Campobello di Mazara – E’ stato un legame quasi viscerale quello che per decenni ha unito Matteo Messina Denaro a quella cerchia di uomini e donne che lo hanno a lungo protetto, curato, coccolato, aiutato. Coloro che hanno vegliato sulla sua trentennale latitanza, senza mai tradirlo. Un legame che neanche la sua cattura e poi la morte ha scalfito. Matteo Messina Denaro ha potuto contare oltre che sulla sua famiglia d’origine, anche su un intero nucleo familiare, da sempre devoto ai Messina Denaro dai tempi del patriarca don Ciccio, vale a dire i Bonafede, a cominciare dal vecchio boss Nardo Bonafede. Morto lui a proteggere il latitante sono arrivati figli e nipoti ed ancora una cerchia di amici “fidatissimi”.
Chi sono fino ad ora i fiancheggiatori o meglio “indicarli “ i “protettori” di Matteo Messia Denaro. Parliamo di coloro i quali hanno tenuto fede a quel “patto scellerato” di “Adorare come un Dio Matteo Messina Denaro” stragista e mafioso. Il primo è stato Giovanni Luppino.
Giovanni Luppino. Imprenditore agricolo di Campobello di Mazara, è arrestato a Palermo il16 gennaio 2023. Aveva appena accompagna Matteo Messina Denaro per la seduta di chemioterapia programma presso la clinica La Maddalena, dove poi verrà catturato dal Ros. Luppino era il suo autista. Viene condannato per favoreggiamento e procurata inosservanza di pena aggravati, a nove anni e due mesi.
Andrea Bonafede. Geometra di 63 anni, viene arrestato il 23 gennaio è colui che ha ceduto al boss: carta d’identità, tessera sanitaria e codice fiscale. Il geometra è condannato a 14 anni per associazione mafiosa e complicità in truffa.
Alfonso Tumbarello. Il medico di base in pensione di Campobello, è arrestato il 7 febbraio 2023. E’ accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e falso in atto pubblico, ha firmato 95 ricette per farmaci e 42 per analisi ed esami diagnostici, tutti prescritti al prestanome, Andrea Bonafede. Tumbarello è sottoprocesso davanti al tribunale di Marsala.
Andrea Bonafede. Si tratta del cugino omonimo del geometra, operaio del comune di Campobello di Mazara, è arrestato il 7 febbraio accusato di aver fatto da “postino” tra il boss latitante e il medico Tumbarello nel periodo in cui il capomafia era in cura per il cancro al colon. È stato condannato a 6 anni e 8 mesi di reclusione.
Rosalia Messina Denaro. Nome in codice “fragolone”, è arrestata il 3 marzo. È la primogenita del patriarca Francesco Messina Denaro, è indagata per associazione a delinquere di stampo mafioso anche se non ha avuto “una formale affiliazione” attraverso riti e cerimonie, anche perché “non sarebbe consentita dalle ‘regole’ del sodalizio” che “escludono le persone di sesso femminile”. È condannata a 14 anni.
Lorena Ninfa Lanceri. Arrestata il 16 marzo, oltre ad essere la vivandiera del boss, era il “tramite” (così la definiva Messina Denaro nei pizzini) tra lui e la presunta amante del boss, Laura Bonafede. Lorena Ninfa Lanceri pena ridotta in appello 5 anni e 8 mesi.
Emanuele Bonafede. Marito della Lanceri, anche lui è riconosciuto come vivandiere. Pena ridotta in appello a 4 anni e 4 mesi.L’uomo è cugino dei Bonafede.
Laura Bonafede. Maestra elementare, figlia del boss Leonardo Bonafede, cugina di Andrea e di Emanuele Bonafede è arrestata il 13 aprile. Nei pizzini compaiono nomi come Cugino, Amico, Venesia e Blu. Per la Procura la donna ha conosciuto il latitante nel 1997 instaurando con lui un rapporto stabile. Laura Bonafede è condannata a 11 anni e 4 mesi per associazione mafiosa.
