Favignana
In fin di vita 30enne di Favignana dopo una brutale aggressione in Spagna. Salvatore Sinagra picchiato all’esterno di un locale
Da sabato Salvatore è in coma nel reparto di rianimazione dell'ospedale di Las Palmas, dietro la porta il padre e il fratello
Laura Spanò1 Febbraio 2025 - Cronaca
  • Cronaca

    Lanzarote (Canarie -Spagna) – Una discussione banale, in un bar, poi l’aggressione brutale, così senza un motivo. Ora Salvatore Sinagra 30 anni di Favignana è in fin di vita nel reparto di rianimazione dell’ospedale di Las Palmas (capitale delle Canarie – Spagna) “Mio figlio – dice il padre Andrea raggiunto telefonicamente in ospedale  –  è in coma con il cranio spaccato perché ha incrociato la persona sbagliata. Nessuno sa chi sia. La polizia spagnola mi dice che sta indagando ma finora non ci sono sviluppi”. “Tutto è accaduto la sera di sabato scorso” – dice ancora Sinagra che da quando ha avuto la notizia vive di fronte a una porta dell’ospedale di Las Palmas, pregando per suo figlio Salvatore, trent’anni. Sinagra è disperato e affranto. Si è affidato al consolato italiano e alla polizia locale, confidando nell’impegno delle investigatori, ma da questi ultimi ancora nessuna novità.

    Gli chiediamo cosa sia accaduto davanti quel bar sabato scorso…

    “Salvatore è stato picchiato all’esterno di un locale di Lanzarote, mentre si trovava assieme ad alcuni amici. Stava giocando al calciobalilla, quando si sono avvicinati alcuni clienti. C’è stata una discussione, ma niente di grave, con un giovane. Così mi hanno raccontato gli amici di mio foglio. Tutta la scena sarebbe stata ripresa dalle telecamere di sicurezza” racconta il papà con la voce procata dal dolore.  Qualche minuto dopo Salvatore esce per fumare sigaretta. Lì avviene l’aggressione. “Il giovane con cui aveva parlato in precedenza – racconta al telefono – lo ha assalito all’esterno e lo ha picchiato selvaggiamente. Gli ha spaccato la testa, forse con un tirapugni”. Anche qui, parte della scena sarebbe stata ripresa dalle telecamere esterne. Salvatore sarebbe stato sollevato e scaraventato a terra. Andrea Sinagra non riesce quasi a parlare. “La guardia civil mi dice che le indagini sono in corso ma non riesco a capire se ci sono sviluppi. Mio figlio è in un letto d’ospedale e chi lo ha ridotto in questo stato è ancora libero. Ho parlato con il Consolato mi hanno aiutato a trovare una casa, ma io voglio, esigo giustizia per mio figlio, un ragazzo solare, allegro, pieno di vita. I medici che si stanno prendendo cura di lui mi hanno spiegato che c’è il rischio di conseguenze permanenti. Vi prego aiutatemi, chiedo anche al presidente della Regione, mi aiuti, intervenga per capire cosa sta facendo la guardia civil. E’ già passata una settimana”.

    Salvatore, intanto che in un primo momento era stato ricoverato a Lanzarote è stato nel frattempo  traferito a Las Palmas, dov’è stato sottoposto a un delicatissimo intervento alla testa, per ridurre l’ematoma al cervello.

    Il trentenne dopo aver vissuto a lungo sull’isola spagnola e aver gestito un caffè, stava per trasferirsi di nuovo a Favignana.




  • Trapani
    Ciaccio Montalto, 42 anni dopo mai una parola di scuse
    Trapani e il delitto del magistrato ucciso e mascariato
    Rino Giacalone25 Gennaio 2025 - Cronaca
  • Memoria e giustizia: il cammino verso il 21 marzo a Trapani con Libera Cronaca

    Trapani – Vado diretto. Senza giri di parole. Anche su di giri, lo riconosco. Non sono speranzoso di aprire chissà quale breccia, però sono abituato a non mandare a dire le cose.

    Sono trascorsi con oggi 42 anni dall’omicidio mafioso del magistrato Gian Giacomo Ciaccio Montalto. Quando fu ammazzato, in quel di Valderice, il 25 gennaio 1983, aveva 42 anni, era pm a Trapani in procinto di assumere lo stesso ufficio a Firenze. Stava andando via da Trapani, la mafia trapanese decise di liberarsi di lui in maniera definitiva. Ci vorranno decenni a capire il perché di quella decisione. In Toscana Cosa nostra aveva già la sua base, c’erano all’opera i mafiosi della provincia di Trapani, che lì riciclavano i capitali nel mondo delle imprese, e negli affari. Era evidente che il delitto era di mafia, ma Cosa nostra si diede subito da fare a sporcare, a mascariare, il nome di quel magistrato. Non dovette sforzarsi molto, riuscì subito nell’intento, complice una società che all’epoca negava l’esistenza della mafia. Ma le complicità non erano solo in giro per le strade della città, albergavano nei salotti, in mezzo alla borghesia cittadina, dentro a quel Tribunale, dove girava il verme della corruzione, dove c’era un procuratore della Repubblica che spesso faceva passare per incerto quello che a lui stesso risultava certo. Le parole non sono mie, ma proprio del magistrato Ciaccio Montalto, scritte in una delle lettere che si scambiò con un altro giudice per bene, Mario Almerighi.

