Se c’è un luogo capace di raccontare la storia millenaria della Sicilia, questo è sicuramente uno dei borghi più affascinanti dell’isola. Immerso in un paesaggio dominato dall’Etna, tra antiche pietre laviche e architetture medievali, questo borgo custodisce segreti, tradizioni e un fascino senza tempo.
Passeggiando per le sue strade, si ha la sensazione di essere sospesi nel tempo. Il centro storico è un autentico gioiello architettonico, dove il nero intenso della pietra lavica si mescola con il calore delle abitazioni storiche. Le chiese imponenti, i palazzi nobiliari e le strette viuzze raccontano di un passato glorioso, quando il borgo era un crocevia di culture e commerci.
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Tra le attrazioni più suggestive, spiccano le antiche chiese, veri scrigni d’arte sacra. La più celebre custodisce affreschi, sculture e dettagli in pietra lavica che incantano i visitatori. Il borgo è anche ricco di musei e collezioni private, che conservano reperti e testimonianze del suo glorioso passato medievale.
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A rendere questo borgo ancora più straordinario è la sua posizione privilegiata. Circondato da vigneti e uliveti, offre panorami mozzafiato sul vulcano e sulle vallate circostanti. Durante le diverse stagioni, il paesaggio cambia veste: in inverno le cime innevate creano un contrasto magico con il nero della lava, mentre in estate il verde intenso della vegetazione avvolge il borgo in un abbraccio rigenerante.
Non si può visitare questo borgo senza lasciarsi conquistare dai sapori della cucina locale. I prodotti tipici raccontano la storia di una terra generosa: dai formaggi stagionati ai salumi artigianali, passando per il vino rosso corposo, che nasce proprio dalle vigne cresciute sulle terre vulcaniche. I dolci tradizionali, spesso a base di mandorle e pistacchio, sono una vera delizia per il palato.
Il borgo è facilmente raggiungibile da Catania in circa un’ora di auto, percorrendo la SS284. Per chi preferisce i mezzi pubblici, è possibile prendere un treno dalla stazione di Catania fino alla fermata locale, oppure optare per autobus di linea che collegano il borgo ai principali centri della regione.
Questo incantevole borgo non è altro che Randazzo, una delle mete più autentiche della Sicilia. Con il suo fascino medievale, il legame profondo con l’Etna e le sue tradizioni ancora vive, Randazzo è una destinazione imperdibile per chi ama la storia, la natura e la buona cucina.
Se in Sicilia pronunci la parola “ceusi”, chiunque abbia radici ben piantate nella tradizione popolare capisce subito di cosa stiamo parlando: i succosi frutti del gelso nero, quei piccoli scrigni di dolcezza che, una volta maturi, tingono le mani di un viola profondo e inconfondibile. Il loro sapore, dolce e leggermente acidulo, racconta storie di estati assolate, di raccolti fatti con le dita appiccicose e di nonne che trasformavano questi frutti in delizie indimenticabili.
Il gelso nero (Morus nigra) è una pianta antica, portata in Sicilia probabilmente dagli Arabi, che trovarono nel nostro clima il terreno ideale per la sua coltivazione. Non era solo un albero da frutto: le sue foglie erano utilizzate per nutrire i bachi da seta, facendo della Sicilia uno dei centri nevralgici della produzione serica. Ma per i siciliani il vero tesoro del gelso nero erano e rimangono i “ceusi”, che diventavano un ingrediente prezioso in molte ricette della tradizione.
Il “frutto” di gelso nero era un’usanza comune nelle famiglie siciliane di un tempo. Si trattava di una sorta di conserva casalinga che permetteva di godere del sapore dei ceusi anche fuori stagione. Prepararlo era un rituale che riuniva generazioni: i frutti venivano raccolti all’alba, quando erano ancora freschi di rugiada, e subito trasformati.
Non c’è estate siciliana senza una granita, e quella ai ceusi è una delle più autentiche. Per prepararla si frullano i gelsi neri con zucchero e succo di limone, si passa al setaccio per eliminare i semini e si lascia ghiacciare, mescolando di tanto in tanto per ottenere la consistenza perfetta. Servita con una brioche col tuppo, è il massimo del piacere nelle calde giornate estive.
Un tempo non c’erano supermercati colmi di prodotti industriali: le nostre nonne si affidavano alla natura per le loro dispense. La marmellata di ceusi si preparava con frutti maturi, zucchero e una spruzzata di limone. Cotta a fuoco lento fino a diventare densa e profumata, veniva conservata in barattoli per accompagnare il pane o farcire dolci.
In alcune zone della Sicilia, i ceusi venivano lasciati fermentare con lo zucchero per ottenere un vino casalingo, dolce e aromatico, perfetto per accompagnare i biscotti secchi o per brindare durante le feste di paese.
Oggi il gelso nero è meno diffuso di un tempo, ma chiunque lo abbia assaggiato conserva il ricordo di quei frutti che macchiavano le mani e regalavano sapori intensi. Alcuni agricoltori stanno riscoprendo questa coltivazione, riportando i ceusi sulle nostre tavole e nei mercati, come un tesoro da proteggere e tramandare.
Chi ha vissuto le estati siciliane tra alberi di gelso sa che il sapore dei ceusi non è solo un gusto: è un ritorno all’infanzia, ai racconti dei nonni, ai profumi di cucina e al legame profondo con la terra. Perché, in fondo, la Sicilia è anche questo: un insieme di sapori, di storie e di ricordi che continuano a vivere nei suoi frutti più autentici.