Massimo Gentile. L’architetto, Gentile è arrestato il 27 marzo 2024 a Limbiate nel Milanese. La procura di Palermo gli contesta di avere fornito la sua carta d’identità al boss dal 2007 al 2017. Con quel documento, il boss acquistò una moto Bmw nel 2007 e una Fiat 500 nel 2014. E’ stato condannato a dieci anni per associazione mafiosa.
Cosimo Leone. Cognato di Gentile arrestato lo stesso giorno, il tecnico di radiologia dell’ospedale Abele Ajello, avrebbe avuto un ruolo nella trafila sanitaria di Messina Denaro, visitato all’ospedale di Mazara il 6 novembre e operato pochi giorni dopo. Leone è stato condannato ad otto anni il reato per concorso esterno.
Antonio Luppino. È accusato di favoreggiamento arrestato il 2 febbraio 2024, aveva uno dei numeri di cellullare “segreti” in uso al boss e si sarebbe occupato delle riparazioni della Giulietta, con la quale il boss si spostava.
Vincenzo Luppino. È il fratello di Antonio, arrestato lo stesso giorno stesso reato. Vincenzo sarebbe andato alla clinica La Maddalena, quando questi venne operato, per provvedere ai suoi bisogni. I due fratelli compariranno davanti al tribunale di Marsala il prossimo 9 aprile.
Antonio Messina. L’anziano avvocato massone radiato dall’albo viene definito dai pm di Palermo una “presenza costante in una delle più pericolose e sanguinarie stagioni criminali mafiose, quella riconducibile al gruppo dei corleonesi”. Era lui che si celava dietro la sigla “Solimano” trovata nelle lettere che si scambiavano Matteo Messina Denaro e l’amante e postina Laura Bonafede.
Floriana Calcagno. Professoressa di matematica, 50 anni, è stata arrestata dai carabinieri del Ros e dai poliziotti dello Sco, con l’accusa di favoreggiamento aggravato e procurata inosservanza di pena. Avrebbe aiutato il latitante a sottrarsi alla cattura e di conseguenza ad esercitare il suo potere. E’ una delle amanti del padrino.
Francesco Bavetta. Gastroenterologo di Marsala, è lo specialista che il 5 novembre di 5 anni fa diagnosticò al capomafia il cancro al colon attraverso una colonscopia. Il paziente, si sarebbe presentato col nome di Andrea Bonafede. Bavetta ha ammesso di aver eseguito l’esame, ma ha sostenuto di aver saputo solo dopo la cattura che il paziente era Messina Denaro.
Giacomo Urso. È il chirurgo che a soli 4 giorni dalla diagnosi di Bavetta, operò di cancro il capomafia all’ospedale di Mazara. Anche lui, interrogato, ha negato di essere stato a conoscenza della vera identità del malato.
Antonino Pioppo. Primario del Civico di Palermo, l’oculista è finito sott’inchiesta per favoreggiamento aggravato e procurata inosservanza della pena. Per la Procura, avrebbe ricevuto nel suo studio privato il boss sapendo che si trattava di Messina Denaro. Lui ha smentito e respinto ogni accusa.
A questi poi bisogna aggiungere tutta una serie di persone su cui al momento è puntata l’attenzione delle forze dell’ordine che continuano ad indagare sulla trentennale latitanza del boss.
Lui è Andrea Bonafede (classe 1969), ex dipendente comunale di Campobello di Mazara, impuntato al momento nel processo d’appello per presunta appartenenza a Cosa nostra. Al termine della requisitoria il sostituto procuratore generale Carlo Marzella davanti la Corte d’Appello di Palermo ha chiesto 12 anni di carcere. La richiesta del Pg, vuole fare riconoscere l’appartenenza piena di Bonafede a Cosa nostra, alla luce del suo ruolo funzionale alla sopravvivenza del boss in clandestinità.
L’uomo, già condannato in primo grado a 6 anni e 8 mesi per favoreggiamento, è accusato di aver agevolato la latitanza di Matteo Messina Denaro occupandosi di ritirare dal medico Alfonso Tumbarello (in atto sotto processo al tribunale di Marsala) e trasmettere ricette mediche necessarie alle cure del boss, malato di tumore.
