Trapani – Ancora un’altra lunga udienza impegnata per cinque ore con la requisitoria del pm Sara Morri nel processo scaturito dall’operazione dei Carabinieri di Trapani, marzo 2019, cosiddetta “Artemisia” e che si celebra dinanzi al Tribunale di Trapani, presieduto dal giudice Franco Messina, a latere i giudici Bandiera e Cantone. Quella di oggi non è stata però l’udienza finale, al pm ne servirà un’altra, il prossimo 28 febbraio, per toccare, prima delle richieste finali dell’accusa, l’ultimo dei 19 capi di imputazione, quello che ipotizza, a carico di sette dei diciassette imputati, l’esistenza di una associazione segreta, in violazione della legge Anselmi. Si tratta del capitolo investigativo relativo all’ipotesi dell’esistenza a Castelvetrano di una loggia massonica segreta, capeggiata dall’ex deputato regionale del centrodestra (Ncd) Giovanni Lo Sciuto.
Carte alla mano, la trascrizione delle intercettazioni, le deposizioni degli investigatori e di alcuni testi, i dialoghi intercettati in carcere di alcuni degli imputati, nonché il contenuto dei verbali di interrogatorio, il pm Sara Morri ha delineato quello che nel tempo sarebbe stato lo “sportello unico” per risolvere ogni “guaio” e ogni “problema”, guai e problemi di qualsivoglia natura, gestito dal principale degli imputati, l’ex deputato regionale Giovanni Lo Sciuto. Un impegno politico il suo sempre all’interno del centrodestra, da ultimo nella formazione Ncd che faceva riferimento all’allora ministro Angelino Alfano. Ad essere stati scandagliati i rapporti di corruttela tra Lo Sciuto e tre poliziotti, Salvatore Passanante, Salvatore Virgilio e Salvatore Giacobbe, nonché quelli tra l’ex deputato regionale e il coordinatore del servizio di medicina legale dell’Inps di Trapani, Rosario Orlando. Tutti legati con Lo Sciuto da “un patto”. Comune denominatore la “messa a disposizione”, ha affermato il pm Sara Morri, “per risolvere interessi privati”: a prescindere dall’esito di alcune segnalazioni o raccomandazioni, per la pubblica accusa “la corruzione è maturata già con la sola promessa”. E Lo Sciuto di promesse ne faceva tante, ogni giorno.
L’inchiesta ha fatto emergere la grande confidenza tra Lo Sciuto, i poliziotti sotto indagine e Orlando. I primi avrebbero tradito anche certe indagini. Orlando si occupava delle pratiche Inps indicate dal deputato e in cambio otteneva benefit, e di contro Lo Sciuto conteggiava i voti che otteneva per ogni pratica che andava in porto. Ai tre poliziotti, Passanante in servizio al Commissariato di Castelvetrano. Virgilio, alla Dia di Trapani, Giacobbe alla Questura di Palermo, il pm ha contestato comportamenti che non hanno onorato la divisa indossata e tutto questo per avere in cambio assunzioni di familiari presso l’Anfe (Formazione Professionale) di Paolo Genco o per avere risolte questioni burocratiche inerenti una coop che si occupava di accoglienza dei migranti. Rapporti di grande confidenza che hanno anche permesso a Lo Sciuto di apprendere cose che giammai avrebbe dovuto sapere, indagini della Procura di Marsala e la stessa indagine della Procura di Trapani, sfociata poi nell’odierno processo. Ma anche di una indagine della Procura di Palermo che aveva come bersaglio una donna che sarebbe stata in relazione con il presidente Anfe Genco, e che nel frattempo era uno dei “bersagli” nell’ambito della ricerca del latitante Matteo Messina Denaro. Una indagine quest’ultima svelata dal poliziotto Virgilio che, ha evidenziato l’accusa, faceva anche accessi abusivi alla banca dati delle forze dell’ordine. Da Giacobbe poi Lo Sciuto avrebbe appreso dell’indagine che lo riguardava, “hai il telefono sotto controllo”, lo avvertì Isidoro Calcara, anche lui imputato nel processo per essere stato una sorta di tuttofare del politico, e che era stato ultimo destinatario della notizia fornita dal poliziotto.
