Trapani – “L’esito del voto non ha prodotto il risultato auspicato, ma è stato un esercizio di democrazia che ha rimesso al centro del dibattito politico i temi dei diritti, del lavoro e della cittadinanza”.
Roma – (Di Vito Lo Monaco) “Il voto rafforza la democrazia attraverso la partecipazione dei cittadini”l’ha ricordato il Presidente Mattarella in occasione della Festa della Repubblica. Domenica e lunedì prossimi, gli elettori e le elettrici andando a votare avranno modo di sostenere tale affermazione indipendentemente se voteranno si o no. L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro- art uno della Costituzione- che salvaguarda e valorizza la libertà, la dignità umana, il diritto al lavoro degli uomini e delle donne- v.titolo3 Costituzione.
Votare Si ai quesiti referendari significa abrogare norme che hanno consentito licenziamenti illegittimi, non hanno tutelato i lavoratori e le lavoratrici delle piccole imprese, non hanno ridotto il lavoro precario né quello insicuro. Inoltre il referendum sulla cittadinanza italiana ridurrebbe da dieci a cinque anni di residenza legale per riconoscere la cittadinanza ai lavoratori extra comunitari. A tal proposito bisogna ricordare agli smemorati sovranisti che l’Italia da sempre è stata terra di accoglienza dei migranti fuggiti dalla fame e dalle guerre come testimonia quella accordata ai Troiani guidati da Enea dopo la distruzione di Troia. A sua volta l’Italia moderna, nel corso della sua storia più recente, ha vissuto le migrazioni della parte più disagiata del suo popolo com’è documentato dalle vicende dei Fasci siciliani, delle due guerre mondiali, della Repubblica fino a oggi con la fuga delle migliaia di giovani laureati e diplomati.
Il voto, dunque è un diritto al quale non possiamo né dobbiamo rinunciare. È inconcepibile che esponenti dell’attuale classe politica di governo invitino gli elettori a non votare sperando cosi di non superare il quorum referendario. Non si vota per un partito, ma per un diritto costituzionale che si difende anche votando No.
I quesiti referendari mirano a ribadire che il lavoro non può essere considerato una merce, essere sottoposto a sfruttamento e sottratto alle regole costituzionali di valorizzazione della persona. Nell’attuale fase di crisi della globalizzazione neoliberista dell’economia che ha arricchito i più ricchi del mondo, accresciuto la povertà della maggioranza degli abitanti del globo e conflitti armati in cinquanta parti del mondo, urge una governance democratica globale che riesca a imporre una pace giusta e duratura. Anche il voto di domenica e lunedì prossimi può dare un segnale in tal senso. (*fonte Articolo 21.org)
Paternò (Catania) – Questo referendum non è un referendum che vota per questo o per quel partito, è un referendum che cancella delle leggi sbagliate, fatte negli ultimi 25 anni e ha un effetto immediato.
Se raggiungiamo il quorum, cancellando queste leggi, il 10 giugno ci saranno milioni di persone che avranno diritti e tutele che oggi non hanno”. Così il leader della Cgil Maurizio Landini a una manifestazione del sindacato in vista dei referendum a Paternò (Catania).
“Questo referendum – ha aggiunto – vuole mandare un messaggio a tutte le forze politiche: è venuto il momento di cambiare quelle politiche sbagliate e quelle leggi che sono state fatte e che hanno messo in ginocchio il mondo del lavoro. Sicuramente quello che stiamo registrando, in Sicilia come nel resto del paese, è la congiura del silenzio, molti organi di informazione stanno tentando di mettere il silenziatore ai temi del referendum. L’Agcom qualche giorno fa ha detto che l’1% dei telegiornali e delle tv ha parlato del referendum. E’ necessario che la Rai e gli organi di informazioni dicano che c’è il referendum. E’ un dovere di tutti mettere nelle condizioni i cittadini di sapere”.
