Santo Domingo – Una tragedia che ha spezzato vite e sogni. Martedì scorso, nella capitale della Repubblica Dominicana, il tetto della discoteca Jet Set è crollato all’improvviso, causando almeno 218 morti. Due gli italiani coinvolti. Uno di loro era catanese.
Luca Massimo Iemolo aveva 48 anni ed era nato a Catania. Aveva studiato all’alberghiero e un anno fa aveva fatto le valigie per inseguire il sogno caraibico: lavorare come chef a Santo Domingo.
Amava la cucina, ma anche la musica e il ballo: salsa e merengue erano la sua passione. Lo racconta con emozione Stefano Bonnici, un altro catanese, amico fraterno di Massimo: “Eravamo stati lì insieme solo due giorni prima del crollo. Quando ho saputo della tragedia mi sono precipitato. Ho visto con i miei occhi corpi estratti uno a uno dalle macerie. Uno strazio. Massimo era una persona generosa, forte, tenace”.
A ricordarlo pubblicamente è anche il Sarah Restaurant, il locale dove lavorava a Santo Domingo. In un post su Instagram, lo staff ha espresso “profondo dolore per la perdita del nostro chef, Luca Massimo Iemolo, un professionista appassionato, dedito al suo lavoro, rispettoso e amato”.
Un dolore che si allarga fino a Catania, sua città natale, dove la notizia ha colpito amici, parenti e conoscenti. Le sue radici siciliane erano forti e orgogliose, e anche se la vita lo aveva portato lontano, Massimo restava legato alla sua terra.
Le autorità dominicane parlano di un bilancio drammatico: almeno 218 morti, mentre 189 persone sono state estratte vive dalle macerie. Lo ha confermato Juan Manuel Mendez, direttore del Centro Operativo di Emergenza (Coe).
Il disastro ha scosso l’intero Paese e anche la comunità italiana all’estero. La Farnesina ha confermato l’identità delle vittime e sta seguendo da vicino l’evoluzione delle operazioni di soccorso.
La morte di Massimo Iemolo non è solo una notizia di cronaca. È la fine di un sogno iniziato a Catania e spezzato troppo presto a Santo Domingo. È un ricordo che resterà vivo in chi lo ha conosciuto, nella sua città e tra le cucine che aveva saputo far vibrare con amore e talento.
Trapani – In questi giorni, grazie all’impegno di Libera, Trapani è diventata luogo di memoria viva. Una città che non dimentica, ma che soprattutto guarda avanti con coraggio. È questa la primavera della memoria, quella che unisce passato e futuro, dolore e speranza.
Il ritorno della bella stagione coincide con l’arrivo di chi porta sulle spalle il peso di una perdita, ma nel cuore la forza del cambiamento. Familiari provenienti da tutta Italia sono giunti a Trapani per ricordare, ma anche per testimoniare che la giustizia e la verità sono ancora possibili.
Nelle scuole, nelle piazze, tra le vie del centro, si respira una partecipazione diversa, autentica. Non è solo commemorazione, è impegno collettivo. È un popolo che si stringe attorno a chi ha sofferto, trasformando il dolore in energia positiva.
L’associazione Libera continua a essere un faro per chi crede in un Sud diverso. Le sue iniziative non si fermano al ricordo, ma coinvolgono i giovani, formano coscienze, costruiscono ponti tra generazioni.
Il lavoro quotidiano di Libera a Trapani – come nel resto d’Italia – è il seme di un cambiamento profondo. I nomi delle vittime non restano scritti solo su un elenco: diventano storie, volti, esempi. E con loro, germoglia una nuova cultura della legalità.
Trapani ha bisogno di questi segnali. Ha bisogno di sentirsi parte attiva nella lotta alla mafia. E la primavera è il tempo perfetto per seminare nuove consapevolezze.
Il messaggio che arriva da questi giorni è forte e semplice: c’è speranza. Perché c’è memoria. E dove c’è memoria, può fiorire anche il futuro.
Se anche tu credi in una Trapani diversa, fatta di legalità, giustizia e impegno, condividi questo articolo. Partecipa agli eventi promossi da Libera, segui il nostro giornale per non perdere aggiornamenti e storie di cambiamento.
