Roma – C’è una piccola rivoluzione silenziosa in corso nella sanità italiana. Da oggi, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, prende vita una nuova figura professionale: l’assistente infermiere. Non si tratta di una semplice aggiunta all’organico, ma di un tassello intermedio che si colloca tra l’OSS e l’infermiere, pronto a dare man forte sul campo, dove il bisogno si fa concreto. In parallelo, cambia volto anche il profilo dell’Operatore Socio Sanitario, dopo più di vent’anni.
Negli ospedali, nelle RSA, nei servizi domiciliari, si è fatta strada l’esigenza di avere professionisti con competenze più ampie ma senza sovrapporsi al ruolo dell’infermiere. Così nasce l’assistente infermiere: un operatore che agisce su delega, ma con margini di autonomia definiti e precisi.
Per accedere al corso servono requisiti solidi: qualifica OSS e diploma superiore con almeno due anni di esperienza nel settore. Ma c’è spazio anche per chi, pur senza diploma, ha lavorato come OSS per cinque anni negli ultimi otto: in quel caso, basterà frequentare un modulo teorico iniziale da almeno 100 ore per candidarsi.
Il percorso dura tra i 6 e i 12 mesi: un impegno serio, che comprende almeno 500 ore tra teoria, tirocinio ed esercitazioni pratiche. Si entra nel vivo della professione già in aula, con un mix calibrato:
Ma cosa saprà fare, concretamente, un assistente infermiere? Rilevare i parametri vitali, somministrare ossigeno, affiancare nella preparazione delle terapie, fornire nozioni base di educazione sanitaria. Competenze reali, da mettere subito in pratica.
Alla fine, chi supera la prova finale si ritroverà con in mano un attestato valido in tutta Italia. E per restare sempre aggiornati, scatterà l’obbligo di formazione continua: almeno un’ora per ogni mese lavorato, da completare entro tre anni.
Parallelamente, il secondo decreto pubblicato ridisegna da capo il profilo dell’Operatore Socio Sanitario, fermo al 2001. E lo fa con decisione: non solo si alza l’asticella della formazione a 1.000 ore totali (di cui 450 di tirocinio), ma si cambia anche il metodo. Più laboratori, più pratica, più affiancamento reale.
E si aprono nuovi spazi: scuole, carceri, strutture psichiatriche. Non solo ospedali, dunque, ma un’idea di sanità che si fa rete, presente dove le fragilità emergono di più.
Quella delineata dai nuovi decreti è una sanità a più voci, dove OSS e assistente infermiere non si pestano i piedi, ma si affiancano, condividono carichi e alleggeriscono il lavoro degli infermieri, troppo spesso lasciati soli.
Tutto il sistema formativo sarà gestito dalle Regioni, che potranno modulare i percorsi a seconda delle esigenze del territorio, senza perdere però la coerenza nazionale.
In un Paese dove l’età media sale, le patologie si cronicizzano e i reparti scoppiano, c’è bisogno di risposte nuove. Questo è un passo. Non risolve tutto, ma almeno prova a cambiare prospettiva.