    Veniamo al dunque!

    Ecco, vengo al dunque: in 42 anni da quel delitto non ho mai sentito una sola persona chiedere scusa a Gian Giacomo Ciaccio Montalto. Tante iniziative a ricordarlo, mostre, teatro, convegni, barche a vela (cosa questa che fa impazzire la città, dimenticando che con le vele la mafia ha fatto grandi business), ma mai nessuno a chiedere perdono, per aver maltrattato quel magistrato, in vita e poi anche dopo essere stato vittima della mafia. Ciaccio Montalto fu il primo pm ad essere ucciso, fino ad allora la mafia aveva usato i sicari per uccidere i capi degli uffici, delitti orribili, ma fino al 1983 aveva risparmiato i sostituti procuratori. In Ciaccio Montalto aveva riconosciuto l’inquirente che non si sarebbe fermato mai davanti a niente, che nessuno sarebbe mai riuscito a convincere “ad abbassare i toni”, il nemico da sconfiggere. Perché era anche quello che dentro al mondo della giustizia aveva saputo riconoscere i mali, quei problemi da sconfiggere per riuscire a saper rendere Giustizia.

    Ci sono carte da rileggere molto bene.

    La politica, allora quella di governo rappresentata dalla Dc, che metteva mano nelle nomine dei vertici giudiziari. La politica che grazie a certi procuratori modellava le leggi in certa maniera, “senza tenere conto dell’interesse pubblico”. Ciaccio Montalto che riconosceva di “vivere in fondo al sacco”, ma che Trapani era un osservatorio privilegiato per capire come andavano certe cose, perché, riconosceva, c’erano decisioni sottoscritte a Roma o a Palermo, ma che era qui, dove viveva lui, che venivano prese. Trapani, dove in quegli anni la mafia con la politica, e la massoneria, avevano costituito un invincibile convitato di pietra. Capace di spiare il lavoro di magistrati e mandare a dire a certi poliziotti, per esempio, che il regno degli esattori Salvo di Salemi non doveva essere mai toccato. Ucciso Ciaccio Montalto, pochi mesi dopo, a Palermo, la stessa mafia fece a pezzi con l’esplosivo il capo dell’ufficio Istruzione, il giudice Rocco Chinnici. Ciaccio Montalto che scriveva del mondo delle carceri. Pare leggere qualcosa di attuale, i mafiosi trattati con rispetto, i poveracci maltrattati. O ancora, il passaggio nei suoi scritti dedicato al terrorismo, “usato come specchietto per le allodole”, per non far guardare verso altri versanti. Ma non vi sembra che la situazione di quegli anni è sovrapponibile a quella di oggi?

    L’impegno:

    Oggi che si dice che l’emergenza sono i migranti o ancora tante altre cose, compresi i chiodi infilzati nelle centraline ferroviarie, o che è dispendioso dare risorse ai Palazzi di Giustizia, ogni giorno svuotati di qualcosa. La mafia comandava e intanto Ciaccio Montalto passava per uno ammazzato per questioni amorose. Lui che aveva scelto di animare una corrente della magistratura dal nome altosonante, Impegno Costituzionale. Lui nella Costituzione ci credeva per davvero, tanto da perderci la propria vita. Ed allora chiudete con le scuse quella stagione infame. Così davvero si potrà ricordare per come merita il magistrato Gian Giacomo Ciaccio Montalto.




  • Erice
    Il buon vento che semina Giustizia e forma le coscienze
    Libera, cento passi verso il 21 marzo, organizza un momento per ricordare GianGiacomo Ciaccio Montalto
    Laura Spanò21 Gennaio 2025 - Cronaca
  • Memoria e giustizia: il cammino verso il 21 marzo a Trapani con Libera Cronaca

    Erice –Il buon vento che semina Giustizia e forma le coscienze. Libera, nei cento passi verso il 21 marzo, organizza un’assemblea pubblica per ricordare il magistrato Giangiacomo Ciaccio Montalto con i cittadini e le cittadine del territorio di Trapani, coinvolgendo il mondo associativo, per parlare di memoria, impegno e antimafia.

    Alla malerba della mafia e del silenzio, va opposta la pianta del cambiamento responsabile.