L’esistenza dell’indagine nei suoi confronti, Lo Sciuto la ebbe confermata dall’allora presidente dell’Ars, Francesco Cascio, che a sua volta aveva avuto conferma da Giovannantonio Macchiarola, capo di gabinetto del ministro Alfano (che all’epoca dei fatti sedeva al ministero degli Interni). Lo Sciuto se la prese a male con Cascio, perché appurò che il suo “amico” presidente dell’Ars sapeva dell’inchiesta già da un paio di mesi, ma si era guardato bene dall’informarlo, salvo darne conferma in occasione di un incontro ottenuto da Lo Sciuto a Palazzo dei Normanni: “quello minchia lo sapeva e non me lo ha detto – si sfogava l’on. Lo Sciuto con Calcara di ritorno da Palermo – sanno tutte cose (riferendosi ai magistrati ndr) sono bastardi”. Il medico Rosario Orlando era poi il grimaldello nelle mani di Lo Sciuto per la gestione delle pratiche per il riconoscimento delle invalidità all’interno dell’Inps di Trapani. E Orlando per i favori resi in un paio di occasioni chiese a Lo Sciuto il tornaconto per vedere aiutata la figlia a ottenere una borsa di studio presso l’Università di Palermo o ancora un posto nei beni culturali. Referente di Lo Sciuto all’epoca fu l’allora rettore, oggi sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, e poi gli ambienti romani, ancora Macchiarola per contattare il sottosegretario Dorina Bianchi. Altro favore chiesto quello per una sanatoria che riguardava un ristorante di Castelvetrano. Cascio, Lagalla e Macchiarola erano indagati, le loro posizioni sono state stralciate, e infine archiviate a Palermo e a Roma.
Castellammare del Golfo – In manette con l’accusa di truffa aggravata e sostituzione di persona un 49enne pregiudicato napoletano. L’uomo è stato arrestato dai carabinieri di Castellammare del Golfo che hanno eseguito un’ordinanza di misura cautelare degli arresti domiciliari, emessa dal Tribunale di Trapani.
Il provvedimento scaturisce da un’indagine scattata dopo la denuncia presentata, lo scorso mese di ottobre, da una donna di 78 anni che aveva subito una truffa col metodo del sedicente Carabiniere e del finto incidente stradale di un familiare.
La donna sarebbe stata contattata di buon mattino da un soggetto che, qualificatosi quale maresciallo dei carabinieri, le aveva richiesto soldi o monili in oro per risarcire la vittima di un finto incidente stradale causato dal figlio. Immediatamente si era quindi presentato a casa dell’anziana un complice (l’odierno arrestato) a cui la donna aveva poi consegnato monili in oro per un ammontare di circa 5000 euro.
La signora quindi aveva finalmente contattato il proprio figlio e qui l’amara sorpresa era stata truffata e quindi la conseguente denuncia ai carabinieri.
Grazie alla visione delle immagini di impianti di videosorveglianza pubblici e privati, i militari dell’arma sono riusciti ad individuare l’autore della truffa che è stato ora ristretto agli arresti domiciliari presso la propria abitazione di Caivano (NA).
L’Arma dei Carabinieri di Trapani, coordinata dalla Procura, ha svolto nei mesi scorsi diverse attività di contrasto al fenomeno delle truffe ai danni di anziani che hanno consentito di arrestare 3 persone in flagranza e denunciare numerose persone.
Continua a rimanere alto l’impegno dell’Arma anche sotto il profilo della prevenzione, con incontri da parte dei militari nei circoli ricreativi, associativi e nelle parrocchie per informare la cittadinanza del rischio e delle modalità con cui vengono perpetrate queste truffe.
Trapani – “Prendo atto della sentenza di assoluzione emessa dal Tribunale di Trapani nell’ambito dell’annosa querelle politica che mi vede contrapposto all’On.le Eleonora Lo Curto, querelle che quest’ultima ha voluto spostare dal piano politico a quello giudiziario”.
“Non è la prima volta che ciò accade se è vero, come è vero, che uno strascico del procedimento odierno si avrà sempre davanti al tribunale di Trapani il prossimo 13 marzo. Allo stato non posso che rilevare che il Tribunale di Trapani ha ritenuto legittimo il diritto di critica e replica politica, tanto mio quanto dell’Assessore Rosalia D’Ali, a fronte degli attacchi politici gratuiti e non richiesti sferrati dalla Lo Curto in danno del sottoscritto, dell’intera amministrazione comunale e della governance dell’Ente Luglio Musicale Trapanese. Ringrazio, per l’ennesima volta, i miei difensori”.
