Palermo – Non è indagata, ma citata nelle motivazioni della sentenza di condanna del fratello e del marito. È Caterina Gentile, sorella rispettivamente di Massimo Gentile l’architetto condannato a 10 anni in primo grado, con rito abbreviato, lo scorso 17 gennaio per associazione mafiosa e moglie di Cosimo Leone, condannato nello stesso processo a 8 anni per concorso esterno.
Entrambi condannati per aver favorito la latitanza a Matteo Messina Denaro. L’architetto Gentile per avere prestato la sua identità e Leone per averlo aiutato quando è stato ricoverato nel novembre del 2020 all’ospedale di Mazara del Vallo, dove lui lavorava come radiologo.
Il suo nome compare nelle motivazioni della sentenza, depositate il 10 aprile scorso dove il giudice Marco Gaeta ripercorre il comportamento di Leone, che nel corso del processo si è difeso sostenendo di avere dato aiuto a un paziente per semplice spirito umanitario: “Lo facevo con tutte le persone, diciamo, questo senso di umanità e di aiutare la gente”; “non sono favori, io non li giudico favori, io li descrivo come senso di umanità, di aiuto, per aiutare le persone”.
Versione a cui il giudice Gaeta non ha creduto: “È evidente, alla luce dei dati obiettivi risultanti dai dati del traffico telefonico e, anche, della palese falsità della ricostruzione dei fatti offerta dall’imputato, che Leone Cosimo ebbe a prestare un aiuto concreto e consapevole alla latitanza di Matteo Messina Denaro, facendogli avere un telefono cellulare e una scheda telefonica ‘pulita’, che consentisse a quest’ultimo di poter utilizzare un nuovo canale di comunicazione verso l’esterno, in un momento assai delicato, non solo per lo stato di salute del latitante, ma, per quel che qui rileva, per l’intero assetto e per gli equilibri interni di Cosa Nostra”.
Poi c’è un passaggio relativo ad un colloquio avuto da Leone con la moglie. “In particolare, va segnalato un passaggio del colloquio avvenuto l’11 aprile 2024, con il fratello, la figlia e la moglie Gentile Caterina, Cancelliera presso il Tribunale di Marsala, addetta al settore penale, alla quale Leone, secondo quanto riferito nel corso dell’esame, non avrebbe mai confidato, neppure dopo l’arresto di Messina Denaro, di aver aiutato Bonafede Andrea cl’69 nella gestione del ricovero del fantomatico cugino omonimo. Ebbene, nel corso dell’incontro in carcere, Caterina Gentile forniva evidenti suggerimenti al marito detenuto in ordine a quanto avvenuto in occasione dell’incontro con Bonafede Andrea del 14 novembre 2020, all’esito del quale Messina Denaro aveva acquisito la disponibilità di un cellulare e di una scheda telefonica”.
Il giudice evidenzia che la donna era essere a conoscenza della versione che avrebbe dato il marito ancor prima dell’arresto avvenuto il 27 marzo e questo se si considera che nell’interrogatorio di garanzia il marito “si era avvalso della facoltà di non rispondere, che in occasione del primo colloquio in carcere, il 3 aprile, i due non avevano affrontato tale argomento (si veda la trascrizione in atti), se ne deve necessariamente dedurre, diversamente da quanto dichiarato dall’imputato, che la moglie del Leone fosse già a conoscenza della ricostruzione alternativa che il marito avrebbe successivamente prospettato, per averla con lui concordata già in epoca precedente all’emissione del titolo cautelare”. Durante la visita in carcere, invece, avveniva questo, secondo il racconto di Leone: “Vinni tannu quando mi vinni a purtari (è venuto quando mi è venuto a portare) la magliettina con le mutandine… e nel mezzo gli ha messo la, la (a questo punto Caterina Gentile dà un cenno con la mano destra verso il marito. Quest’ultimo, che nel frangente è rivolto verso il fratello Calogero Leone, si gira verso la moglie guardandola e annuendo con la testa come a far capire di aver colto il suggerimento, quindi riprende la frase) qualche…la scheda! Penso…penso. Perché non è che le ho viste!”. (Fonte il Fatto Quotidiano)
Campobello di Mazara – Da ieri la professoressa di matematica, Floriana Calcagno di 50 anni è rinchiusa in carcere. E’ stata arrestata dai carabinieri del Ros e dai poliziotti dello Sco che indagano sulla rete di finacheggiatori del boss deceduto Matteo Messina Denaro.
