Italia
Mafie in porto: in Sicilia censiti 9 clan, che hanno operato in attività di business illegali e legali
Nel triennio 2022-2024 il Porto di Palermo terzo posto nazionale con 22 casi
Redazione31 Maggio 2025 - Cronaca



  • Cronaca

    Roma – Nel 2024 all’interno dei porti italiani si sono registrati 115 casi di criminalità (+4,5% rispetto al 2023) con il coinvolgimento di 30 porti

    Nel triennio 2022-2024 il Porto di Palermo terzo posto nazionale con 22 casi

    La Sicilia con 8 porti, seconda regione d’Italia, dopo la Liguria, con 61 eventi criminali pari al 16,5% del totale nazionale. Mafie in porto: tra il 1994 e il 2023, in Sicilia sono 9 i clan censiti che hanno operato in attività di business illegali e legali in 12 porti. Libera ha presentato a Genova il Rapporto “Diario di Bordo. Storie, dati e meccanismi delle proiezioni criminali nei porti italiani”.

    L’impegno di Libera sul versante della lotta alle mafie e corruzione

    Gli scali marittimi rappresentano per i gruppi criminali un’opportunità per incrementare i propri profitti e per rafforzare collusioni. L’impegno di Libera sul versante della lotta alle mafie e corruzione, e più in generale ai fenomeni d’illegalità, ha due caratteristiche: la continuità e la coerenza. Ma è, soprattutto, la realtà delle cifre, delle storie di cronaca, delle denunce e segnalazioni raccolte che impone di “ritornare sul luogo del delitto”. Nel corso del 2024 sono stati registrati 115 casi di criminalità all’interno dei porti italiani (+4,5% rispetto al 2023), con il coinvolgimento di 30 porti (erano 28 nel 2023).

    Nel triennio 2022-2024 sono 365 gli eventi criminali nei porti italiani

    Complessivamente nel triennio 2022-2024 sono 365 gli eventi criminali nei porti italiani, uno ogni 3 giorni, con il 2022 anno peggiore con 140 eventi criminali. Tra il 1994 e il 2023, i clan censiti che hanno operato in attività di business illegali e legali sono 109, con 69 porti italiani che sono stati oggetto di proiezioni criminali. Libera ha presentato stamattina a Genova la II Edizione del Rapporto “Diario di Bordo. Storie, dati e meccanismi delle proiezioni criminali nei porti italiani” (curato da Francesca Rispoli, Marco Antonelli e Peppe Ruggiero) dove sono stati elaborati i dati provenienti dalla rassegna stampa Assoporti, dalle relazioni della Commissione Parlamentare Antimafia, della DIA, della DNAA, dell’Agenzia delle Dogane e della Guardia di Finanzia. Una fotografia che rappresenta sicuramente un dato al ribasso rispetto al fenomeno nel suo complesso: le fonti sono limitate e non tutte le notizie emergono nella stampa, ma ad oggi ancora manca un archivio completo sul fenomeno.

    Gli affari vanno in porto

    In Sicilia nel 2024 sono stati 8 i casi di criminalità: il porto di Messina con 4 casi di criminalità conquista la leader regionale . Complessivamente nel triennio 2022-2024 in Sicilia sono 61, seconda regione d’Italia dopo la Liguria, pari al 16,5 % del totale nazionale con Palermo, leader con 22 casi, seguita da Messina e Catania rispettivamente con 13 e 12 casi..

    “I numeri – scrive Libera nel Rapporto – non lasciano molti margini di dubbio. Siamo davanti a una recrudescenza repressiva che testimonia, da un lato, la persistenza dell’azione dei criminali e, dall’altra, conferma il lavoro importante svolto da forze dell’ordine, enti di controllo e magistratura. E dovrebbe sollecitare risposte coerenti ed efficaci da parte di chi ha responsabilità politiche e istituzionali.
    Le mafie in porto. Analizzando le relazioni della Direzione Nazionale Antimafia e della Direzione Investigativa Antimafia, pubblicate tra il 1994 e il 2023, i clan censiti che hanno operato in attività di business illegali e legali sono 109, con 69 porti italiani che sono stati oggetto di proiezioni criminali. Un fenomeno che ha investito tutto il Paese, da Nord a Sud; dall’analisi delle relazioni istituzionali emerge come ben 26 gruppi criminali sono stati interessati ad affari legati ai porti. In Sicilia sono 9 i clan censiti con 12 porti interessati.