“C’è una bella differenza tra la seconda e la prima carica dello Stato: il presidente della Repubblica ci ha ricordato che c’è la libertà e la democrazia, ma anche che la partecipazione politica e quindi il voto è la condizione affinché il paese sia libero, invitando tutti a superare l’astensionismo. Se poi ci sono quelli che pensano di invitare la gente a non andare a votare questo è un atto di paura, perché cancella delle leggi balorde che il Parlamento ha fatto” ha detto ancora il leader della Cgil Maurizio Landini a Paternò (Catania) riferendosi, senza mai citarlo, al presidente del Senato Ignazio La Russa, nativo di Paternò. che ha invitato a non andare a votare per i referendum.
Roma – Oggi, in Italia, la Festa del Lavoro – o Primo Maggio – È un giorno carico di storia, di battaglie sociali, di piazze affollate e di voci che chiedono diritti, dignità e futuro. Ma cosa significa davvero il 1 Maggio nel 2025?
Il Primo Maggio affonda le sue radici nelle lotte operaie di fine Ottocento, quando lavorare dodici ore al giorno era la norma e i diritti erano un sogno lontano. Fu scelto per ricordare lo sciopero generale di Chicago del 1886 e per onorare chi ha pagato con la vita il prezzo delle prime rivendicazioni sindacali. In Italia, è festa nazionale dal 1891.
Ma oggi, chi lavora davvero festeggia? Chi è precario, chi fa turni nei festivi, chi cerca lavoro da mesi o da anni… può sentire propria questa giornata?
Per alcuni, il Primo Maggio è il concertone di Roma, la musica che parla ai giovani e accende riflessioni tra una canzone e l’altra. Per altri è un corteo, una bandiera, uno striscione stropicciato che resiste ancora. Per molti, è semplicemente un giorno di pausa, una grigliata in famiglia, una gita al mare se il tempo lo permette.
Ma c’è anche chi lavora: nei bar, negli ospedali, nei trasporti, nei supermercati che restano aperti. Lavoratori invisibili, spesso sottopagati, che magari non sanno nemmeno cosa significhi “diritto alla festa”.
E forse è qui che “casa” e “Festa del Lavoro” si incontrano. Perché il lavoro stabile è ciò che permette di avere una casa vera, non solo un tetto ma un progetto. Una base da cui partire, un posto da difendere. Senza lavoro, tutto il resto vacilla.
E allora oggi “casa” può anche voler dire questo: un luogo da costruire con dignità, tutele, riconoscimento. Un futuro possibile.
Trapani – Il primo Pride Trapani 2025, in programma il 26 luglio, sta già trasformando la città in un laboratorio di inclusione e partecipazione. Dopo l’annuncio ufficiale, sempre più persone – inizialmente timorose di esporsi – stanno trovando il coraggio di unirsi, sentendosi accolte in una comunità che abbraccia ogni identità. La costruzione condivisa del programma è essa stessa un atto di liberazione e riconoscimento sociale.
La marcia del Pride non si limita alla sola giornata del 26 luglio. È un percorso partecipato fatto di incontri, idee, contributi. Ogni gesto, ogni messaggio di sostegno conta. Per questo, l’organizzazione invita tuttə a seguire i canali social dedicati e a contribuire concretamente attraverso la campagna attiva su GoFundMe per sostenere le spese dell’evento.
I social media giocano un ruolo cruciale in questa mobilitazione, permettendo di diffondere aggiornamenti, storie e informazioni utili. Tuttavia, non mancano le difficoltà: l’account Instagram ufficiale dell’associazione Shorùq, tra i principali promotori, è stato vittima di un attacco hacker. Un gesto grave, simbolico, che ha cancellato mesi di contenuti e impegno.
Nonostante l’attacco digitale, la reazione è stata immediata: solidarietà, condivisione e volontà di ricostruire ciò che è stato perso. “Aiutateci a ricostruire questo patrimonio di contatti, contenuti, proposte, partecipazione – è l’appello degli organizzatori – sarà la risposta più forte a chi, all’inclusione, preferisce l’odio”.
