Trapani – di Rino Giacalone – Aveva trent’anni, era tunisino, si trovava in cella per reati di spaccio, ma le sue condizioni avrebbero voluto che fosse magari ricoverato in una struttura sanitaria o in una comunità protetta. Aveva tentato il suicidio, era stato in ospedale, tornato in cella ha insistito nel suo volere di farla finita, stavolta riuscendoci. Era affetto da patologie psichiche, ma non si capisce come mai restava in carcere. Adesso ci sono le interrogazioni parlamentari, presentate al ministro della Giustizia Nordio, attendiamo le sue risposte. Ma il punto è un altro. Non è solo sulla morte di questo detenuto che Nordio deve rispondere. Deve spiegare perché soldi per il carcere di Trapani il suo ministero non ne trova. Qualche mese addietro una indagine della Procura di Trapani portò ad alzare il velo su alcune segrete vicende che sarebbero avvenute dentro questa casa di reclusione. Alcuni agenti sono stati arrestati con l’accusa di aver torturato dei detenuti. Una vicenda giudiziaria ancora aperta, ma non è di questo che vogliamo oggi scrivere. Quella indagine portò alla chiusura di un reparto del carcere, riconosciuto essere inadeguato, inagibile, non frequentabile. A distanza di mesi quel reparto resta chiuso, in un carcere sovraffollato. Nessuno si occupa del suo ripristino. L’emergenza giustizia non esiste per chi è qui rinchiuso o per gli agenti e gli operatori penitenziari che qui lavorano. E’ questo il vero tema. E’ l’argomento principe, qui si violano le norme penali sulla rieducazione, qui chi lavora lo fa oltre ogni limite di sopportazione. La mortificazione della persona, è questo quello di cui si dovrebbe discutere. Ma passerà anche l’indignazione per quest’ultimo triste episodio, e si tornerà al solito andazzo. Può essere giusto tutto questo? Pensiamo proprio di no.
Parla Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa polizia penitenziaria.
Ci ricorda che ad oggi in Italia sono 44 (più uno ammesso al lavoro all’esterno e un altro in una Rems) la tragica conta dei detenuti che si sono tolti la vita dall’inizio dell’anno, cui bisogna aggiungere 3 operatori.
“Una mattanza senza fine, mentre il ministro della giustizia, Carlo Nordio, e il governo Meloni – aggiunge De Fazio – continuano a pestare l’acqua nel mortaio annunciando provvedimenti, per lo più triti e ritriti, di sicura inefficacia, al pari di quello adottato un anno fa (decreto-legge 92/2024)”.
La situazione a Trapani è drammatica. “Ci sono 524 reclusi sono stipati in 497 posti disponibili, mentre gli operatori di polizia penitenziaria assegnati sono 260, quando ne servirebbero almeno 417, con un deficit di oltre il 35%, – aggiunge il segretario della Uilpa – tanto che capita che un solo agente debba occuparsi, per esempio, di sorvegliare a vista ben 4 detenuti contemporaneamente”
Il “dramma della detenzione in Italia”. Così scrivono in una nota congiunta Debora Serracchiani, responsabile nazionale Giustizia del PD, e Giovanna Iacono deputata Dem. Presenteremo un’interrogazione parlamentare al ministro della Giustizia, Carlo Nordio, in merito a questa ultima tragedia per chiedere conto della gestione di quella che è divenuta ormai una vera e propria emergenza suicidi nelle carceri italiane, e in particolare nella struttura trapanese. Chiederemo al ministro di chiarire quali misure di prevenzione siano state adottate nella Casa circondariale di Trapani dopo i precedenti casi di tentativi di suicidio e di autolesionismo e cosa intende fare rispetto all’inadeguatezza di quei luoghi ormai sempre più invivibili e a rischio collasso”. “Abbiamo chiesto più volte al governo di farsi carico di misure straordinarie e di investimenti concreti per fermare l’emergenza carceraria in Italia, e per tutelare la vita e la dignità delle persone detenute. Non possiamo più tollerare – concludono – che le carceri continuino a essere dei luoghi di morte e di disperazione e in cui i diritti della persona vengono quotidianamente mortificati e annullati”.
