Trapani
Quattro amici a Custonaci
Processo Scialandro. Mafia: prosegue dinanzi al Tribunale la testimonianza del maggiore Vito Cito
Redazione8 Marzo 2025 - Cronaca
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    Trapani – Non tutte le ciambelle riescono col buco, e anche questo avevano messo in conto coloro i quali secondo la Procura antimafia di Palermo facevano parte della cosca mafiosa di Custonaci. Qualcosa non riusciva ma tante altre cose finivano sotto il loro controllo. Particolari che sono stati oggetto ancora nell’udienza di oggi scaturita dall’operazione antimafia “Scialandro” e che si sta svolgendo dinanzi al Tribunale, collegio presieduto dal giudice Daniela Troja con a latere i giudici Marroccoli e Cantone.

    Sentito il Maggiore dei carabinieri Vito Cito

    Per la seconda udienza consecutiva ha deposto come testimone uno degli investigatori che ha firmato l’informativa, il maggiore dei Carabinieri, Vito Cito, appartenente al Roni del comando provinciale di Trapani. Scorrendo alcune delle tantissime intercettazioni, il maggiore Cito si è soffermato su alcune delle conversazione tra gli indagati che hanno avuto come oggetto l’affidamento diretto di appalti pubblici, come i lavori per il lungomare della frazione di Cornino, la fornitura di servizi alla collettività, come quello idrico, l’intestazione fittizia di beni, ma anche i rapporti con la politica e la pubblica amministrazione. Questo resta un aspetto di grande rilevanza, già per la circostanza che nella giunta comunale all’epoca guidata dal sindaco Giuseppe Morfino, sedeva come vice sindaco Carlo Guarano, tra i condannati nell’altro troncone processuale tenutosi col rito abbreviato.

    La mancata costituzione di parte civile e il fastidio per certa Stampa locale

    Proprio scorrendo la parte diciamo “politica” il maggiore Cito ha citato alcune intercettazioni dalle quali è emerso con chiarezza di toni, anche aspri, e non certo leggeri nelle espressioni usate, il fastidio per la cronaca giornalistica della testata Alqamah.it e del giornalista Rino Giacalone, allorquando con un articolo venne resa nota la mancata costituzione del Comune di Custonaci, come parte civile, nel processo che vedeva imputato il riconosciuto capo mafia di Custonaci Giuseppe Costa. Una costituzione che era stata annunciata ma che non venne esercitata. Una vicenda che era stata anche oggetto di una interrogazione in Consiglio comunale da parte dell’opposizione all’epoca rappresentata dall’odierno deputato regionale di Fdi Giuseppe Bica. L’articolo e gli interventi consiliari vennero qualificati – nella migliore delle parole usate – come vespaio mediatico, ma le intercettazioni hanno svelato che la mancata costituzione di parte civile non era stata una dimenticanza, o peggio ancora la conseguenza, lamentata dal sindaco Morfino, di una mancata comunicazione da parte dell’autorità giudiziaria che a suo dire avrebbe dovuto notificare la richiesta di rinvio a giudizio. All’epoca Morfino ebbe anche a lamentarsi della stampa “che non aveva dato notizia dell’avvio del processo contro Costa”.

    Il contenuto delle intercettazioni

    Ma ieri in aula il maggiore Cito ha fatto cenno al contenuto di una intercettazione dove a parlare con i suoi soliti “quattro amici” era il vice sindaco Carlo Guarano che in particolare così parlava con uno degli attuali imputati accusati di mafia, Mario Mazzara, peraltro imparentato con Giuseppe Costa: “che vuoi compare io ero riuscito a metterci una pietra sopra…Costa quale danno d’immagine poi aveva provocato”. Il nome di Costa è “pesante”, si tratta della stessa persona che è stata anche condannata per aver partecipato al sequestro del piccolo Giuseppe Di Matteo, fu uno dei suoi “carcerieri” nel periodo in cui il ragazzino, figlio del pentito Santino Di Matteo, venne nascosto nella frazione di Purgatorio, prima di essere ucciso per ordine di Brusca. Guarano, lo stesso intercettato a sparlare dei giudici Falcone e Borsellino, o a pretendere che i familiari del giudice Capponnetto dovevano pagare una targa posta in Municipio, da una parte dicevano di combattere Cosa nostra mentre ne facevano parte, e si sperticavano di risate, ancora durante una conversazione è stato sentito esprimere propositi rancorosi contro l’attuale sindaco di Custonaci Fabrizio Fonte, all’epoca esponente dell’opposizione politica al sindaco Morfino, e Giuseppe Bica: “Fonte è pericoloso ci sta rompendo la minchia ” e Mazzara di rimando proponeva che “bisognava alzargli contro le mani”.

    Il controllo degli appalti

    Il controllo degli appalti è stato un altro aspetto toccato dal maggiore Cito. Oggetto delle intercettazioni le conversazioni tra Baldassare Bica e il sindaco Morfino, e ancora quelle con Carlo Guarano e l’imprenditore Marceca, quest’ultimo sebbene debitore con il Comune di Custonaci doveva risultare affidatario di alcune opere. Una figura emersa quella di un ex dipendente comunale, Baldassare Campo (il figlio componente della Giunta Morfino) che secondo le indagini si muoveva addirittura “quasi sembrando che il sindaco fosse lui”.

    I “quattro amici”

    Quando i “quattro amici ” si incontravano, in una occasione furono sentiti dire che “possiamo parlare tutti assieme perché tutti una cosa noi siamo”. “Rapporti equivoci” infine sono stati definiti quelli tra un ispettore all’epoca in servizio alla Dia, Nicola Asta, ora in pensione, con gli imprenditori Marceca e Bica, scoperti “a fare viaggi in Marocco dove si occupavano di affari nel mondo della lavorazione marmifera. Infine il capitolo della distribuzione idrica in città. Un affare finito nelle mani di un altro soggetto frattanto condannato per mafia, Paolo Magro: “lui faceva da autista di una ditta e riceveva da Guarano e Morfino le indicazioni di dove portare l’acqua”.




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