CronacaTrapani – Fermo amministrativo per una nave battente bandiera di Antigua and Barbuda. I militari della guardia costiera di Trapani infatti, al termine di una certosina ispezione iniziata ieri mattina e conclusasi nella tarda serata hanno scoperto almeno 20 violazioni. A bordo della nave ha operato il team specializzato Port State Control della Capitaneria di Porto – Guardia Costiera di Trapani, sotto il coordinamento della Direzione marittima di Palermo. Alla fine la nave è stata trovata in condizioni notevolmente sotto gli standard previsti dalla normativa internazionale.
La nave oggetto di fermo amministrativo è un’unità destinata al trasporto di merci generiche, di bandiera Antigua and Barbuda, lunga 85 metri ed avente stazza lorda di circa 2200 tonnellate di stazza lorda.
Sin dall’inizio dell’ispezione, si sono scoperte irregolarità in materia di ship security, ciò a portato gli ispettori a svolgere un’ispezione più approfondita, ampliando il controllo alle altre materie, sino a giungere, ad attività conclusa, a contare oltre 20 irregolarità.
In particolare è stata rilevata, la scarsa padronanza nell’impiego di alcuni dispositivi di bordo destinati alla salvaguardia della vita umana in mare (tra cui il cosiddetto SART AIS, di cui è dotata la nave), una disattenta applicazione del management della sicurezza a bordo che ha dimostrato una diffusa scarsa manutenzione di equipaggiamenti, del battello d’emergenza e di vari apprestamenti di bordo nonché un’errata gestione dei rifiuti prodotti a bordo.
Quest’ultimo elemento, costituendo una violazione della normativa comunitaria in materia di prevenzione dell’inquinamento marino, ha portato all’elevazione di una sanzione amministrativa da 3.333 euro in quanto le comunicazioni prima dell’ingresso in porto sui rifiuti prodotti dalla nave contenevano dati palesemente errati.
Il provvedimento di fermo amministrativo, il secondo di quest’anno per il porto di Trapani, è scattato dopo un’attenta ispezione durata sino al pomeriggio inoltrato. Le attività ispettive, come quella svolta ieri, sulle navi che scalano il porto trapanese sono periodicamente eseguite da una selezionata aliquota di militari della Guardia Costiera in possesso di particolari competenze, attribuite a seguito di un duro percorso di studi di livello nazionale ed internazionale.
Tale attività è essenziale affinchè i traffici marittimi siano effettuati nel rispetto degli standard previsti ed il team specializzato della Guardia Costiera di Trapani continuerà ad effettuare un controllo sistematico sulle navi in arrivo al porto al fine che siano rispettate tutte le normative tese a garantire la salvaguardia della vita umana in mare e la tutela dell’ambiente marino.
La nave, prima di riprendere il mare, dovrà rettificare tutte le irregolarità riscontrate e potrà lasciare lo scalo trapanese solo una volta che il Nucleo PSC della Capitaneria di Porto – Guardia costiera abbia verificato il corretto ripristino della sicurezza a bordo e di tutela dall’ambiente marino
CronacaTrapani – di Debora Camarda – Un’ondata di solidarietà e affetto ha abbracciato ieri l’equipaggio della nave Mediterranea, attraccata a Trapani sabato 23 agosto dopo aver rifiutato il porto di Genova, assegnato dal Ministero dell’Interno attraverso l’MRCC (Maritime Rescue Coordination Centre) di Roma.

Mediterranea, nave gestita dall’associazione Mediterranea Saving Humans, ha effettuato un soccorso in acque internazionali la notte del 21 agosto, nella zona SAR (Search And Rescue) di competenza libica.
È stato una notte particolarmente complicato: le 10 persone soccorse, tre minori e gli altri poco più che ventenni, sono state gettate in mare da una cosiddetta “runaway boat”, in questo caso di tipo militare. I ragazzi sono stati buttati in acqua dai miliziani presenti sull’imbarcazione e i soccorritori li hanno dovuti letteralmente issare sul loro gommone per salvarli da morte certa. I miliziani si sono immediatamente dileguati nel buio della notte.
Una volta saliti a bordo di Mediterranea, i naufraghi hanno raccontato le violenze subite in Libia e di come erano stati costretti a salire su quell’imbarcazione che non ha esitato a buttarli in acqua alla vista dei soccorritori.