Bonafede ha sempre sostenuto di aver aiutato il cugino omonimo (il geometra che a Matteo Messina Denaro fornì la sua identità) ignaro che dietro a quella richiesta di “discrezione” ci fosse invece il boss, ed avrebbe agito per riservatezza. A Bonafede, difeso dall’avvocato Tommaso De Lisi, i pm fin dal suo arresto contestano il 416 bis, ma il gup Rosario Di Gioia, il 30 novembre del 2023, ritenne sussistente il reato meno grave di favoreggiamento. Così la Procura è ricorsa in appello e ha reiterato la richiesta. Per gli inquirenti Bonafede avrebbe avuto un ruolo ben più attivo e consapevole.
Prima della requisitoria accusa e difesa avevano presentato una corposa documentazione integrativa probatoria. Il prossimo 8 luglio ci sarà l’arringa dell’avvocato De Lisi e entro la fine del mese la sentenza.
Campobello di Mazara – Sarebbero stati 35 gli incontri in poco più di due mesi: tra Matteo Messina Denaro e una delle sue amanti, Floriana Calcagno, finita in manette per favoreggiamento aggravato e da poco ai domiciliari su disposizione del tribunale del Riesame.
E’ quanto riporta una informativa dello Sco della polizia, depositata dai pm agli atti del procedimento contro la donna, che ha messo insieme i tabulati dei cellulari del boss e della Calcagno e le immagini delle videocamere di sorveglianza nel 2022 piazzate nel Trapanese proprio per catturare il capomafia.
Dall’indagine viene fuori che, a differenza da quel che ha raccontato la Calcagno, la frequentazione con Messina Denaro, ospite anche della sua casa al mare, erano tutto tranne che saltuarie. La donna, all’epoca insegnante, dopo la cattura del boss raccontò ai pm della relazione, sostenendo di aver appreso solo dopo il suo arresto la vera identità dell’amante che a lei si era presentato col nome di Francesco Salsi, medico in pensione.
Le indagini hanno svelato che il padrino aveva soprannominato la donna «luce» – così scrive nel calendario in corrispondenza degli incontri con la professoressa- e che la stessa era un’abituale frequentatrice di Messina Denaro a cui più di una volta avrebbe anche recapitato dei pacchi.
Palermo – Va ai domiciliari Floriana Calcagno l’insegnante di matematica legata sentimentalmente al boss Mattero Messina Denaro. Lo ha disposto il tribunale del Riesame di Palermo.
Il 21 gennaio 2023, cinque giorni dopo la cattura di Messina Denaro, la donna si presentò in Procura spontaneamente e raccontò al procuratore aggiunto Paolo Guido di aver scoperto solo allora chi fosse l’uomo che per mesi aveva frequentato e con cui aveva avuto una relazione, sostenendo che a lei si era presentato col nome di Francesco Salsi, medico in pensione.
La donna ha anche sottolineato che si sarebbero conosciuti nel 2022 in un supermercato a Campobello di Mazara. Calcagno, allora ancora non indagata, raccontò che, dopo averlo rivisto in un paio di occasioni, sempre al supermercato e vicino alla scuola in cui lavorava, aveva iniziato una relazione con Messina Denaro che le aveva rivelato di essere malato di tumore e di stare affrontando la chemioterapia.
Un racconto che non ha mai convinto gli investigatori i quali hanno accertato che il ruolo della professoressa negli ultimi due anni di latitanza del boss sarebbe stato ben altro: lei e il ricercato si sarebbero frequentati a lungo e la Calcagno avrebbe ospitato Matteo Messina Denaro nella sua casa al mare. Ci sono diverse immagini della vdeosorveglianza visionate dopo la cattura del boss in cui i due sono insieme in auto, lei lo “scorta” precedendolo con la sua macchina per accertarsi che non ci siano posti di blocco o gli porta pacchi nella casa di Vicolo San Nicola a Campobello di Mazara.
E poi ci sono quelle parentele, a cominciare dal marito della Calcagno.
