualmente sotto il controllo della Russia.

    Secondo i dati della Bloomberg Intelligence, il valore complessivo delle risorse naturali dell’Ucraina ammonta a circa 12.400 miliardi di dollari, con un grande potenziale ancora inesplorato. Gli Stati Uniti hanno iniziato a investire nel settore per ridurre la dipendenza dalla Cina, ma il controllo effettivo delle miniere ucraine è ancora incerto e la produzione è minima.

    Trump e l’ipotesi di un pagamento in terre rare

    L’ex presidente americano Donald Trump ha recentemente dichiarato che gli Stati Uniti dovrebbero ricevere terre rare dall’Ucraina in cambio degli aiuti militari forniti. Secondo lui, Washington dovrebbe ottenere risorse per un valore di almeno 500 miliardi di dollari. Tuttavia, i calcoli di esperti come Javier Blas di Bloomberg rivelano un’incongruenza: la produzione globale di terre rare ammonta a circa 15 miliardi di dollari all’anno, il che significa che, anche se l’Ucraina riuscisse a produrne il 20% del totale, ci vorrebbero oltre 150 anni per raggiungere la cifra ipotizzata da Trump.

    Il dominio cinese e le difficoltà occidentali

    Nonostante l’interesse americano, l’industria delle terre rare resta saldamente in mano alla Cina, che non solo controlla la maggior parte delle riserve, ma ha anche sviluppato un sistema industriale avanzato per la loro lavorazione e raffinazione. Gli Stati Uniti e l’Europa stanno cercando di diversificare le fonti di approvvigionamento, investendo in nuove miniere e tecnologie per il riciclo dei materiali rari, ma il processo è lungo e complesso.

    Il mercato delle terre rare, secondo il Corriere della Sera, è destinato a raggiungere un valore di 21,7 miliardi di dollari entro il 2031, con una crescita annua del 7,4%. Tuttavia, senza un’alternativa concreta alla leadership cinese, il controllo di queste risorse rimarrà una leva geopolitica cruciale nei prossimi decenni.

    Un’illusione americana?

    Il sogno americano di svincolarsi dalla dipendenza cinese attraverso le risorse ucraine appare difficile da realizzare. Tra difficoltà logistiche, controllo russo su una parte dei giacimenti e una produzione ancora lontana dai livelli necessari, gli Stati Uniti dovranno probabilmente esplorare altre strade per ridurre la loro vulnerabilità. Nel frattempo, il dominio della Cina nel settore delle terre rare resta una realtà con cui il mondo dovrà fare i conti ancora a lungo.




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  • Economia

    Roma – “Canale di Panama, Groenlandia, Golfo del Messico o Golfo dell’America. Le prime esternazioni vanno tutte verso una sola direzione: se l’America punta a diventare great again, solo il mare è la chiave per scardinare vecchi equilibri e un assetto geopolitico più frutto di sedimentazioni e di disattenzione cronica, che di vere scelte”.

    All’indomani delle indicazioni di politica internazionale del neo presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, una considerazione risulta tanto potente, quanto inequivocabile. E secondo Paolo Pessina, Presidente di Federagenti – la risposta è circoscritta in due sillabe: “mare”.

    “Per anni e tutt’oggi – afferma Pessina – l’Occidente ha inseguito una miriade di falsi obiettivi, perdendo di vista la sua risorsa primaria, che è anche storia; ciò è valso per gli Stati Uniti che si sono richiusi a riccio su loro stessi, ma specialmente per l’Europa che pure vanta i più grandi gruppi armatoriali del mondo, una tradizione radicata nelle Compagnie delle Indie e nelle Repubbliche marinare, ma è stata incapace di capire che il suo sviluppo, il suo successo, la sua prosperità e per induzione anche quella di altri continenti, transitava attraverso uno sforzo massiccio e costante sul mare e sui traffici marittimi”.

    “Le esternazioni di Trump – prosegue il Presidente di Federagenti – facilmente liquidate come eccessi di fanatismo, hanno una profonda radice di verità: hanno fatto riscoprire al mondo quali rischi significhi consegnare le vie d’acqua, nel caso Panama, a singole potenze, in grado di conoscere e controllare tutto. Ha fatto capire anche ai creduloni, o volutamente tali, della vecchia Europa che la Groenlandia è un’isola strategica militarmente, commercialmente in funzione della rotta Artica, e geopoliticamente. Tutto con un comune denominatore”.

    “È per questi motivi che l’Italia – conclude Pessina – ha davanti una occasione straordinaria che non può perdere, ma che può essere vinta solo facendo in fretta, cambiando passo, nei settori chiave della portualità, delle infrastrutture, della logistica e specialmente della burocrazia”.




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