La vicenda risale al 2021 ed è relativa al contesto della polemica scoppiata l’anno prima relativamente al contributo regionale all’Ente Luglio Musicale trapanese. Tranchida era accusato di diffamazione “perché – si legge nel capo d’imputazione – nella sua qualità di sindaco del Comune di Trapani, offendeva la reputazione della Lo Curto”. Fu anche diffuso un comunicato stampa nel quale, secondo l’ex parlamentare, Tranchida “faceva affermazioni offensive”. La questione ruotava attorno ad una breve intervista rilasciata dalla stessa Eleonora Lo Curto all’emittente Telesud nella quale aveva dichiarato che un contributo stanziato dalla Regione Siciliana in favore dell’Ente Luglio Musicale trapanese era stato probabilmente cancellato.
Trapani – Pubblichiamo l’articolo comparso il 14 Maggio 2013 su “Il Fatto Quotidiano”.
La sua denuncia fece scoppiare il “caso Salemi”.
Oliviero Toscani il fotografo famoso nel mondo per i suoi scatti aveva seguito nel 2008 Vittorio Sgarbi nell’avventura politica in Sicilia dove il critico d’arte era stato eletto senza fatica sindaco della città trapanese. Dietro Sgarbi (che proprio oggi ha accettato l’incarico di assessore alla Cultura a Ragusa) grande promoter un ex deputato della Dc, Pino Giammarinaro, uno degli andreottiani di Sicilia, che volle Sgarbi candidato. Lo fece eleggere sindaco a furor di popolo. Ma contro Giammarinaro puntò il dito Oliviero Toscani, indicandolo come uomo della mafia. L’esperienza amministrativa si concluse con lo scioglimento per inquinamento mafioso dell’amministrazione Sgarbi. Giammarinaro uscito assolto da un processo per mafia si è ritrovato sorvegliato speciale e adesso destinatario di un provvedimento di sequestro di beni per 30 milioni di euro.
Oggi Toscani è stato sentito dai giudici del Tribunale delle misure di prevenzione di Trapani che stanno decidendo le sorti di Giammarinaro e del suo patrimonio. Citato dalla difesa, la sua deposizione è stata una spina al fianco dell’imputato Giammarinaro. Nessun passo indietro. Tutt’altro. “Qui a Salemi la mafia c’è come in qualsiasi parte d’Italia – ha detto Toscani – solo che qui più di altrove è come la colla che tutto cattura, c’è un sistema impregnato di questa colla”. Tra tanti “patti” che nel tempo hanno segnato la storia d’Italia e della Sicilia, a Salemi ci fu il “patto del tovagliolo”, proprio così, un “contratto” che Toscani ha ricordato fu scritto al tavolo di un ristorante su un tovagliolo di carta, firmato da lui e da Sgarbi. “Gli avevo chiesto di staccarsi da Giammarinaro e lui aveva promesso di farlo, firmando quell’accordo che io volli scrivere subito, salvo poi te giorni dopo scordarsene”.
“Ricordo – ha proseguito Toscani – di una riunione di Giunta dove al solito c’era presente Giammarinaro, lo affrontai e gli dissi di andare via. Io lo chiamavo Giamburattinaio, lui reagì quasi mettendosi a piangere, e Sgarbi lo inseguì fuori dalla stanza per consolarlo… ero assessore a Salemi e il mio nemico era il paese di Salemi… pensavo di potere fare un lavoro eccellente e lo avevo cominciato con un gruppo di giovani, eravamo diventati una sorta di università, ma ci siamo dovuti fermare e oggi l’esperienza di Salemi la posso solo ricordare come un magnifico fallimento”.
Oggi il rapporto con Vittorio Sgarbi, Toscani lo ha cancellato: “E’ impazzito per la sua vanità, a Milano aveva fatto un buon lavoro e per questa ragione una squadra lo aveva seguito a Salemi, ma qui fu altra cosa”, racconta il fotografo dopo l’udienza. Toscani alla fine non assolve nessuno, nemmeno i siciliani che la mafia la subiscono: “Colpa loro, non hanno diritto a essere tolleranti, qui chi sbaglia dice tre pater noster e un ave gloria e viene assolto, magari poi accade che chi come Franco Battiato dice una cosa giusta viene allontanato”. “Il mondo purtroppo ha imparato dalla Sicilia, quello che oggi accade a Milano, il sistema Formigoni, i processi a Berlusconi, è in Sicilia che hanno preso esempio…”.