Castelvetrano – La cifra corrisponde, in eccesso, al Tfr (trattamento di fine rapporto) di un “normale” dipendente pubblico apicale con oltre 40 anni di servizio. Ma quei 130 mila euro nascosti nel sottofondo di un armadio in casa dei potenti Messina Denaro, trovati dai Carabinieri dei Ros nei giorni successivi alla cattura del latitante, pare fossero lì a disposizione per le spese spicce del latitante. Quisquiglie per il capo mafia che in media ogni mese spendeva tra i 10 mila e i 15 mila euro e che nel tempo, negli anni della sua latitanza, ha subito sequestri e confische, direttamente o in maniera indiretta, per svariati milioni di euro.
La scoperta della cassaforte celata dentro quel mobile nella disponibilità di Rosalia Messina Denaro, ha così arricchito di ulteriore particolare lo scenario del dopo cattura del pericoloso latitante. Soldi cash per l’ultimo dei corleonesi e il primo in tante cose nelle faccende di Cosa nostra trapanese.
Occuparsi quindi delle necessità del latitante aveva un ricco ritorno per chi ne era incaricato, la certezza di mettere mano su ricompense nell’ordine del centonaio, massimop migliaio di euro, avere qualche regalo prezioso, ne beneficiavano vivandieri, autisti, maestrine e amanti, figliocci. Ma essere super ricercato, custodire segreti e fare il burattinaio di innumerevoli faccende, coltivare trame anche stragiste, aveva a sua volta il dorato ritorno, per il prootagonista di tutto questo, Matteo Messina Denaro.
Le indagini che hanno riguardato il boss nel corso della sua trentennale latitanza, hanno fatto via via emergere il suo ruolo di capo di Cosa nostra capace non solo di ordinare stragi e delitti, ma anche di tenere in mano le fila di molteplici attività imprenditoriali. Lui assoluto monarca di una holding imprenditoriale con svariati interessi. Uno scenario conclamato da numerosi provvedimenti di confisca, che hanno fatto risalire al boss un patrimonio per svariati milioni di euro. I soldi trovati nella cassaforte nascosta, trovata dai Carabinieri nella casa di famiglia, in via Alberto Mario a Castelvetrano, alla luce delle possidenze economiche del capo mafia, rappresentavano il portafoglio personale per far fronte alle esigenze immediata di quella latitanza dorata.
Da quando il capo mafia è stato arrestato, ammonta a 800 mila euro il patrimonio trovato nella sua disponibilità, tra denaro e gioielli. A tenere il “tesoretto” era Rosalia Messina Denaro, frattanto è stata anche lei arrestata e condannata a 14 anni: ha seguito in carcere il marito, il mafioso di rango palermitano Filippo Guttaduaro, e suo figlio Francesco, il nipote prediletto di Matteo Messina Denaro. Rosalia Messina Denaro li custodiva perché il suo ruolo era non solo quello proprio di sorella del mafioso, ma lei stessa è stata riconosciuta essere “donna di mafia”. Gli appunti trovati nella sua casa sono stati letti come vere e proprie agende sulle quali tenere in ordine i conti, tra entrate e uscite, appunti sottolineati da sigle, queste quelle che nascondono i nomi dei complici di quella latitanza. Fino ad oggi sono finiti arrestati, con i congiunti più intimi, anche personaggi risultati primari solo per avere protetto la latitanza in quel di Campobello di Mazara: amanti, vivandieri e vivandiere, complici, prestanome, ma anche medici, come quelli che in appena dieci giorni hanno permesso al boss di ricevere quelle cure oncologiche che normalmente la sanità pubblica disbriga in mesi e mesi di liste di attesa. C’è ancora da stanare chi per trent’anni ha tagliato la strada agli investigatori che si occupavano della ricerca del pericoloso latitante.
Campobello di Mazara – Ancora arresti nell’ambito delle indagini sulla fitta rete di fiancheggiatori della latitanza di Matteo Messina Denaro. L’ultimo riguarda un mafioso di rango l’avvocato di Campobello di Mazara Antonio Messina, così come lo ha definito nel corso delle sue dichiarazioni il collaboratore di giustizia Attilio Fogazza. Per gli inquirenti avrebbe gestito i soldi della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, garantendo a Matteo Messina Denaro il sostentamento economico durante la sua latitanza: sono le accuse che la Dda di Palermo contesta all’avvocato massone Antonio Messina, 79 anni, da oggi agli arresti domiciliari con l’accusa di associazione mafiosa. Nel linguaggio cifrato che il padrino e la sua amante, Laura Bonafede, usavano nei pizzini il professionista veniva indicato come “Solimano”.