Sono curdi provenienti da Iran e Iraq, siriani ed egiziani, quindi provenienti da contesti di persecuzione, di guerra civile e di repressione politica.
Altri 4 giovani erano invece stati buttati in acqua all’inizio del loro viaggio, probabilmente per alleggerire il carico della piccola imbarcazione. Di loro non si hanno notizie.
Nei due giorni precedenti al soccorso, Mediterranea era stata circondata da ben otto lance e gommoni delle milizie libiche: uomini a bordo in mimetica e armati, minacciavano la nave di procedere verso nord per farla allontanare da quell’area.
L’equipaggio decideva comunque di proseguire l’azione di ricerca, trovandosi in acque internazionali e sicuramente non soggetta agli ordini di quelle milizie paramilitari.
Dopo ore di minacce, si sono allontanate e poco dopo è arrivata una motovedetta della cosiddetta Guardia costiera libica che ha seguito Mediterranea per oltre 25 ore: una di quelle motovedette che l’Italia ha donato alla Libia in forza del Memorandum siglato nel 2017 dal Ministro dell’Interno Marco Minniti, governo Gentiloni. Da allora l’Italia, con il supporto dell’Europa, finanzia i centri di detenzione in Libia, fornisce mezzi come le motovedette dismesse della Guardia di Finanza e addestra i suoi uomini, in un contesto in cui forze dello stato si mischiano con le milizie locali e farne una distinzione diventa praticamente impossibile.
Alcuni membri dell’equipaggio presente su Mediterranea hanno già subito gli spari da una motovedetta libica nell’aprile 2024 durante un soccorso, per fortuna senza conseguenze né per loro né per le persone che stavano soccorrendo.
La notte del 21 agosto, dunque, a soccorso effettuato, da Roma arriva l’assegnazione del porto: Genova, a tre giorni di navigazione.
Il comandante Pavel Botica e il capomissione Beppe Caccia non hanno dubbi: non è possibile sottoporre le persone soccorse a tanta ulteriore e inutile fatica con il mare che s’ingrossa sempre più. E tra le onde alte due metri, il Comandante punta la prua verso Trapani. Poco prima dell’attracco, l’MRCC di Roma si accerta che fosse ben chiaro l’ordine del Viminale di dirigersi a Genova. “Sì. – rispondono da bordo – Facciamo comunque rotta verso Trapani”.
“Disobbediamo a un ordine ingiusto e inumano del Ministero dell’Interno. Ma così facendo obbediamo al diritto marittimo, alla Costituzione italiana e alle leggi dell’umanità”: sono le parole perentorie di Beppe Caccia, a capo della missione numero 22 di Mediterranea Saving Humans.
Tre ulteriori giorni di navigazione con a bordo naufraghi che portano tanti traumi fisici e psicologici, risultano tanti anche per il Centro per il radio soccorso medico, struttura istituzionale consultata dall’MRCC di Roma, che aveva confermato quanto attestato dai medici a bordo: la necessità di cure mediche e psicologiche immediate.
Tuttavia rimane l’ordine di dirigersi a Genova e nessuna ambulanza ad attendere sul molo Ronciglio di Trapani: bisogna chiamarne due appena i naufraghi toccano terra. Uno di loro perde i sensi e un altro ha problemi di salute che richiedono assistenza medica immediata.

La risposta dal Ministero arriva come da copione: applicazione dell’articolo 2bis del cosiddetto decreto Piantedosi: fino a 10.000 euro di multa e fino a 20 giorni di fermo per la nave Mediterranea. Il numero esatto di giorni sarà stabilito dal Prefetto di Trapani entro 5 giorni dall’emissione del provvedimento.
Intanto la città si stringe attorno alla nave e al suo equipaggio: diverse delegazioni di associazioni e partiti, in questi giorni, si sono recate a bordo per mostrare solidarietà e per ascoltare i racconti dei soccorritori su cosa accade nel mar Mediterraneo e in Libia, laddove apparati statali e parastatali torturano impunemente con la complicità dell’Italia. Della stessa Italia che riaccompagna a casa, con volo di Stato, Almasri, generale libico soggetto a mandato di cattura da parte della Corte penale internazionale e che, tra le altre cose, gestisce la prigione di Mitiga torturandone, anche personalmente, i prigionieri.
