Trapani – Si chiude con la condanna di Francesco Paolo Rallo, marito del sindaco di Erice, Daniela Toscano, il processo per atti persecutori nei confronti dell’imprenditore Riccardo Agliano e della moglie.
Rallo, è stato condannato a 8 mesi di reclusione e 1 anno di corsi per la riabilitazione per minacce e stalking nei confronti dell’imprenditore Agliano e della moglie, Maria Brigida Trombino. Il giudice ha disposto un risarcimento di 5.000 euro e il pagamento di 3.800 euro di spese legali.
“Trattandosi di una costola del procedimento principale che ha visto indagata la Sindaca e il di lei fratello, conclusosi con l’archiviazione da tutti i reati loro contestati- dice il legale – non può che sorprendere la sentenza emessa dal Tribunale di Trapani. Continuiamo ad avere fiducia nella magistratura e siamo certi che, una volta depositate le motivazioni, la Corte di Appello possa dare una lettura differente della vicenda riconoscendo l’assoluta estraneità del Sig. Francesco Rallo rispetto ai fatti a lui contestati”.
La vicenda risale al 2019 ed è legata al cosiddetto “caso parcheggi”. L’imprenditore Agliano aveva accusato il sindaco Toscano di aver favorito una ditta concorrente nell’aggiudicazione di un’area da adibire a parcheggio privato. L’accusa nei confronti del sindaco fu archiviata, ma il marito, Francesco Paolo Rallo, è stato accusato di aver minacciato Agliano e la moglie in diverse occasioni.
Le accuse nei confronti del marito di Daniela Toscano, Francesco Paolo Rallo, prendono quindi le mosse dal “caso parcheggi” e rappresentano uno stralcio dal procedimento principale. Rallo avrebbe ripetutamente minacciato Agliano e la consorte in almeno tre distinti episodi che sarebbero avvenuti nei pressi della scuola frequentata dai figli dell’imprenditore. “Te la faccio… o te la facciamo pagare” le parole che Rallo avrebbe rivolto ai coniugi Agliano. In una occasione, secondo l’accusa, Rallo avrebbe lasciato nell’auto di Agliano un foglio A4 recante la scritta “Sbirro” ed una croce.
Il Gip parlò addirittura di “banditismo da strada”.
Trapani – Sono stato in questi giorni in giro per Tribunali a chiedere notizie su come va l’amministrazione della Giustizia nell’anno domini Meloni e Nordio. E da Milano a Trapani, passando per Marsala e Palermo, ho trovato le stesse risposte: senza risorse non si amministra giustizia. Si, credetemi, il tema centrale è questo. Il capitolo di bilancio della Giustizia è quasi asciutto, e questo pare sin dall’origine anche dell’ultima legge di bilancio, e i capi degli uffici, presidente di Tribunale e Procuratori della Repubblica, ogni mattina debbono essere un po’ leoni e meno gazzelle, debbono mettersi alla caccia di risorse per far funzionare gli uffici.
Uffici che da Milano a Trapani fanno il conto con una gravissima carenza di personale amministrativo, a Trapani tra poco apporranno in Procura una targa a perenne ricordo dell’ultimo dirigente amministrativo visto girare per quegli uffici, cosa che costringe il capo della Procura a fare le veci del dirigente amministrativo. Per non parlare delle novità informatiche appena introdotte. Trovare un sistema che funziona è cosa rara, le nuove applicazioni sembrano essere nate obsolete, e però al Ministero di Grazia e Giustizia hanno dimenticato che come ogni novità informatica la stessa debba essere un qualche modo accompagnata da personale apposta formato, specializzato, così se c’è un intoppo qualcuno possa subito risolverlo. Dicono al ministero che questo aspetto è stato dimenticato.
E questo è quello che è possibile cogliere al volo, mettendo piede, anche per poco tempo, negli uffici giudiziari. L’ultima è stata appresa ieri: dinanzi ad un grave vuoto di organico dei magistrati nell’ufficio della Procura, in tre mesi a Roma, al Csm, non si è riuscita a sbloccare la procedura per applicare nell’ufficio inquirente trapanese anche un solo pm. Il “volontario” c’è, manca l’assenso.