Campobello di Mazara – Florinda Calcagno, la professoressa di matematica arrestata dagli investigatori che seguono le indagini sui favoreggiatori di Matteo Messina Denaro, amante e – secondo l’accusa – favoreggiatrice della latitanza del capomafia, si pensa anche custode di molti dei segreti del boss oggi deceduto, non solo è moglie di Paolo De Santo, condannato per avere favorito alcuni mafiosi legati a Messina Denaro, ma è la nipote di Francesco Luppino, boss di Campobello e fedelissimo del latitante. Floriana Calcagno è anche la figlia di Rocco Calcagno. La moglie di Rocco Calcagno (oggi deceduto) è sorella della moglie di Francesco Luppino.
Come si legge nell’ordinanza del Gip Serio in sede di dichiarazioni la CALCAGNO riferiva che “Come mi ricorda la S.V. LUPPINO Francesco è effettivamente mio zio, ma da quando sono accaduti i fatti relativi al processo che ha coinvolto mio marito non ho più avuto rapporti né con lui né con la sua famiglia”. “Ebbene – si legge ancora nell’ordinanza – plurime risultanze acquisite anche in altri procedimenti hanno dimostrato che ella non ha mai interrotto i legami con la famiglia di sangue a cui appartiene ed anzi successivamentee ben oltre all’arresto del marito, la stessa si è recata numerose volte presso l’abitazione dello zio LUPPINO Francesco. Ed invero, come ricordato in premessa, il marito De Santo Paolo veniva sottoposto a fermo il 22 febbraio 2019”. “Ciò posto, emerge dagli esiti del servizio di videosorveglianza effettuato nei pressi dell’abitazione del capo mafia di Campobello di Mazara, LUPPINO Francesco, che dal 23 maggio 2019 al 16 gennaio 2022, la CALCAGNO si era recata ripetutamente presso l’abitazione dello zio LUPPINO Francesco. La verifica dei colloqui carcerari intrattenuti da LUPPINO Francesco con i propri familiari consentiva altresì di affermare che i rapporti tra le famiglie CALCAGNO e LUPPINO risultavano essersi sviluppati, negli anni, senza soluzione di continuità, principalmente per il tramite delle due sorelle CATALDO Lea (moglie di LUPPINO Francesco) e CATALDO Vincenza (moglie del defunto CALCAGNO Rocco).
Floriana Calcagno è cugina di secondo grado di Giuseppe Calcagno “pure lui condannato per 416 bis c.p. in stretto contatto con il reggente del mandamento di Mazara del Vallo, Vito Gondola e partecipe al circuito di comunicazioni finalizzate alla veicolazione della riservata corrispondenza con MESSINA DENARO”.
Su Luppino in atto in carcere, Andrea Bonaccorso, mafioso pentito di Brancaccio, raccontò che il 5 novembre 2007 stava raggiungendo a bordo di una Panda di colore verde Salvatore Lo Piccolo a Giardinello. Quel giorno il boss di San Lorenzo fu arrestato con il figlio Sandro, Andrea Adamo e Gaspare Pulizzi. Nella Panda con Luppino c’erano altre persone, pare ci fosse anche Messina Denaro, quando il gruppo si accorsero di un elicottero che sorvolare la zona però si allontanò. A dire a Bonnaccorso che sulla macchinna c’era il boss di Castelvetrano fu Pino Scaduto, boss di Bagheria.
Panda verde fu intercettata da altri investigatori che seguivano Luppino e la seguirono fino a Castelvetrano dove due uomini, così c’era scritto nei rapporti di allora, la parcheggiarono in un magazzino-officina per poi allontanarsi a piedi. Furono prelevate delle impronte, ma non bastarono a stabilire con certezza chi fosse l’uomo assieme a Luppino. La presenza di Messina Denaro non è stata mai confermata. Fra gli investigatori, c’è chi ha sempre ritenuto che per prudenza Messina non sarebbe andato a incontrare un altro super ricercato. Quell’officina dove fu posteggiata l’auto era di Rocco Calcagno, il padre di Floriana.
