Trapani – Rimesso in libertà per decorrenza dei termini massimi di custodia cautelare l’ex politico trapanese, Paolo Ruggirello. Era stato condannato a 12 anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa e si trovava agli arresti domiciliari in attesa del deposito delle motivazioni e della decisione della Cassazione. Stamattina è stato rimesso in libertà.
A gennaio scorso la Corte d’Appello di Palermo aveva confermato la condanna a 12 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, respingendo il ricorso della difesa.
I giudici d’Appello non avevano accolto neppure la richiesta del pg che per l’ex parlamentare regionale voleva una condanna più severa per associazione mafiosa.
Trapani – Paolo Ruggirello, ex deputato regionale, in ultimo del Pd, ma la scalata politica cominciò al fianco dell’ex leader autonomista Bartolo Pellegrino, per poi passare dal centrodestra ai dem, è stato un politico vicino ai boss. Con loro condivideva campagne elettorali e affari. Da Trapani a Campobello di Mazara. Da qui la condanna a 12 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, inflitta in primo grado dal Tribunale di Trapani e adesso confermata dalla Corte di Appello di Palermo.
E’ l’ulteriore pronuncia giudiziaria scaturita dal blitz antimafia condotto dai Carabinieri nel 2019 nell’ambito dell’operazione “Scrigno”.
Una indagine che a Trapani, quando esplose, venne addirittura maltrattata anche in certi commenti, avventati, pure con certa rilevanza giornalistica, ma che nei vari processi, alcuni celebrati col rito ordinario, altri con l’abbreviato e questi ultimi diventati anche definitivi. Politici a stretto contatto con mafiosi del rango dell’ex consigliere comunale Franco Orlando e dei fratelli Virga, Pietro e Franco, figli dell’ergastolano Vincenzo, indiscusso capo mafia di Trapani per quasi un ventennio, condannato all’ergastolo per la strage mafiosa di Pizzolungo e per l’omicidio del giornalista Mauro Rostagno. Per Orlando (12 anni) e i fratelli Virga, Pietro (19 anni e 4 mesi) e Franco (16 anni e 8 msi), le condanne legata a questa indagine sono già definitive.
I pm della Dda di Palermo avevano fatto ricorso contro la condanna per concorso esterno del’ex deputato Ruggirello, chiedendo il riconoscimento della sua appartenenza all’associazione mafiosa. Ma i giudici di appello come quelli di primo grado, hanno ritenuto più corrispondente l’accusa di concorso esterno. Contro Ruggirello resta in piedi la motivazione della condanna, e cioè quella di aver favorito gli interessi di Cosa Nostra nella provincia trapanese e di avere cercato l’appoggio elettorale delle cosche: in cambio l’esponente del Pd sarebbe stato il punto di riferimento all’interno dell’amministrazione regionale, facendo vincere appalti a imprese «amiche».
Nel processo “Scrigno” condanne confermate per voto di scambio per altri due politici. L’ex consigliere provinciale, l’architetto Vito Mannina (1 anno e 8 mesi) e l’ex consigliere comunale di Erice Alessandro Manuguerra (1 anno). La condanna di Mannina è legata alla campagna elettorale condotta nel 2017 in favore della figlia Simona, eletta poi consigliere ad Erice. Elezioni che hanno visto partecipare anche Manuguerra. Per Mannina padre e Manuguerra i giudici hanno rigettato la richiesta dell’accusa di riqualificare il reato in voto di scambio politico-mafioso.
I giudici di appello hanno cancellato la condanna per mafia nei confronti di Vito Gucciardi, condannato adesso per favoreggiamento aggravato. Rispetto ai 12 anni inflitti in primo grado, Gucciardi è stato condannato a 5 anni e 10 mesi. Avendo scontato la pena è stato scarcerato.
