Catania – Un’ordinanza cautelare nei confronti di otto persone è stata eseguita nelle province di Catania e Pavia da 80 finanzieri del Comando provinciale della Guardia di finanza del capoluogo etneo nell’ambito di un’operazione antimafia coordinata dalla Procura distrettuale con venti indagati.
Il provvedimento emesso dal gip, che dispone misure cautelari personali e reali, ipotizza a vario titolo i reati di associazione mafiosa, estorsione, ricettazione, detenzione di armi, trasferimento fraudolento di valori e spaccio di sostanze stupefacenti tutti aggravati dal metodo mafioso.
Particolari sull’operazione saranno resi noti durante una conferenza stampa che si terrà alle 11 nella sala meeting della Procura a Palazzo di giustizia.
Misilmeri (Palermo) – Sono quattro le persone arrestate nell’ambito di una operazione antimafia condotta dai carabinieri di Misilmeri. Sono accusate a vario titolo di associazione a delinquere di stampo mafioso, tentata estorsione, violenza privata, favoreggiamento e illecita concorrenza.
Tra i destinatari della misura cautelare un quarantenne palermitano indagato per favoreggiamento personale perché avrebbe ricoperto il ruolo di intermediario consentendo «al capo del mandamento di Misilmeri-Belmonte di impartire direttive e fissare appuntamenti riservati e finalizzati a decidere questioni associative nel tentativo di eludere le investigazioni dei carabinieri».
Il gip Walter Turturici ha disposto il carcere per Melchiorre Badagliacco, detto Antonino, nato a Palermo di 52 anni, e Salvatore Baiamonte, 53 anni. Ai domiciliari con braccialetto elettronico sono stati portati Giuseppe Gigliotta, detto Giusto, di Misilmeri di 61 anni e Giuseppe Carmicino detto Fabio, nato a Palermo, di 40 anni.
L’operazione ha assestato un duro colpi ai vertici della famiglia mafiosa di Misilmeri. Due di loro, su disposizione del gip, sono finiti in carcere, gli altri due ai domiciliari con il braccialetto elettronico.
«Secondo le ricostruzioni degli inquirenti – spiegano dal comando provinciale dell’Arma – due dei quattro indagati sarebbero appartenuti a Cosa nostra. Le indagini hanno fatto luce, inoltre, su numerosi tentativi di estorsione ai danni di imprenditori del luogo. Alcuni degli indagati si sarebbero resi protagonisti anche di atti di violenza privata e di concorrenza sleale nei confronti di un venditore ambulante per condizionarne l’attività economica e affermare così la propria egemonia criminale sul territorio».
Da quanto emerso nel corso delle indagini, l’organizzazione mafiosa avrebbe avuto la disponibilità di armi che sarebbero state utilizzate per imporre e affermare il loro controllo criminale nell’area di riferimento e perpetrare reati contro la persona.
Palermo – Notificato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo l’avviso di conclusione indagini preliminari ai sedici indagati coinvolti nell’operazione antimafia che ha interessato il territorio tra Marsala e Mazara del Vallo. Sette in carcere, 10 ai domiciliari e 1 con obbligo di dimora: questo era stato il bilancio del blitz antimafia condotto dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Palermo e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia. Le indagini hanno smantellato una rete mafiosa radicata nel territorio di Mazara del Vallo, rivelando un sistema di controllo economico e criminale orchestrato dal mandamento locale di Cosa Nostra.
Ecco i nomi degli indagati e i reati contestati
Il controllo mafioso del territorio
Le indagini, condotte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Palermo, hanno svelato le dinamiche illecite della famiglia mafiosa di Mazara del Vallo, documentando l’ascesa di un individuo attivo nel settore dell’allevamento ovino. Questo soggetto, considerato il braccio operativo del capo mandamento (attualmente detenuto), è diventato una figura di riferimento per le attività criminali dell’organizzazione, tra cui la riscossione di crediti, la risoluzione di controversie e la gestione di un traffico di stupefacenti tra Palermo e il territorio trapanese.