    Corruzione sottotraccia

    Sono 41 gli episodi di presunta corruzione avvenuti nelle Autorità di Sistema portuale italiane tra il 2018 e il 2024. Questa prima fotografia, che sicuramente non restituisce l’insieme dei fenomeni corruttivi avvenuti nei porti italiani, si basa sull’analisi delle Relazioni del Responsabile della Trasparenza e della Prevenzione della Corruzione pubblicate sui siti di tutte le Autorità di Sistema Portuale. Il monitoraggio ha dunque riguardato 16 enti pubblici per un arco temporale di 7 anni.

    Francesca Rispoli, copresidente di Libera

    “Libera si occupa da trent’anni di mafie e corruzione: nell’arco di questi tre decenni abbiamo seguito i movimenti delle organizzazioni criminali nei luoghi dove si generano potere, denaro e controllo. I porti – dichiara Francesca Rispoli, copresidente di Libera – in questo senso, non sono solo snodi della logistica e del commercio internazionale, ma veri e propri territori strategici in cui si concentrano interessi economici, infrastrutturali e criminali. Questi luoghi, apparentemente “di passaggio”, sono in realtà porte d’ingresso e di uscita per traffici leciti e illeciti. Sono spazi in cui mafie e corrotti trovano terreno fertile per operazioni di contrabbando, traffico di droga, frodi fiscali, ma anche per inserirsi nelle catene logistiche legali, infiltrare imprese, pilotare appalti, e riciclare denaro. L’analisi delle attività criminali nei porti rivela non solo la pervasività della criminalità organizzata, ma anche le vulnerabilità del sistema pubblico e privato che li gestisce. In un contesto in cui miliardi di euro di fondi pubblici sono destinati all’ammodernamento e allo sviluppo delle infrastrutture portuali – anche attraverso il PNRR – è essenziale accendere i riflettori su questi luoghi. Il report – conclude Francesca Rispoli, copresidente di Libera – nasce, quindi, dalla volontà di colmare un vuoto di conoscenza e di offrire uno strumento di lettura per cittadini, istituzioni e operatori del settore, per comprendere come e dove si manifestano gli interessi criminali nei porti italiani, con l’auspicio di rendere questi luoghi meno permeabili alle infiltrazioni mafiose e corruttive”. (Fonte Associazione Libera)




  • Siracusa
    Siracusa, beni per 3,5 milioni di euro sequestrati al boss Pippo Floridia
    Floridia si trova rinchiuso al 41-bis
    Redazione18 Aprile 2025 - Cronaca



  • Cronaca

    Siracusa – Colpo al patrimonio illegale della famiglia mafiosa di Pippo Floridia. I finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Siracusa, hanno eseguito un provvedimento di sequestro di beni per 3,5 milioni di euro nella disponibilità di Pippo Floridia.

    L’uomo è ritenuto il reggente della cosca mafiosa “Nardo”, storicamente egemone nel comprensorio settentrionale della provincia. Floridia, detenuto dal 2016 in regime di 41-bis in Umbria, è gravato da più condanne in via definitiva per associazione mafiosa, rapina ed estorsione.

    Le indagini della Guardia di Finanza

    Le indagini delle fiamme gialle hanno consentito di ricostruire un articolato sistema imprenditoriale, mediante il quale Floridia ha esercitato, per oltre un ventennio, un’attività economica nel settore del trasporto di merci su strada, attraverso la costituzione e l’interposizione fittizia di più società, formalmente intestate a persone di fiducia in prevalenza familiari stretti al fine di eludere ogni forma di controllo e schermare la reale titolarità delle attività economiche.

    Il meccanismo utilizzato

    Praticamente gli investigatori hanno accertato che attraverso operazioni societarie complesse, a partire dal trasferimento occulto dei clienti, dei beni aziendali e dei mezzi strumentali da un’impresa all’altra, l’appartenente al clan Nardo si è sottratto agli obblighi fiscali e patrimoniali, mantenendo al contempo continuità nell’attività imprenditoriale.

    I beni sequestrati

    Il sequestro ha interessato: due fabbricati (capannoni e uffici) ad Augusta, edificati abusivamente e oggi adibiti a sede operativa di una delle società riconducibili al boss, un appezzamento di terreno di oltre 5 mila metri quadri nell’agro di Augusta, sul quale insiste un immobile di circa 100 metri quadri, pure abusivo, altri terreni per una estensione superiore a un ettaro, su cui sorge un fabbricato ristrutturato e trasformato in struttura ricettiva formalmente intestata a un congiunto dell’esponente del clan, due società del trasporto merci su strada, nonché somme di denaro depositate su conti correnti bancari intestati alla moglie, valore complessivo di oltre 3,5 milioni di euro.





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