L’appello di Mediterranea

“Non lasciateci soli. Continuiamo a combattere e a disobbedire insieme.” dice Sheila Melosu, capomissione in alcune passate missioni e logista di Mediterranea. “Abbiamo soccorso dieci ragazzini che erano stati buttati in acqua e minacciati con le pistole e ci chiedono di portare questi ragazzi in un porto che si trova a diversi giorni di navigazione. Cosa avreste fatto se fossero stati i vostri figli? Abbiamo chiesto tante volte a Roma un porto vicino e si sono sempre rifiutati. Abbiamo deciso di attraccare a Trapani, qualunque siano le conseguenze.” sono le parole del comandante Pavel Botica.
Denny Castiglione, capomissione in alcune passate missioni e soccorritore volontario di Mediterranea: “Quello che subiamo è un chiaro attacco politico perchè non ci vogliono testimoni in mare. Non è possibile che organizzazioni che hanno solo dei salvagente rappresentino un problema per la sicurezza dell’Europa.” e conclude con una dichiarazione di solidarietà alla nave Ocean Viking di SOS Mediterranee che nei giorni scorsi è stata colpita da oltre cento spari dalla cosiddetta Guardia costiera libica e alla Trotamar III che sta subendo l’applicazione del fermo amministrativo dell’imbarcazione perchè non si è rivolta alle autorità libiche dopo aver effettuato il soccorso in zona SAR libica.
Presente anche l’europarlamentare di AVS Leoluca Orlando che conclude: “L’equipaggio ha dimostrato il coraggio del rispetto della legalità, che impone il salvataggio di vite umane e di portare nel porto sicuro più vicino le persone che vengono salvate in mare. È illegittimo e disumano il blocco di Mediterranea”.
Circa 300 persone presenti: applaudono, mostrano cartelloni con dichiarazioni di solidarietà, qualcuno si commuove. In tanti vogliono stringere la mano ai soccorritori di Mediterranea, per ringraziarli, per incitarli a proseguire la loro attività, dichiarando che non sono soli. E per dimostrarlo, il sit-in si conclude con un corteo che riaccompagna l’equipaggio verso la nave. Nel frattempo il sole è tramontato e la nave, ferma in porto, attende la fine dei giorni di fermo amministrativo. A bordo l’equipaggio pensa già alla prossima missione. Di fronte a sè, una città che non si è voltata dall’altra parte e che ha ben compreso la scelta di attraccare a Trapani.
Altre NotizieIl 10 aprile 1912 il Titanic lasciava il porto di Southampton, diretto a New York, carico di speranze, eleganza e tecnologia all’avanguardia. Considerato inaffondabile, il transatlantico rappresentava il culmine dell’ingegneria navale del tempo. Ma la sua rotta verso l’immortalità fu tragicamente interrotta quattro giorni dopo, nella notte tra il 14 e il 15 aprile. Il Titanic non è solo una nave affondata: è un simbolo eterno di fragilità umana di fronte alla natura.
Concepito come il più grande e lussuoso transatlantico mai costruito, il Titanic era lungo oltre 260 metri e vantava cabine eleganti, saloni decorati, piscine e ristoranti di prima classe. La White Star Line lo pubblicizzava come “inaffondabile”, grazie a innovativi compartimenti stagni. Il suo viaggio inaugurale era atteso come un evento mondiale.
La notte del 14 aprile 1912, nonostante diversi avvisi sulla presenza di iceberg nell’Atlantico settentrionale, il Titanic proseguì la sua corsa. Alle 23:40, la prua colpì un iceberg che squarciò lo scafo. In meno di tre ore, il gigante degli oceani affondò, portando con sé oltre 1.500 vite. Le scialuppe erano insufficienti e molti passeggeri non ricevettero assistenza.
La tragedia del Titanic sconvolse l’opinione pubblica e spinse le autorità internazionali a rivedere completamente le norme di sicurezza in mare. Nacque il trattato SOLAS (Safety of Life at Sea), che rese obbligatoria la presenza di scialuppe per tutti i passeggeri, turni di vedetta notturni e sistemi di comunicazione radio attivi 24 ore su 24.
Il Titanic è una leggenda intrisa di storie di coraggio, errori umani e destino. Libri, film, documentari e mostre continuano a far vivere la sua memoria. Ogni anniversario è un’occasione per riflettere sul progresso e sulle sue responsabilità.
