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Italia: pensione a 71 anni entro il 2060
L’Ocse lancia l’allarme: nel 2060 l’Italia avrà una delle età pensionabili più alte d’Europa, con forti ripercussioni per i giovani lavoratori.
Redazione27 Maggio 2025 - Economia



  • Cartello stradale con scritta “Pensione uscita” su sfondo blu, simbolo dell’uscita dal lavoro verso la pensioneEconomia

    Italia – “Andremo in pensione a 71 anni”: non è lo sfogo di un lavoratore stanco, ma lo scenario tracciato dall’ultimo rapporto Ocse – Pensions at a Glance. E riguarda chi ha iniziato a lavorare appena ieri, nel 2022. Se nulla cambia, nel 2060 l’Italia sarà uno dei Paesi europei dove si lavorerà più a lungo. Più di Francia, Germania e perfino della severa Svezia.

    Il dato: 71 anni per lasciare il lavoro

    Oggi l’età legale per la pensione è di 67 anni, sia per uomini che per donne. Ma chi ha appena messo piede nel mondo del lavoro rischia di dover aspettare ben quattro anni in più prima di dire addio alla scrivania o alla catena di montaggio. Colpa – si fa per dire – di un meccanismo di adeguamento automatico legato alla speranza di vita, inserito nel sistema dalla riforma Fornero del 2011. Ogni due anni, l’età pensionabile viene rivista.

    L’Italia che invecchia e lavora più a lungo

    C’è un nodo che stringe sempre di più: l’invecchiamento della popolazione. Gli italiani vivono più a lungo – ed è una buona notizia – ma questo significa anche più anni da mantenere con la pensione. In un sistema a ripartizione, dove i lavoratori attivi pagano le pensioni dei pensionati, il calo delle nascite e il declino della popolazione attiva rischiano di mandare tutto fuori equilibrio.

    Secondo l’Istat, entro il 2050 ci saranno 5 milioni di lavoratori in meno. E chi resterà dovrà tenere in piedi un sistema sempre più costoso: la spesa pensionistica ha già superato il 16% del PIL, uno dei valori più alti d’Europa.

    Le opzioni oggi: non per tutti

    Certo, non mancano alternative alla pensione di vecchiaia. Ma sono per pochi e spesso durano lo spazio di una legislatura. Qualche esempio?

    • Quota 103: 62 anni d’età e 41 di contributi
    • Opzione Donna: 35 anni di contributi, requisiti specifici
    • APE sociale: solo per alcune categorie considerate fragili

    Strade strette, per chi ha carriere discontinue, lavori saltuari o ha cominciato a versare tardi.

    L’assegno? Sempre più magro

    Come se non bastasse, anche l’importo della pensione rischia di diventare più leggero. Il tasso di sostituzione – ovvero quanto la pensione “copre” rispetto all’ultimo stipendio – in media si aggira sul 60%, ma può scendere anche sotto il 50% per chi ha versato poco o a intermittenza. Un incubo, soprattutto per i giovani costretti a vivere di stage, part-time e contratti precari.

    Prospettive e vie d’uscita

    Il quadro è chiaro: l’età si alza, i contributi scarseggiano, le pensioni si assottigliano. E i margini per far finta di nulla si assottigliano anche loro. Secondo l’Ocse, solo Danimarca (74 anni) ed Estonia (71) avranno un’età di pensionamento più alta della nostra.

    Cosa fare allora? Gli esperti indicano almeno tre piste su cui lavorare, e in fretta:

    • Incentivare la previdenza complementare, per integrare l’assegno pubblico
    • Rendere il lavoro più stabile e dignitoso, specie per i giovani
    • Investire sulla natalità e sull’invecchiamento attivo, perché un Paese senza figli è un Paese senza futuro

    Il futuro della pensione non è solo una questione contabile. È il nodo di una società intera, che dovrà decidere se continuare a chiedere sempre di più a chi lavora… o immaginare un nuovo equilibrio, più equo e sostenibile.

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