La professoressa sei giorni dopo la cattura di Messina Denaro a Palermo si era presentata spontaneamente dai carabinieri dicendo di avere avuto una breve relazione con Messina Denaro, ma lei lo conosceva come Francesco Salsi, medico in pensione. Una dichiarazione a cui gli investigatori e i magistrati mai hanno creduto. Così dopo mesi di indagini ieri la donna è finita in carcere.
A Floriana Calcagno i magistrati – il procuratore Maurizio de Lucia, l’aggiunto Paolo Guido e i pm Piero Padova e Gianluca De Leo- contestano, tra l’altro, di aver assicurato a Matteo Messina Denaro «sostegno logistico, aiuto e supporto morale e materiale, nel territorio di Campobello di Mazara, Mazara del Vallo, Tre Fontane e in altre località della provincia di Trapani e di avergli assicurato, attraverso un sistema di staffetta e di scorta con la propria vettura, la possibilità di spostarsi da un comune all’altro in modo riservato».
E’ proprio la gelosia delle amanti che sta facendo cadere a poco a poco quel muro di omertà che per 30 anni ha coperto la latitanza di Matteo Messina Denaro.
Per ricostruire il ruolo avuto da Floriana Calcagno, nella latitanza di Matteo Messina Denaro sono stati fondamentali, oltre agli appunti trovati nel covo del capomafia, gli scritti indirizzati al boss da un’altra sua amante, la maestra Laura Bonafede, già condannata per associazione mafiosa. Nelle lettere per il ricercato la Bonafede indicava Calcagno con una serie di soprannomi, come «Handicap, Acchina o Sbrighisi». Incrociandoli con altri elementi, come le immagini registrate da diverse videocamere che hanno immortalato episodi raccontati dalla Bonafede e relativi alla donna, gli inquirenti hanno capito chi si celasse dietro gli pesudonimi.
Dal manoscritto trovato nel covo del ricercato emerge tutta la gelosia della Bonafede verso Calcagno. «Dici che Acchina ti aiuta come può. Ma cosa può fare per te?», scriveva. ”La frase di alto significato indiziante, faceva chiaramente intendere che il latitante in precedenza aveva confidato alla Bonafede – scrivono i pm – il ruolo svolto dalla Calcagno nel suo sistema di protezione, ruolo che consisteva nell’offrire ed adoperarsi su ’cose fatte per luì». Nello scritto la maestra mostrava anche di non credere a quello che le aveva detto il latitante e cioè che la relazione con la Calcagno risalisse ad aprile 2022. «E poi ci sono date che non mi quadrano. Tu mi parli di aprile 2022“ diceva. Bonafede sospettava che la storia tra i due fosse precedente. «E poi se ben ricordi ti disse che voleva parlarti già nell’agosto 2017, o l’hai dimenticato?», scriveva. Sempre sfogando la sua gelosia verso l’altra, Bonafede commentava: «per ora se penso a Sbrighisi che passava con quella faccia compiaciuta, dopo essere stata con te, le bastonate gliele darei eccome».
Infine in uno scritto del 30 dicembre 2022, Bonafede raccontava al capomafia di aver visto uscire dalla «zona chiave», il covo di Campobello di Mazara, proprio Calcagno. “Stavolta mi è cambiato l’umore, quella scena mi ha cambiato la giornata. Alle 11.40 circa ho visto Handicap che usciva dalla zona chiave, dritta come un palo e con una Louis Vuitton sicuramente regalata da te. Regali borse come un distintivo? Fuck», sbottava.