Messina
Omicidio Scopelliti, salgono a 20 indagati, altri boss calabresi
Il delitto del giudice deciso in un summit a Trapani: Matteo Messina Denaro sapeva notizie sul magistrato dall’on. Salvo Lima
Redazione21 Maggio 2025 - Cronaca



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    Messina – E’ salito a 20 il numero degli indagati per l’omicidio del giudice Antonino Scopelliti.
    Oltre ai primi 17 ai quali fu notificato l’avviso di garanzia nel 2019 quando la Dda di Reggio Calabria aveva ritrovato il fucile grazie alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Maurizio Avola, sono indagati adesso anche altri esponenti di primi piano della ‘ndrangheta della provincia reggina Pasquale Condello, Giuseppe De Stefano, Giuseppe Morabito, Luigi Mancuso, Giuseppe Zito ed il boss delle cosche “milanesi” Franco Coco Trovato.

    I nuovi nomi sono contenuti nel decreto di perquisizione eseguito nelle settimane scorse dalla Squadra mobile a Messina.

    Nell’inchiesta anche il nome di Matteo Messina Denaro

    Tra i nomi indicati nel documento, che anche quello del boss catanese Nitto Santapaola nei confronti del quale, però, “non si può procedere perché già assolto per l’omicidio Scopelliti”. Nell’inchiesta risultano indagati anche alcuni boss che nel frattempo sono deceduti, Matteo Messina Denaro, Giovanni Tegano e Francesco Romeo.

    L’omicidio deciso in un summit avvenuto nel trapanese

    Nel provvedimento, firmato dal procuratore di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo e dal sostituto della Dda Sara Parezzan, c’è ancora Matteo Messina Denaro che, stando alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Maurizio Avola, avrebbe partecipato alla fase esecutiva del delitto che sarebbe stato deciso “nel corso di una riunione svoltasi a Trapani nella primavera del 1991”.
    Secondo i pm, “il mandato omicidiario proveniva direttamente da Totò Riina” che ha incaricato Messina Denaro il quale, a sua volta, “riceveva le informazioni operative relative alle abitudini di vita del magistrato da Salvo Lima”, l’europarlamentare della Dc ucciso in un agguato a Palermo il 12 marzo 1992.
    Il boss di Castelvetrano, infine, stando alla ricostruzione della Procura, avrebbe curato “i contatti con un informatore locale rimasto ignoto che avvisava il gruppo incaricato dell’omicidio in ordine agli spostamenti del magistrato”.





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