Le investigazioni hanno inoltre rivelato il potere di controllo economico esercitato dalla mafia tramite la gestione delle aste fallimentari e delle aree di pascolo, con episodi documentati di violenza in caso di mancato rispetto degli accordi.
Un altro elemento chiave dell’inchiesta riguarda un noto imprenditore mazarese che, grazie al sostegno della mafia locale sin dalla metà degli anni 2000, ha costruito una rete capillare di supermercati e ampliato i propri affari in diversi settori. In cambio, l’imprenditore avrebbe garantito:
l’assunzione di affiliati e loro parenti; sostegni finanziari per l’avvio di nuove attività; l’acquisto di beni all’asta riconducibili alla mafia, restituendoli così nella disponibilità dei soggetti coinvolti.
L’operazione, che ha coinvolto oltre 150 finanzieri, è un duro colpo al sistema mafioso e testimonia l’impegno della Guardia di Finanza, su delega della D.D.A., nel contrastare ogni infiltrazione criminale nell’economia locale. L’obiettivo è tutelare la legalità e garantire condizioni di competitività economica sul territorio
Campobello di Mazara – I finanzieri del comando provinciale di Palermo hanno eseguito un sequestro di beni per oltre 3 milioni di euro nei confronti di Giovanni Luppino, indicato dagli investigatori come l’autista del boss, Matteo Messina Denaro (deceduto). Il provvedimento, emesso dal tribunale di Trapani – sezione misure di prevenzione, ha colpito il patrimonio di Luppino, arrestato il 16 gennaio 2023 insieme al capomafia presso la clinica La Maddalena di Palermo, dove il boss doveva sottoporsi a cure oncologiche.
Le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, hanno permesso di tracciare flussi di denaro destinati al mantenimento della latitanza di Messina Denaro. Attraverso l’analisi di bonifici e assegni emessi da soggetti vicini al boss, gli inquirenti hanno individuato una rete di finanziamenti a sostegno del mafioso, dimostrando il ruolo attivo di Luppino nell’assicurare il sostegno economico al ricercato.
Il sequestro ha riguardato un vasto patrimonio, tra cui:
Giovanni Luppino è stato condannato in primo grado a 9 anni e 2 mesi di reclusione per il suo coinvolgimento nelle attività del clan. La sua vicinanza a Messina Denaro e il ruolo svolto nella rete di supporto al boss hanno portato le autorità a disporre il sequestro preventivo dei suoi beni.
L’operazione della Guardia di Finanza rappresenta un ulteriore passo avanti nella lotta contro la criminalità organizzata, colpendo le risorse economiche che hanno garantito per anni l’impunità ai vertici di Cosa Nostra in provincia di Trapani. Il sequestro rientra in una strategia più ampia volta a smantellare le basi finanziarie della mafia siciliana e in particolare di quella che ha fino ad oggi finanziato e protetto la trentennale latitanza dell’ormai deceduto boss di Castelvetrano Matteo Messina Denaro.
Tra i filoni dell’inchiesta che ha portato ieri all’emissione di sei misure cautelari, uno riguarda un investimento, che gli investigatori attribuiscono a Matteo Messina Denaro. La vicenda del terreno risale al 2021 quando Melchiorre Saladino si presentò da Pietro Bologna, uno degli arrestati. Ma chi è Saladino? In passato è stato assolto dall’accusa di corruzione aggravata dall’avere agevolato Cosa Nostra, ma gli sono stati sequestrati dei beni tra cui un’impresa di costruzione. Da quanto si apprende ora Saladino si presentò come “quello di Salemi arrestato per il fatto delle pale eoliche”. L’imprenditore vero era stato coinvolto in un’indagine e poi assolto per l’inutilizzabilità delle intercettazioni. Ma a suo carico c’è pure una condanna irrevocabile per rivelazione di segreto d’ufficio con l’aggravante di avere agevolato Cosa Nostra.
A Giuseppe Bologna (fratello di Pietro pure arrestato), Saladino diceva di essere “l’amico di Nino” che gli investigatori identificano in Antonino Sciortino, boss detenuto. Nel corso della conversazione che riguardava 300 ettari di terreno da comprare, Saladino pronunciava una frase: “Io ho l’acquirente direttamente Messina Denaro… lui mi deve dire solo il prezzo”. E aggiungeva che si trattava di “gente che compra senza bisogno di altre linee… direttamente contanti”.