Proprio nel carcere di Trapani pochi giorni addietro erano venuti a far visita ispettiva due esponenti di AVS, il deputato Marco Grimaldi e il segretario regionale Pierpaolo Montalto, avvocato penalista. “Solo pochi giorni fa – scrivono – avevamo denunciato le condizioni inaccettabili del carcere di Trapani, l’assenza di un’adeguata assistenza sanitaria per la salute mentale dei detenuti e, soprattutto, la presenza tra la popolazione carceraria di soggetti con evidenti patologie psichiatriche o con palesi disturbi psichici. Oggi apprendiamo la tragica notizia del suicidio di un ragazzo di 30 anni che aveva già manifestato gravi disagi mentali. Un suicidio che appare come l’inevitabile conseguenza della condizione disumana in cui i detenuti sono costretti a vivere la loro carcerazione. Ci aspettiamo, a questo punto, immediati interventi di tutte le istituzioni competenti, perché la serie di drammatici eventi che si sono verificati nel carcere di Trapani si interrompa e vengano trovate soluzioni concrete, subito. Soluzioni reali per tutelare la popolazione carceraria, ma anche per migliorare le condizioni di lavoro di chi presta servizio dentro un “non luogo” reso invivibile da degrado, alienazione e sofferenza. Quanto abbiamo visto con i nostri occhi nel carcere Cerulli, non è in alcun modo compatibile né con il rispetto della nostra Costituzione, né con qualsiasi tutela dei più basilari diritti umani. Se vogliamo davvero mostrare rispetto per questa ennesima vittima, un ragazzo che era stato affidato alla responsabilità dello Stato, le condizioni vergognose del carcere di Trapani devono cambiare radicalmente e nel più breve tempo possibile”.
Il carcere di Trapani un luogo tremendo, lontano dai pensieri di chi Governa. Un luogo di abbandono e illegalità. Nessuna delle autorità competenti a intervenire si accorge del contesto ambientale: 40 gradi all’interno delle celle, blackout elettrici, sporcizia e degrado ovunque. La totale assenza di un’assistenza sanitaria e psichiatrica adeguata. Pierpaolo Montalto è chiaro nell’evidenziare una situazione “di gravità inaudita, che viola la Costituzione e svuota completamente il carcere della sua funzione rieducativa”. Celle minuscole con cinque persone stipate come in un forno, detenuti imbottiti di psicofarmaci come il Rivotril, totale assenza di supporto educativo, psicologico e medico. “Abbiamo incontrato detenuti che da mesi attendono la visita del Sert, che non hanno mai parlato con un educatore. E c’è chi dovrebbe stare in ospedale, non dietro le sbarre”.
Tra le anomalie più gravi, anche l’orario dell’“ora d’aria” imposta tra le 13:00 e le 15:00, sotto il sole cocente, e la cena servita alle 15:00 del pomeriggio per carenza di personale.
Proprio ieri sul Corriere.it, la rubrica delle opinioni ha ospitato, sul tema dei suicidi in carcere, un articolo firmato da un magistrato, Filippo Messana, già consigliere della Corte di Appello e magistrato di sorveglianza. “L’attesa, il silenzio, l’indifferenza o peggio eventuali violenze subite all’interno dell’istituto costituiscono le peggiori incrinature dell’ attività di osservazione e del processo di reinserimento sociale in corso. E proprio l’assottigliarsi della speranza e la mancanza di certezze all’esterno del carcere sono all’origine della perdita di identità e anche del significato della pena che si sta scontando, non soltanto la mancanza di uno spazio vitale sufficiente, e che ne costituisce un’aggravante indiscutibile”.