Palermo – Domenica 30 marzo, il cuore di Palermo si animerà con una manifestazione senza precedenti: associazioni, studenti, artisti e cittadini sfileranno per le vie del centro storico in difesa della lingua siciliana. Il corteo partirà alle 10:30 da piazza Verdi e attraverserà via Maqueda e Corso Vittorio Emanuele, per concludersi a piazza Bologni con esibizioni musicali, canti e “cunti” rigorosamente in siciliano.
L’iniziativa inaugura ufficialmente la “Simana dû Sicilianu”, una settimana di eventi (dal 31 marzo al 7 aprile) dedicati alla promozione della lingua, ancora oggi spesso emarginata e considerata un semplice dialetto. Ma la realtà è ben diversa.
Secondo l’UNESCO, il siciliano è una vera e propria lingua madre, con una storia letteraria secolare. Eppure, continua a essere considerato un idioma di “serie B”. Gli organizzatori denunciano un arretramento storico senza precedenti, aggravato dalla mancanza di riconoscimento istituzionale e da un uso sempre più raro, specie nei contesti formali.
La richiesta è chiara: riconoscere il siciliano come lingua co-ufficiale della Regione Siciliana. Questo significherebbe promuoverne l’uso in ambiti pubblici come la scuola, la sanità e i servizi amministrativi. Anthony Graziano, portavoce di Trinacria, spiega:
“Difendere la nostra lingua significa rafforzare le radici e proiettarci verso il futuro. Il bilinguismo è una risorsa, non un limite”.
Secondo i dati ISTAT, il siciliano perde il 4% dei parlanti ogni cinque anni. Una tendenza allarmante, che si può invertire solo con una presa di posizione netta e condivisa.
Tra gli eventi in programma:
Il messaggio è forte e semplice: “Usiamo il siciliano ovunque, senza vergognarci”. Un invito alla consapevolezza e all’orgoglio linguistico e culturale.
Difendere la lingua siciliana non è un atto nostalgico, ma un gesto concreto per valorizzare l’identità siciliana in chiave contemporanea. La Simana dû Sicilianu rappresenta un’occasione per riappropriarsi di una voce comune, da usare con naturalezza, rispetto e orgoglio.
Ah, la lingua siciliana! Ricca, colorita, poetica… e piena di tranelli linguistici che possono mettere in crisi chi non la conosce bene. Oggi parliamo di una parola apparentemente innocente, ma che può creare non pochi malintesi: UNNI.
Se sei siciliano, già sorridi. Se non lo sei, lascia che ti spieghi. Unni non è, come potrebbe sembrare a un orecchio inesperto, una persona o una creatura misteriosa, tipo “l’Unni” che suona come un guerriero barbaro pronto all’attacco. No, no, tranquillo! In siciliano, unni significa semplicemente dove.
“Unni vai?” (Dove vai?)
“Unni stai?” (Dove sei?)
“Unni mi lassi?” (Dove mi lasci?)
Ora immagina uno che non lo sa. Sente un siciliano urlare: “Unni si?!” e pensa: “Ma chi è ‘stu Unni? Un capomafia? Un boss? Un’entità mistica?”. E già immaginiamo la scena tragicomica con l’ospite che risponde terrorizzato: “Io? Io non so niente! Non conosco nessun Unni!”
E ancora, se un siciliano entra in un negozio e chiede “Unni su li patati?” e il commesso non capisce il dialetto, potrebbe pure rispondere con un “Signore, qui non vendiamo guerrieri asiatici, solo verdura e ortaggi!”.
Ma non è finita qui! La parola unni può essere ulteriormente complicata dall’aggiunta di “cca” (qui) o “ddà” (là), dando vita a combinazioni come “Unni cca?” (Dove qui?) e “Unni ddà?” (Dove là?). E se ci metti pure un bel “eh!” alla fine, diventa ancora più teatrale: “Unni eh?!” che suona come una sfida epica alla quale nessuno può sottrarsi!
E quindi, amici non siciliani, la prossima volta che un siciliano vi chiede “Unni siti?”, non preoccupatevi! Non è un interrogatorio, non è un codice segreto, non vi stanno cercando per qualche oscuro motivo… Vi stanno semplicemente chiedendo dove siete! E magari vi vogliono pure offrire un cannolo.
Viva il siciliano e viva “Unni”