Ora c’è solo da appurare se veramente il boss allora latitante ed oggi deceduto, era veramente intenzionato a compare quel terreno, o se invece Saladino stava spendendo il nome di Messina Denaro per chiudere in fretta l’affare.
Palermo – Duro colpo alla mafia del palermitano. Nel corso di una maxi-operazione della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo sono stati disposti i fermi e gli arresti di 181 persone, tra boss, «colonnelli», uomini d’onore, ed estortori di diversi «mandamenti» del capoluogo siciliano e della provincia.
L’inchiesta, condotta dai carabinieri e coordinata dal procuratore Maurizio de Lucia e dalla procuratrice aggiunta Marzia Sabella, ha svelato l’organigramma delle principali famiglie, gli affari dei clan e l’ennesimo tentativo di Cosa nostra di ricostituire la Cupola provinciale e di reagire alla dura repressione che negli ultimi anni ha portato in cella migliaia di persone.
In pratica le indagini hanno fatto scoprire che Cosa nostra si stava ricompattando senza troppo clamore. Torna in carcere il boss di Porta Nuova, Tommaso Lo Presti, scarcerato per fine pena. Aveva celebrato le nozze d’argento a San Domenico, dove c’è la tomba di Falcone. In carcere anche Francolino Spadaro. In una delle cinque indagini confluite nella maxi operazione antimafia di questa notte, gli investigatori dei carabinieri del comando provinciale hanno scoperto il nuovo sistema con il quale i boss si riunivano per riorganizzare la nuova commissione provinciale, azzerata già una volta con gli arresti di dicembre 2018. I capimafia in carcere e quelli ancora liberi utilizzavano telefonini di ultima generazione con particolari software criptati per i summit fra mandamenti. Applicazioni di comunicazione con sistemi di crittografia avanzatissimi e difficilmente intercettabili.
L’operazione, che ha interessato anche altre città italiane, puntava a «disarticolare i mandamenti mafiosi della città di Palermo e provincia, in particolare quelli di “Porta Nuova”, “Pagliarelli”, “Tommaso Natale – San Lorenzo, “Santa Maria del Gesù” e “Bagheria”». Gli arrestati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, tentato omicidio, estorsioni, consumate o tentate, aggravate dal metodo mafioso, associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, favoreggiamento personale, reati in materia di armi, contro il patrimonio, la persona, esercizio abusivo del gioco d’azzardo, e altro.
I particolari dell’operazione saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa prevista per le 10.
Articolo in aggiornamento.
Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) – Dalle prime luci dell’alba, la Polizia di Messina, nell’ambito di una vasta operazione contro la criminalità organizzata barcellonese, è impegnata nell’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip presso il Tribunale di Messina, su richiesta della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, a carico di 15 soggetti ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, peculato, trasferimento fraudolento di valori, violazione della pubblica custodia di cose e sottrazione di cose sottoposte a sequestro.
Per le operazioni di polizia giudiziaria – coordinate dalla Squadra Mobile della Questura di Messina e dal Commissariato di P.S. di Barcellona Pozzo di Gotto – sono impiegati circa 150 agenti della Polizia di Stato, tra cui personale delle Squadre Mobili di Palermo, Catania, Siracusa, Enna e Vibo Valentia; delle S.I.S.C.O. di Palermo, Catania e Messina; del Reparto Prevenzione Crimine “Sicilia Orientale”; del Reparto Cinofili della Questura di Vibo Valentia; dei Commissariati di P.S. della provincia di Messina.
Alle 10.45, presso la Sala Riunioni della Caserma della Polizia di Stato “Nicola Calipari”, si terrà una conferenza stampa alla presenza del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Messina, Dott.Antonio D’Amato, del Direttore del Servizio Centrale Operativo della Direzione Centrale Anticrimine del Dipartimento della P.S., Dott. Vincenzo Nicolì, e del Questore di Messina, Dott. Annino Gargano.