Roma – Negli ultimi anni, il settore dei takeaway è esploso, grazie alla crescente domanda di cibo a domicilio. Ma dietro questa espansione si nasconde una realtà fatta di contratti precari, stipendi bassi e condizioni di lavoro spesso al limite della legalità.
I rider, vero motore del food delivery, si trovano a dover affrontare turni massacranti con compensi irrisori. Molti lavorano come autonomi, senza tutele, senza ferie pagate e con il rischio di non essere pagati in caso di problemi tecnici o errori nell’ordine.
Anche i dipendenti dei ristoranti takeaway sono spesso vittime di contratti a chiamata, con orari imprevedibili e senza stabilità economica. Le promesse di assunzione definitiva si trasformano in illusioni, mentre il turnover resta altissimo.
Se da un lato il settore del food delivery offre una via d’accesso al mondo del lavoro, dall’altro impone condizioni che penalizzano i lavoratori. Serve una regolamentazione più chiara per garantire diritti e salari equi.
Il takeaway è davvero un’opportunità di lavoro o solo una presa in giro? La risposta dipende dalle condizioni contrattuali e dalla volontà delle aziende di investire nel benessere dei propri dipendenti.