    Appuntamento a Trapani, il 27 gennaio, alle ore 17:00, presso il seminario vescovile, Via Cosenza, 19, Erice Casa Santa, sarà presente anche don Luigi Ciotti.

    La Sicilia abbraccia familiari e vittime innocenti

    Promossa da Libera e Avviso Pubblico il 20 e 21 marzo, Trapani e la Sicilia abbracceranno le centinaia di familiari di vittime innocenti delle mafie provenienti da tutta Italia. In attesa di questo grande evento in tutta Italia, si sta già lavorando.

    Dal ’96 anno della sua nascita la “Giornata” ha reso protagonista una vasta rete di associazioni, scuole, realtà sociali, enti locali, in un percorso di continuo cambiamento dei territori, “nel segno del noi, nel segno di Libera”.

    Leggere i nomi e i cognomi come un interminabile rosario civile:

    Ogni anno una città diversa con un lungo elenco di nomi scandisce la memoria che si fa impegno quotidiano. Leggere i nomi e i cognomi come un interminabile rosario civile, per farli vivere ancora, per non farli morire mai. Il 21 marzo a Trapani e in tanti luoghi d’Italia insieme per un abbraccio sincero ai familiari delle vittime innocenti delle mafie, non dimenticando le vittime delle stragi, del terrorismo e del dovere.

    “Trapani e la Sicilia rappresentano un territorio ricco di storia, di cultura e di sviluppo civico. Sono luoghi depredati dalla forza criminale, ma capaci di percorsi di alternativa, che illumineremo nell’ambito di un periodo che novembre del 2024 ci porterà fino al 21 marzo 2025, e che darà la forza anche per un ulteriore impegno territoriale successivo alla manifestazione. Continueremo a chiedere piena luce sulle troppe stragi d’Italia che ancora aspettano che sia scritta la verità piena e accertata”.




  • Trapani
    Il processo Bulgarella contro Tranchida
    Intervento del sindaco di Trapani, "la città è parte civile"
    Redazione17 Gennaio 2025 - Attualità
  • lettere al direttore da parte di Giacomo Tranchida sindaco Attualità

    Trapani,  Riceviamo e pubblichiamo una lettera giunta alla nostra redazione inviataci dal Sindaco di Trapani.

    sindaco di trapani

    “Trapani e i trapanesi, sono parte civile! Nel corso della mia vita, ligio ai valori familiari trasmessimi, come mi ha insegnato mio padre, la verità non è mai stata oggetto di scambio perché non ha prezzo! Per difendere la verità e far valere la giustizia sul malaffare non bisogna mai abbassare gli occhi o “baciar mani” .

    A Trapani, per molto tempo, tanti amministratori e non solo hanno preferito girarsi dall’altra parte e far finta di non vedere, di tacere quando, addirittura, non sono stati financo conniventi rispetto ai loschi affari perpetrati ai danni della città e dei suoi cittadini.

    Insomma il quieto vivere ha fatto comodo tanto a certa politica quando ai comitati d’affari. Con l’alluvione del settembre ed a seguire ottobre del 2022, con le indagini approfondite sulle cause ed effetti – al netto delle mutazioni meteo climatiche – ho avuto modo di comprendere che uno dei sistemi naturali di smaltimento delle acque piovane, da monte a valle, era legato alla naturale funzionalità del cd canale Scalabrino.. tombato a seguito di piani di lottizzazione e correlate opere.. aggravando la gia’ precaria vulnerabilità della città di Trapani che, come è noto, risulta di pochi metri sopra il livello del mare e, in alcuni punti, a livello del mare.

    Rendere noto e pubblico tanto e’ diffamazione? Il quesito sarà posto ed oggetto di approfondimento nelle opportune sedi giudiziarie. Di certo se in questa vicenda c’è un reato in quel reato le persone offese sono i cittadini trapanesi che hanno supinamente subito il sacco edilizio della loro città”. Giacomo Tranchida sindaco di Trapani




  • Italia
    Santalucia ANM: “Aprire i Palazzi di Giustizia, non chiuderli all’informazione”
    “Il legislatore deve fare un bilanciamento degli interessi in gioco, libertà di stampa da una parte, diritto alla riservatezza dall’altro”
    Redazione16 Gennaio 2025 - Cronaca
  • Cronaca

    Roma – “Bisogna aprire i palazzi di Giustizia, non chiuderli. I cittadini devono conoscere ciò che accade nei processi: alzare muri impedendo la conoscenza dei motivi per i quali una persona viene arrestata costituisce un pericolo significativo”.
    Lo ha dichiarato il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia, intervenendo al convegno dal titolo “Giustizia. Informazione a rischio –Tutte le criticità introdotte dalle nuove norme”, organizzato a Roma, lo scorso 13 gennaio, dall’Ordine nazionale dei giornalisti, e introdotto dal presidente del Cnog, Carlo Bartoli, nel corso del quale si è discusso anche della recente riforma dell’articolo 114 del Codice di procedura penale, entrata in vigore lo scorso 7 gennaio, in base alla quale non è più consentito riportare il contenuto delle ordinanze cautelari, se non per riassunto. Santalucia ha ricordato che il processo è pubblico e che durante le indagini preliminari il segreto è funzionale a garantire lo sviluppo delle indagini stesse: se non ha più questo scopo non ha ragione di essere.

