Trapani – La Polizia ha arrestato e condotto in carcere quattro dei condannati, con sentenza passata in
giudicato, del processo scaturito dall’omonima operazione antimafia “Anno zero”. Si tratta di Carlo Cattaneo, Letizia Maria Asaro, Nicola Scaminaci e Carlo Lanzetta. La recente pronuncia della Suprema Corte di Cassazione ha confermato il nuovo provvedimento restrittivo, disponendo il ritorno in carcere dei quattro condannati.
Nei loro confronti, il 18 aprile scorso, la Corte di Cassazione si è pronunciata rigettando il ricorso e confermando le condanne emesse, a fine marzo, dalla Corte d’Appello di Palermo. Uno di essi, il quarantenne castelvetranese Carlo Cattaneo, operante nel settore dei giochi e delle scommesse, dovrà scontare la condanna a 16 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, mentre Letizia Maria Asaro, Nicola Scaminaci e Carlo Lanzetta, sono stati condannati a 4 anni di carcere, per trasferimento fraudolento di beni, aggravato dall’agevolazione mafiosa.
La vicenda processuale trae origine dall’inchiesta – condotta dagli Uffici investigativi della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri e della DIA, coordinati dalla Direzione Distrettuale di Palermo
palermitana – che, il 19 aprile 2018, portò al fermo di 21 affiliati alle famiglie mafiose di Castelvetrano, Partanna, Campobello di Mazara e Mazara del Vallo, gravemente indiziati, a vario titolo, di avere fatto parte dell’associazione mafiosa cosa nostra, con l’aggravante dell’impiego di armi e del reimpiego di capitali in attività economiche, finanziate in parte con il prezzo, il prodotto e il profitto dei delitti
Con riguardo agli odierni condannati, le indagini consentirono di accertare che, attraverso il loro
contributo, esponenti di vertice dell’organizzazione mafiosa erano intervenuti in aste giudiziarie, al
fine di riappropriarsi di beni sequestrati in precedenti operazioni antimafia. Al contempo, fu documentato l’interesse della criminalità organizzata per il settore delle scommesse, attraverso la gestione di numerosi “punti gioco”, oltre alle attività tipicamente mafiose quali estorsioni e danneggiamenti.
Roma – Confermate dalla Cassazione le pene d’appello per alcuni degli imputati del processo scaturito dall’operazione antimafia “Anno zero”, che interessò il territorio della Valle del Belìce nel 2018 e in modo particolare il “triangolo” tra Castelvetrano, Campobello di Mazara e Partanna.
Pene confermate per: Vittorio Signorello dovrà scontare 18 anni; Giuseppe Accardo 5 anni; Vito Bono 11 anni; Giovanni Mattarella 10 anni; Dario Messina 22 e 6 mesi; Maria Letizia Asaro 4 anni; Carlo Cattaneo 16 anni; Calogero Giambavo 4 anni; Carlo Lanzetta 4 anni; Nicola Scaminaci 4 anni. Per Bruno Giacalone e Gaspare Como, invece, la Corte ha rinviato in Appello per la ridetermina della pena. In
secondo grado Como venne condannato a 22 anni di reclusione e Giacalone a 18 anni. Quello giunto in Cassazione è il processo per chi ha scelto il rito ordinario. Altri imputati dello stesso processo avevano scelto il rito abbreviato, rinunciando così ai tre gradi di giudizio. La Polizia di Stato di Trapani ha arrestato e condotto in carcere quattro dei condannati, con sentenza passata in giudicato, del processo “Anno zero”.
L’indagine fu condotta dai carabinieri e vide coinvolti presunti mafiosi, tra i quali anche due cognati del
superlatitante Matteo Messina Denaro (Gaspare Como e Rosario Allegra, quest’ultimo deceduto il 13 giugno 2019, a 65 anni, a seguito di un aneurisma cerebrale, nell’ospedale di Terni) e fiancheggiatori di Cosa Nostra nel Belìce.
Trapani – I carabinieri di Trapani, coadiuvati dai militari di Torino e La Spezia, hanno dato esecuzione all’ordine di carcerazione nei confronti di Raffaele Urso, 66 anni, e Nicola Accardo, di 6O, presunti favoreggiatori del boss mafioso (oggi defunto) Matteo Messina Denaro.
Il Pg della corte di appello aveva fatto ricorso dopo la scarcerazione dei due, lo scorso ottobre, per la decorrenza dei termini massimi di custodia cautelare. Urso e Accardo erano stati arrestati nell’ambito
dell’operazione antimafia Anno Zero per smantellare la rete di fiancheggiatori dell’allora latitante Matteo Messina Denaro. Dopo la scarcerazione i due erano sottoposti, a Torino e La Spezia, alle misure cautelari dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, divieto di espatrio e divieto di dimora in Sicilia.
La nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata disposta anche a seguito di una specifica pronuncia della Suprema Corte di Cassazione, che ha ritenuto fondati i motivi dell’appello avanzato dalla Procura Generale. I due arrestati sono stati tradotti presso le Case Circondariali del Nord Italia, dove resteranno a disposizione dell’autorità giudiziaria.