Trapani – Prosegue il cammino dell’associazione Libera verso l’appuntamento del 21 marzo, giornata dedicata al ricordo delle vittime innocenti delle mafie e che vedrà proprio a Trapani lo svolgersi dell’appuntamento nazionale. Prossimo appuntamento dei 100 passi verso il 21 marzo è l’incontro organizzato per il 4 marzo da Libera assieme all’Anpi, l’associazione nazionale partigiani d’Italia.
Nell’aula dedicata al prefetto Fulvio Sodano, a Trapani, Palazzo D’Alì, i giornalisti Fabio Pace e Rino Giacalone dialogheranno con l’avvocato Armando Sorrentino autore col giornalista Paolo Mondani, del libro edito da Castelvecchi “Chi ha ucciso Pio La Torre? Omicidio di mafia o politico?”. Sono trascorsi 43 anni dalla barbara uccisione del deputato e segretario del Pci siciliano Pio La Torre. Chi sono stati gli autori? Si disse la mafia. Negli anni della sua attività di sindacalista, politico e parlamentare, Pio La Torre, un gigante della politica, di nemici ne ha incontrati tanti sulla propria strada. Gli ultimi quelli che hanno osteggiato la sua battaglia contro l’installazione dei missili a Comiso. Una sfida che ha trascinato centinaia di migliaia di persone, a partecipare alla grande manifestazione pacifista.
La Torre era “un trascinatore di popolo” e, quindi, da eliminare. Di Pio La Torre, del suo assassinio, insieme al suo autista Rosario Di Salvo, hanno scritto Paolo Mondani, notissimo giornalista, firma di punta di Report e Armando Sorrentino, militante politico nella sinistra e avvocato, che ha rappresentato la parte civile per i delitti politici di Reina (ex segretario DC), Mattarella, La Torre e Di Salvo.
Oggi Sorrentino è un dirigente dell’ANPI, componente del coordinamento regionale dell’Associazione Nazionale Partigiani.
Martedì 4 marzo, alle ore 17.30, nella sala Sodano del Palazzo Comunale di Trapani, i giornalisti Fabio Pace e Rino Giacalone dialogheranno con Armando Sorrentino, che parlerà di Pio La Torre “uomo”, dei misteri che si celano riguardo alla sua morte, in un incontro voluto dalla sezione ANPI di Trapani ,nel quadro delle iniziative promosse da Libera “verso il 21 marzo”, data dedicata alla “ Giornata nazionale dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie” .
Palermo – Il 14 gennaio 1968 il violento sisma che devastò la Valle del Belìce. Nelle celebrazioni per ricordare le vittime si discute ancora dei ritardi nelle opere di ricostruzione in tutta la Valle che comprende 17 Comuni tra le province di Trapani, Agrigento e Palermo. A 57 anni dal terremoto che sconvolse la Valle, in alcuni comuni mancano ancora le opere di urbanizzazione primaria, altri vuoti per via del grande esodo verso il nord soprattutto di giovani, con le case che si sono svuotate e l’agricoltura sempre più in crisi.
«Ricordiamo, con profonda commozione e rispetto, il cinquantasettesimo anniversario del tragico terremoto che colpì il Belìce nella notte tra il 14 e il 15 gennaio 1968, causando lutti e sofferenze che hanno segnato per sempre la storia della nostra terra. Quella tragedia non è solo un ricordo doloroso, ma anche un monito per tutti noi a non abbassare mai la guardia di fronte ai rischi naturali e a impegnarci costantemente per la sicurezza e il benessere delle nostre comunità».
Aggiunge Schifano: «La Regione è al fianco della popolazione di quella valle, custode della memoria di un territorio che ha saputo risollevarsi con dignità e determinazione. La catastrofe del 1968 ci ha insegnato l’importanza della solidarietà e della collaborazione. È nostro dovere, oggi più che mai, trasformare quel dolore in uno stimolo per costruire un futuro migliore per le nuove generazioni. Il mio pensiero va alle vittime di quella terribile notte, alle loro famiglie e a tutti coloro che, con impegno e speranza, hanno contribuito alla rinascita di questa terra».