    Il legislatore:

    “Il legislatore deve fare un bilanciamento degli interessi in gioco, libertà di stampa da una parte, diritto alla riservatezza dall’altro”, ha proseguito Santalucia rilevando come in questo momento vi sia uno sbilanciamento a favore del secondo. “Il processo mediatico deve essere evitato, ma non attraverso limitazioni e divieti; piuttosto attraverso la valorizzazione di comportamenti rispettosi della deontologia”.

    Le difficolta dei Giornalisti

    Le crescenti difficoltà che i giornalisti incontrano nel poter informare correttamente e compiutamente i cittadini su quanto accade nei Palazzi di giustizia, anche a seguito dell’entrata in vigore del decreto Cartabia sulla presunzione d’innocenza, sono state ricordate dal coordinatore del Gruppo Informazione e giustizia del Cnog, Gianluca Amadori, il quale ha ricordato cosa scriveva nel 1997 l’allora pm Carlo Nordio, rivendicando il diritto dei giornalisti di dare informazioni in modo ampio sull’attività giudiziaria: “Spiace che ora, diventato ministro, abbia cambiato idea”.

    La dichiarazione di Giuseppe Guastella

    Il giornalista del Corriere della Sera, esperto cronista di giudiziaria, Giuseppe Guastella, ha dichiarato che “è assurdo vietare di riportare virgolettati tratti dalle ordinanze di custodia cautelare, obbligando il giornalista ad interpretarle, con il rischio di essere poi querelato perché non ha riportato correttamente le motivazioni di un arresto”.

    Equilibrio tra privacy e diritto all’informazione secondo Vittorio Manes

    Il professor Vittorio Manes, autore di un volume sul processo mediatico, in cui denuncia l’eccessiva spettacolarizzazione di una parte dell’informazione giudiziaria, con gravi danni per la reputazione delle persone, ha sostenuto che l’attuale equilibrio tra privacy e diritto all’informazione “non è soddisfacente, a danno della prima, come dimostrato dai ripetuti interventi del legislatore negli ultimi anni. La narrazione, in particolare durante le indagini preliminari è a senso unico a favore delle tesi dell’accusa: il giornalista dovrebbe avere una posizione più critica, dando voce anche alla difesa”, ha auspicato il noto avvocato penalista, confidando in una sempre maggiore consapevolezza da parte dei professionisti dell’informazione della necessità di maneggiare con cautela il materiale giudiziario. Le intercettazioni innanzitutto, che una volta pubblicate si trasformano da “mezzo di ricerca della prova, in una prova vera e propria, rendendo la persona coinvolta in un’indagine penale un colpevole in attesa di giudizio, alla faccia della presunzione d’innocenza”.

    Ma anche secondo Manes, da sempre critico sugli eccessi dell’informazione, la strada non è quella dei divieti o delle limitazioni alla stampa. “La questione è di carattere culturale – ha dichiarato – per arrivare ad un’informazione che eviti toni sensazionalistici, non trascuri la versione difensiva, che si astenga dal divulgare dati sensibili”.

    Le norme a sostegno della libertà di informazione

    La professoressa Marina Castellaneta dell’Università di Bari, esperta in diritto internazionale e libertà di informazione, ha ripercorso lo scenario di norme e giurisprudenza europee a sostegno della libertà di informazione, sostenendo che il decreto 188/2021 sulla presunzione d’innocenza di fatto limita la possibilità dei giornalisti di raccontare ciò che accade nei palazzi di Giustizia esorbitando i confini della direttiva europea sulla presunzione d’innocenza, che non si occupa della stampa e fornisce prescrizioni unicamente alla pubblica amministrazione, obbligandola a non indicare come colpevole una persona prima della sentenza definitiva. Castellaneta ha parlato anche della proposta di riforma del reato di diffamazione con la possibile introduzione di sanzioni pecuniarie spropositate (fino a 50 mila euro) al posto delle pene detentive “bocciate” dalla Corte costituzionale: “Sanzioni eccessive per punire la diffamazione sono state definite dalla Cedu non compatibili con la Convenzione europea in quanto producono il cosiddetto “chilling effect”, ovvero impedendo ai giornalisti di esercitare liberamente il compito di informare la collettività”.




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