Campobello di Mazara – Da ieri la professoressa di matematica, Floriana Calcagno di 50 anni è rinchiusa in carcere. E’ stata arrestata dai carabinieri del Ros e dai poliziotti dello Sco che indagano sulla rete di finacheggiatori del boss deceduto Matteo Messina Denaro.
La professoressa sei giorni dopo la cattura di Messina Denaro a Palermo si era presentata spontaneamente dai carabinieri dicendo di avere avuto una breve relazione con Messina Denaro, ma lei lo conosceva come Francesco Salsi, medico in pensione. Una dichiarazione a cui gli investigatori e i magistrati mai hanno creduto. Così dopo mesi di indagini ieri la donna è finita in carcere.
A Floriana Calcagno i magistrati – il procuratore Maurizio de Lucia, l’aggiunto Paolo Guido e i pm Piero Padova e Gianluca De Leo- contestano, tra l’altro, di aver assicurato a Matteo Messina Denaro «sostegno logistico, aiuto e supporto morale e materiale, nel territorio di Campobello di Mazara, Mazara del Vallo, Tre Fontane e in altre località della provincia di Trapani e di avergli assicurato, attraverso un sistema di staffetta e di scorta con la propria vettura, la possibilità di spostarsi da un comune all’altro in modo riservato».
E’ proprio la gelosia delle amanti che sta facendo cadere a poco a poco quel muro di omertà che per 30 anni ha coperto la latitanza di Matteo Messina Denaro.
Per ricostruire il ruolo avuto da Floriana Calcagno, nella latitanza di Matteo Messina Denaro sono stati fondamentali, oltre agli appunti trovati nel covo del capomafia, gli scritti indirizzati al boss da un’altra sua amante, la maestra Laura Bonafede, già condannata per associazione mafiosa. Nelle lettere per il ricercato la Bonafede indicava Calcagno con una serie di soprannomi, come «Handicap, Acchina o Sbrighisi». Incrociandoli con altri elementi, come le immagini registrate da diverse videocamere che hanno immortalato episodi raccontati dalla Bonafede e relativi alla donna, gli inquirenti hanno capito chi si celasse dietro gli pesudonimi.
Dal manoscritto trovato nel covo del ricercato emerge tutta la gelosia della Bonafede verso Calcagno. «Dici che Acchina ti aiuta come può. Ma cosa può fare per te?», scriveva. ”La frase di alto significato indiziante, faceva chiaramente intendere che il latitante in precedenza aveva confidato alla Bonafede – scrivono i pm – il ruolo svolto dalla Calcagno nel suo sistema di protezione, ruolo che consisteva nell’offrire ed adoperarsi su ’cose fatte per luì». Nello scritto la maestra mostrava anche di non credere a quello che le aveva detto il latitante e cioè che la relazione con la Calcagno risalisse ad aprile 2022. «E poi ci sono date che non mi quadrano. Tu mi parli di aprile 2022“ diceva. Bonafede sospettava che la storia tra i due fosse precedente. «E poi se ben ricordi ti disse che voleva parlarti già nell’agosto 2017, o l’hai dimenticato?», scriveva. Sempre sfogando la sua gelosia verso l’altra, Bonafede commentava: «per ora se penso a Sbrighisi che passava con quella faccia compiaciuta, dopo essere stata con te, le bastonate gliele darei eccome».
Infine in uno scritto del 30 dicembre 2022, Bonafede raccontava al capomafia di aver visto uscire dalla «zona chiave», il covo di Campobello di Mazara, proprio Calcagno. “Stavolta mi è cambiato l’umore, quella scena mi ha cambiato la giornata. Alle 11.40 circa ho visto Handicap che usciva dalla zona chiave, dritta come un palo e con una Louis Vuitton sicuramente regalata da te. Regali borse come un distintivo? Fuck», sbottava.
