Milano – La crisi dei negozi di moda in Italia ha raggiunto livelli allarmanti: ogni giorno abbassano la saracinesca 18 attività del settore. Un dato che peggiora il bilancio degli ultimi cinque anni e riflette le profonde difficoltà economiche del comparto. Con oltre 23.000 chiusure in un solo anno e 35.000 posti di lavoro andati persi, la moda – pilastro del Made in Italy – vive una fase critica che richiede risposte urgenti dal Governo. Crisi negozi moda Italia: ecco cosa sta accadendo.
Secondo i dati forniti da Federazione Moda Italia – Confcommercio, il 2024 si è chiuso con un saldo drammaticamente negativo: 6.459 attività di moda e abbigliamento hanno cessato l’attività, con una media di 18 chiusure al giorno, contro le 13 del quinquennio precedente.
Oltre alla chiusura dei punti vendita, anche l’occupazione subisce duri colpi: sono 35.000 i posti di lavoro persi nell’ultimo anno, in un settore che oggi conta ancora 164.369 negozi attivi e 299.793 addetti. Il comparto moda continua a rappresentare un pilastro economico, ma sempre più fragile.
Alla base della crisi c’è il boom dell’e-commerce, che ha sottratto clienti ai negozi fisici. A questo si aggiunge la contrazione generale dei consumi, con un calo del -10% negli ultimi cinque anni secondo il report 2025 di Confcommercio sul commercio al dettaglio, disponibile sul sito ufficiale: confcommercio.it.
Il 2024 è stato un anno nero per il settore: -4,2% rispetto al 2023, e i saldi invernali 2025 hanno confermato il trend negativo con un -5,5% nei consumi. Le dinamiche commerciali imposte da alcuni fornitori e gruppi internazionali, spesso fuori da logiche di sostenibilità, stanno schiacciando i piccoli esercenti.
Giulio Felloni, presidente di Federazione Moda Italia, ha richiesto al Governo Meloni un intervento concreto: un Patto Etico di Filiera per riequilibrare i rapporti tra fornitori e negozianti, e l’introduzione di incentivi fiscali, come una detrazione d’imposta per l’acquisto di prodotti sostenibili e un’aliquota IVA agevolata per il settore retail moda. Le richieste sono state rese pubbliche sul portale ufficiale di Confcommercio Moda.
Una possibile via d’uscita arriva dal cosiddetto “shopping tourism”, valorizzato dall’abbassamento della soglia del tax free shopping da 154,96 a 70 euro. Chi ha saputo sfruttare questa opportunità, sottolinea Global Blue in uno studio del 2024, ha registrato un incremento del 54% delle transazioni e un +12% della spesa. Fonte: globalblue.com.
La moda italiana è un asset culturale e produttivo da proteggere. In assenza di un piano di rilancio concreto, il rischio è di perdere un’intera rete commerciale diffusa sul territorio e preziosa per le economie locali.
Cosa ne pensi di questa crisi? Nella tua città hai notato negozi che hanno chiuso? Partecipa al dibattito nei commenti, condividi l’articolo e continua a seguire TrapaniOggi.it
Trapani – Il 22 marzo si celebra la Giornata Mondiale dell’Acqua, istituita dalle Nazioni Unite nel 1992. Il tema 2025 – “Water for Peace” – ci ricorda che l’acqua può essere fonte di cooperazione, non di conflitto. Una riflessione particolarmente attuale per la Sicilia, dove alla crescente scarsità si sommano gravi problemi di gestione e dispersione delle risorse idriche. In un contesto segnato dalla crisi climatica e dalle inefficienze strutturali, l’acqua per la pace globale diventa anche un obiettivo locale, urgente e imprescindibile.
La Sicilia, pur essendo storicamente ricca di bacini, oggi si trova in una situazione critica:
Solo 30 invasi su 47 risultano operativi.
Nel 2022, la perdita d’acqua durante la fase di immissione in rete ha raggiunto il 51,6%.
Il 2024 è stato l’anno più caldo mai registrato a livello globale, con effetti devastanti sull’equilibrio idrico dell’isola.