Diminuita di pochi mesi la condanna per mafia a 21 anni di Nino Buzzitta, anziano “consigliore” del mandamento mafioso di Trapani: condanna rideterminata in venti anni e sette mesi di reclusione. Buzzitta nel tempo era sempre riuscito a sfuggire a condanne pesanti, ma stavolta i Carabinieri sono riusciti a intercettarlo mentre si metteva in tasca il denaro frutto dell’attività mafiosa. L’operazione Scrigno svelò anche l’esistenza di una famiglia mafiosa sull’isola di Favignana, nelle mani di un ex detenuto agrigentino, originario di Ravanusa, Vito D’Angelo, rimasto sull’isola a “mafiare”. Per lui confermata la condanna a 16 anni.
In Cassazione frattanto sono stati condannati in via definitiva altri indagati della stessa indagine “Scrigno”. Tra questi l’ex leader dell’associazione dei piccoli industriali Ninni D’Aguanno ( 3 anni e 4 mesi). E poi Francesco Paolo Peralta (8 anni e 4 mesi), Francesco Salvatore Russo (1 anno e 6 mesi), Pietro Cusenza (8 anni e 4 mesi), Vincenzo Ferrara (3 anni e 4 mesi),Giuseppe Piccione (8 anni), Carmelo Salerno (12 anni), Michele Martines (13 anni e 4 mesi), Francesco Orlando (12 anni e 8 mesi), Jacob Stelica (un anno), Mario Letizia (8 anni e 4 mesi), Leonardo Russo (3 anni), Michele Alcamo (3 anni)
Campobello di Mazara – Dopo l’assoluzione per non aver commesso il fatto, quel che è successo a Leonardo Gulotta, 32 anni, di Campobello di Mazara, il suo legale Mariella Gulotta lo definisce una “brutta coincidenza”. Il giovane è stato assolto dal gup di Palermo Marco Gaeta (l’accusa aveva chiesto 6 anni e 8 mesi) dopo una vicenda che l’ha visto coinvolto nel troncone d’inchiesta riguardante la latitanza di Matteo Messina Denaro. Il boss di Castelvetrano, nel 2014, al momento di stipulare il contratto d’assicurazione per una Fiat 500 che acquistò sotto il falso nome di Massimo Gentile, indicò il numero di telefono che solo successivamente, nel 2011, al compimento della maggiore età, fu acquisito da Leonardo Gulotta. Il numero fornito dal boss già nel 2007 risultava agli atti dell’assicurazione, legato al nome di Gentile, ma rispetto a quello dell’intestatario differiva di una cifra.
E quella cifra sbagliata portava al nome di Leonardo Gulotta. Per la procura il giovane avrebbe così avuto un ruolo nella latitanza del boss. “Nel 2007 il mio assistito aveva 15 anni e non poteva avere una sim a suo nome – spiega il legale -. Il certificato d’attivazione con quel numero risale al 2011, quando compì 18 anni e questo l’ha prodotto la procura dopo l’interrogatorio di garanzia”.
Gulotta è stato arrestato dal Ros il 27 marzo 2024 per concorso esterno in associazione mafiosa. “In sede d’interrogatorio ho sempre dichiarato che non ho mai conosciuto Matteo Messina Denaro – spiega Leonardo Gulotta – ho lavorato per la famiglia Luppino (sono in carcere Giovanni e i figli Antonino e Vincenzo, ndr) con tre contratti stagionali nel 2019, 2022 e 2023, ma i rapporti sono stati sempre di natura lavorativa”.
“Dalla visione degli atti abbiamo potuto accertare che un numero di telefono quasi uguale (differente per una sola cifra rispetto a quello del mio assistito), è stato in uso al boss latitante – spiega l’avvocato – e non è escluso che nel compilare la scheda per l’assicurazione, Messina Denaro abbia fornito erroneamente quel numero quasi coincidente”.
Gulotta è rimasto due mesi in carcere al Pagliarelli di Palermo: “Ho sempre ribadito la mia innocenza – dice -. Conoscevo, sì, Andrea Bonafede (classe ’63), l’ho sempre salutato e non ho mai avuto rapporti con la mafia. Durante la detenzione ho pianto e non mi sono mai dato pace per quello che stava succedendo. Quando il giudice ha pronunciato la formula d’assoluzione ho pianto pensando a tutte le persone che mi sono state vicine in questi momenti difficili che non auguro a nessuno”.