Campobello di Mazara – I finanzieri del comando provinciale di Palermo hanno eseguito un sequestro di beni per oltre 3 milioni di euro nei confronti di Giovanni Luppino, indicato dagli investigatori come l’autista del boss, Matteo Messina Denaro (deceduto). Il provvedimento, emesso dal tribunale di Trapani – sezione misure di prevenzione, ha colpito il patrimonio di Luppino, arrestato il 16 gennaio 2023 insieme al capomafia presso la clinica La Maddalena di Palermo, dove il boss doveva sottoporsi a cure oncologiche.
Le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, hanno permesso di tracciare flussi di denaro destinati al mantenimento della latitanza di Messina Denaro. Attraverso l’analisi di bonifici e assegni emessi da soggetti vicini al boss, gli inquirenti hanno individuato una rete di finanziamenti a sostegno del mafioso, dimostrando il ruolo attivo di Luppino nell’assicurare il sostegno economico al ricercato.
Il sequestro ha riguardato un vasto patrimonio, tra cui:
Giovanni Luppino è stato condannato in primo grado a 9 anni e 2 mesi di reclusione per il suo coinvolgimento nelle attività del clan. La sua vicinanza a Messina Denaro e il ruolo svolto nella rete di supporto al boss hanno portato le autorità a disporre il sequestro preventivo dei suoi beni.
L’operazione della Guardia di Finanza rappresenta un ulteriore passo avanti nella lotta contro la criminalità organizzata, colpendo le risorse economiche che hanno garantito per anni l’impunità ai vertici di Cosa Nostra in provincia di Trapani. Il sequestro rientra in una strategia più ampia volta a smantellare le basi finanziarie della mafia siciliana e in particolare di quella che ha fino ad oggi finanziato e protetto la trentennale latitanza dell’ormai deceduto boss di Castelvetrano Matteo Messina Denaro.
Campobello di Mazara – I Carabinieri della Stazione di Campobello di Mazara hanno denunciato un imprenditore per produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti.
I militari dell’Arma nel corso di una perquisizione domiciliare eseguita nei confronti dell’uomo hanno rinvenuto e sottoposto a sequestro 2 piante di marijuana e circa 300 grammi di infiorescenze sempre della medesima sostanza, oltre a lampade, ventilatori, materiale per il confezionamento, vasi, e bilancini di precisione.
Palermo – È in camera di consiglio il Gup di Palermo che deve decidere sulla richiesta di pena avanzata dalla procura nei confronti di Martina Gentile, la figlia della maestra di Campobello di Mazara Laura Bonafede, compagna storica del boss Matteo Messina Denaro. Per la Gentile, anche lei insegnante, il pm Gianluca De Leo ha chiesto la condanna a 8 anni di carcere per favoreggiamento aggravato dall’avere agevolato la mafia e procurata inosservanza della pena. Secondo l’accusa la ragazza, che per anni ha vissuto con la madre e il boss durante la sua latitanza, avrebbe fatto parte della rete che garantiva le comunicazioni del ricercato con la famiglia e con gli uomini d’onore liberi.
Gentile, figlia di un boss e madre di una bambina, come risulta da decine di pizzini sequestrati a Messina Denaro, era legatissima al boss ora deceduto, che per anni l’ha cresciuta come una figlia.
Interrogata dal gip dopo l’arresto, aveva scelto di non rispondere, ma ha voluto fare dichiarazioni spontanee per dire di essere stata affezionata al capomafia quand’era bambina, ma di aver capito che quell’affetto lui non lo meritava.
Gentile, il cui padre naturale sconta due ergastoli per omicidi commissionati dal padrino di Castelvetrano, ha raccontato di aver visto il vero volto del boss, compresa la sua relazione con la madre, condannata poi a 11 anni e 4 mesi, solo recentemente.
Anche per questo avrebbe cercato di prendere le distanze dall’ambiente in cui era cresciuta andando a insegnare a Pantelleria, lasciando il suo paese, Campobello di Mazara e iniziando un percorso di legalità attraverso colloqui con assistenti sociali e associazioni antimafia.