Trapani – Dopo gli arresti operati dalla guardia costiera ieri mattina (29 settembre 2025) all’interno della Riserva Naturale Saline Trapani e Paceco, arriva il grazie da parte della direzione della Riserva.
“Negli anni i militari hanno operato con costanza, professionalità e determinazione su più fronti: difendendo le nostre acque, il suolo e l’aria, prevenendo e reprimendo condotte illecite che minacciano un patrimonio unico e fragile” sottolinea la direttrice della Riserva, Silvana Piacentino.
“La Capitaneria di Porto ha svolto un ruolo fondamentale nel contrasto alle pratiche illecite che minacciano il patrimonio ambientale. Non è un caso che, nelle vicinanze della riserva, siano stati segnalati e perseguiti casi di privati e ditte, sottoposti a misure cautelari per aver interrato, smaltito o bruciato rifiuti accanto all’area protetta. Tuttavia, non basta fermare gli abusi: le aree deturpate impoverite dal degrado e dall’inquinamento, devono essere recuperate e risanate. In questo percorso di tutela, è importante sottolineare la grande sinergia tra la Capitaneria di Porto di Trapani e il WWF, ente gestore della Riserva, che da anni lavorano fianco a fianco per salvaguardare un ecosistema straordinario e le sue peculiarità, garantendo che natura, biodiversità e tradizioni millenarie come la produzione ancora artigianale del sale possano continuare a vivere e a essere tramandate. “L’intervento di questi giorni – continua Piacentino – assume un significato ancora più forte se si considera che il luogo dove avveniva tutto si trova accanto alla Riserva e alle vasche di produzione del prezioso sale marino”.
Poi il grazie alla Procura di Trapani, “che con costanza sostiene queste azioni di legalità e tutela ambientale” continua la direttrice dell’area protetta.
Ben 11, dal 2023, gli arresti e le condanne per reati legati a rifiuti, illecito smaltimento, combustione e traffico, concentrati proprio nell’area accanto alla Riserva, a pochi metri dalla strada provinciale 21. Condotte illecite che andavano avanti da anni, causando un danno ambientale gravissimo come testimoniano le immagini raccolte negli anni, un fenomeno esteso e continuativo su un’area vasta, che ha richiesto un lavoro costante e capillare. Questa è la prova che non bastano operazioni spot ma serve un’azione continua e coordinata, per reprimere gli illeciti ma anche per avviare interventi di risanamento e restituire questi luoghi alla collettività e alla natura.
“Infatti, nonostante arresti e condanne – come già avvenuto in passato con le note misure cautelari che coinvolsero diversi imprenditori della zona – siamo ancora alle solite: chi brucia continua a bruciare, chi smaltisce illegalmente continua a farlo. Il motivo è chiaro, un problema culturale. In alcuni casi si tratta di comportamenti dettati da ignoranza e dalla mancanza di consapevolezza del danno arrecato. In altri, di veri e propri traffici di rifiuti organizzati per trarre profitto. Ma la questione riguarda anche tutti noi: rimanere indifferenti di fronte a discariche, furgoni carichi di rifiuti o a colonne di fumo che si alzano nell’aria significa voltarsi dall’altra parte. È qui che si gioca la sfida culturale: comprendere che difendere l’ambiente significa difendere la salute e il futuro della nostra comunità” conclude la direttrice.