Il primo Pride Trapani 2025 è destinato a segnare una svolta culturale per la città e il territorio. Non solo un evento, ma un processo di consapevolezza collettiva, di lotta ai pregiudizi, di affermazione dei diritti di tuttə. La partecipazione cresce giorno dopo giorno, segno che il desiderio di una società più giusta è più forte di ogni tentativo di intimidazione.
Trapani – Si allarga il fronte delle adesioni al Referendum 2025 della Cgil “Votiamo Sì per cambiare l’Italia. Il volto è la nostra rivolta”, per il lavoro, la sicurezza, la dignità, la cittadinanza e la democrazia.
Ogni anno, l’8 marzo viene celebrata la Giornata Internazionale della Donna, ma sappiamo davvero perché questa data è così significativa? Non si tratta solo di un giorno per regalare mimose, ma di una ricorrenza che porta con sé un importante messaggio di lotta per i diritti, l’uguaglianza e il riconoscimento del ruolo fondamentale delle donne nella società. Scopriamo insieme l’origine, l’evoluzione e i valori di questa giornata, che continua ad avere un forte impatto nel mondo moderno.
Le radici dell’8 marzo affondano nel movimento operaio e femminista del primo Novecento. Tra le versioni più diffuse sulla sua nascita, una delle più note fa riferimento alla protesta delle operaie tessili di New York nel 1908, che scioperarono per chiedere migliori condizioni di lavoro e diritti fondamentali. Tuttavia, la storia più accreditata lega la ricorrenza alla Conferenza Internazionale delle Donne Socialiste del 1910, tenutasi a Copenaghen, durante la quale la politica tedesca Clara Zetkin propose di istituire una giornata dedicata alla lotta per i diritti delle donne.
L’anno successivo, nel 1911, diversi Paesi tra cui Germania, Austria, Svizzera e Danimarca celebrarono per la prima volta la Giornata della Donna, mentre in Italia la ricorrenza iniziò a essere osservata ufficialmente solo nel 1922. Con il tempo, l’8 marzo è diventato un simbolo universale della battaglia per i diritti femminili, legato anche agli avvenimenti della Seconda Guerra Mondiale e al ruolo delle donne nei movimenti di resistenza.
Oggi, la Giornata Internazionale della Donna non è solo un’occasione per ricordare le conquiste ottenute, ma anche per riflettere sulle sfide ancora presenti. Parità salariale, diritti riproduttivi, lotta alla violenza di genere e maggiore rappresentanza politica sono solo alcune delle battaglie ancora aperte.
I valori che questa giornata rappresenta sono fondamentali per il progresso della società:
Oggi, l’8 marzo viene celebrato in modi diversi a seconda del contesto culturale e sociale. In Italia, è comune regalare la mimosa, un fiore scelto nel 1946 dall’Unione Donne Italiane come simbolo della giornata per la sua resistenza e capacità di fiorire anche in condizioni difficili. Tuttavia, molte organizzazioni femministe e associazioni utilizzano questa giornata per manifestazioni, scioperi e campagne di sensibilizzazione volte a evidenziare le questioni ancora irrisolte legate ai diritti delle donne.
A livello globale, si susseguono eventi, convegni e iniziative che coinvolgono istituzioni, imprese e società civile. Le Nazioni Unite, ad esempio, scelgono ogni anno un tema specifico per sottolineare un aspetto chiave della lotta per l’uguaglianza di genere.
Nonostante i progressi raggiunti, la parità di genere è ancora lontana. Il gender pay gap, la violenza domestica, la disparità nell’accesso all’istruzione e alle posizioni di leadership sono problemi che continuano a influenzare la vita di milioni di donne nel mondo.
L’8 marzo non deve essere visto solo come una celebrazione, ma come un’occasione per riflettere e agire. Educare le nuove generazioni, promuovere politiche inclusive e sensibilizzare l’opinione pubblica sono passi fondamentali per costruire una società più equa e giusta per tutti.