Una condizione che riguarda anche Trapani e il suo territorio, dove agricoltura, turismo e uso civile dipendono da un’acqua sempre più scarsa e mal gestita.
Ai lunghi periodi di siccità estrema, si alternano improvvise piogge violente. Anche in Sicilia, come nel resto del Paese, la cattiva pianificazione urbanistica e la cementificazione ostacolano il naturale assorbimento dell’acqua. Il rischio di alluvioni lampo cresce, anche a causa della mancanza di casse di espansione nei bacini fluviali regionali.
Alla vigilia della Giornata Mondiale dell’Acqua, il WWF Italia lancia un appello anche ai siciliani: spegnere le luci e dedicare 60 minuti alla Terra, o a un gesto concreto di consapevolezza ambientale. L’obiettivo? Richiamare l’attenzione sull’acqua dolce, una risorsa fondamentale per le persone e gli ecosistemi, ma oggi minacciata da sprechi, incuria e ritardi politici, soprattutto nelle regioni del Sud.
“È indispensabile ripartire da una gestione idrica a livello di bacino”, afferma Andrea Agapito Ludovici del WWF. Per la Sicilia, ciò significa investire in:
Reti idriche moderne ed efficienti
Salvaguardia delle falde e dei corsi d’acqua
Piani di adattamento climatico locali, previsti dal PNACC
Solo così si potrà garantire equità tra gli usi civili, agricoli e ambientali.
Anche i cittadini possono contribuire alla tutela dell’acqua:
Evitare sprechi a casa e in giardino
Usare elettrodomestici a basso consumo
Segnalare perdite e inefficienze
Partecipare a iniziative locali per la protezione dei fiumi e delle falde
Diffondere cultura ecologica nelle scuole e tra le famiglie
Ogni gesto, anche piccolo, può fare la differenza.
L’acqua è al centro della convivenza pacifica, del benessere collettivo e della salvaguardia ambientale. In Sicilia come nel resto del mondo, è tempo di passare dalle parole ai fatti. In attesa che le istituzioni intervengano con decisione, ciascuno di noi può scegliere di non sprecare una goccia in più.
Trapani – All’indomani della vittoria del Trapani sul Taranto per 3-0, rimane l’amarezza per quella contestazione della tifoseria tarantina messa in atto al Provinciale, che badate bene non è solo un atto di rabbia, ma una dichiarazione di principio della tifoseria rossoblu nei confronti di una società quella del Taranto, che nella realtà non esiste.
Il messaggio dei tifosi di Taranto è stato chiaro: questo non è il loro Taranto. Lo striscione “Capuano come Schettino”, portato sugli spalti del Provinciale, i cori di protesta e i fumogeni lanciati in campo a inizio partita, sono solo l’espressione di un malessere che riguarda il totale scollamento tra il Taranto e la piazza.
Quanto è accaduto ieri al Provinciale rispecchia in qualche modo la situazione di un calcio che ha davvero tanti problemi. Ma il calcio deve rimanere solo agonismo, divertimento.
Per chi conosce la storia calcistica trapanese degli ultimi anni, è sembrato quasi di essere ritornati a quelle ultime gare di un Trapani ormai in totale abbandono, per via dei vari Petroni e Pellino. La situazione vissuta dai tifosi del Taranto e dai giocatori è quella di un calcio a cui serve una “cura”, immediata. Un calcio che deve essere dato in mano a imprenditori di “provata fiducia” e non a improvvisatori dell’ultimo minuto.
E da tempo i tifosi rossoblù chiedono solo che si facciano avanti imprenditori seri e facce nuove che abbiano a cuore le sorti della società.
Per il Taranto così come fu per quel Trapani targato dalla coppia Petroni/Pellino, è solo l’ultimo capitolo di una stagione priva di senso. Con una squadra che scende in campo per dovere, ma senza una identità, né ambizioni. E dall’altra parte troviamo una tifoseria delusa. Perchè sa di avere davanti purtroppo una squadra senza un progetto sportivo.
Perchè andare avanti, basta! Intervenga la Lega. In questi casi necessitano scelte coraggiose, perché tutto questo farà solo aggravare una frattura che ormai è insanabile e soprattutto mortifica chi in qualche modo resiste e scende in campo malgrado tutto.