E però cari lettori volete mettere la novità che risulterà decisiva per le sorti della Giustizia e nostre? Tra poco le carriere di giudici e pm verranno separate. Evviva gridano dal Governo, dalla maggioranza post fascista e hip hip urrà gridano gli avvocati. Non ci si rende conto che tra poco da separare resterà poco o nulla se via via gli organici di giudici e magistrati sono destinati ad assottigliarsi.
Ieri le adesioni allo sciopero sono state in media dell’80 per cento, a Trapani adesioni totali, anche a Marsala. “I Magistrati del Tribunale e della Procura della Repubblica di Trapani, all’unanimità, hanno aderito allo sciopero del 27 febbraio – dice il giudice Giancarlo Caruso al vertice della sottosezione dell’Anm di Trapani – E’ stata una giornata storica per la magistratura italiana che mai, nella sua storia, aveva trovato una compattezza e un’armonia di intenti così profonde, segno tangibile della gravità della situazione attuale. E’ in gioco, infatti, – evidenzia il giudice Caruso – l’autonomia e l’indipendenza della magistratura requirente e, con essa, il principio dell’uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge. La giornata di domani è solo l’inizio di una mobilitazione dei magistrati italiani che intendono comunicare e spiegare ai cittadini i danni che queste riforme potrebbero arrecare al funzionamento della giustizia e allo stato di diritto”.
All’ingresso del Palazzo di Giustizia di Trapani l’Anm ha collocato la sagoma di una persona con addosso una toga e affianco la spiegazione delle ragioni dello sciopero, perché coì chiunque possa documentarsi. Ma non saremo onesti nel tacere su tutto quello che sta accadendo. La Costituzione nata da un larghissimo confronto parlamentare sta per essere smontata da una maggioranza che odia il confronto politico. Una maggioranza che ragiona con la forza dei numeri, e se i numeri non ci sono si fanno le leggi perché ci siano. Post fascismo non è altro. Vogliono incidere col bisturi sulla Costituzione, così come i mafiosi col loro bisturi incidevano sui territori. Magistrati e giudici spossessati di metodi investigativi, reati cancellati, prescrizioni a portata di mano per i colpevoli a danno delle vittime, giornalisti imbavagliati, decreto sicurezza che autorizza a delinquere e che limita gravemente quelle forme di dissenso che costituiscono uno degli architravi della nostra democrazia e poi lesioni gravi del principio di uguaglianza e delle libertà. Per non parlare della caccia al migrante invece che farla ai trafficanti di uomini, ai torturatori, le deportazioni in Albania.
C’è chi recita la parte del famoso “spaventato del presepio”, facendo finta di essere sorpreso racconta di scioperi incostituzionali. Facendo finta di non vedere che da anni ci sono Governi, ultimo di più di altri, che hanno affondato la Costituzione espropriando il Parlamento del potere legislativo. Ne vogliamo parlare? Vogliamo prendere atto che siamo in presenza di un processo degenerativo che va aumentando con carattere esponenziale. Il tema cari lettori non è la separazione dei poteri tra giudici e pm, che non ha ragione di esistere perché i numeri su procedimenti e sentenze dicono tanto sulla già esistente indipendenza tra i due uffici, inquirente e giudicante, e che in anni di perenne crisi finanziaria, separare significa duplicare i costi della macchina giudiziaria, così per fare due veloci esempi, senza dimenticare che la figura che si vuole tratteggiare è quella di un pm sottoposto al potere esecutivo. No il tema non è la separazione delle carriere ma semmai la pericolosissima concentrazione di poteri che si vuole attuare con la riforma Nordio. La magistratura e non il potere esecutivo è un presidio essenziale per la tutela dei diritti. L’indipendenza e l’autonomia sono gli antidoti contro la concentrazione dei poteri. Il CSM presieduto dal Capo dello Stato rappresenta il connotato essenziale per questo equilibrio. Ma c’è un Governo che vuol agire anche senza attendere le riforme. Impedendo ai giornalisti di scrivere e ordinando all’intelligence attività di intercettazioni illegali, poi quando le cose si scoprono cadono tutti dal pero! Non stanno mettendo in discussione la Giustizia, la libertà d’informazione, stanno mettendo in discussione la Democrazia!
Palermo – Rinviata al prossimo 5 marzo dinanzi al Gup di Palermo, Paolo Magro l’udienza preliminare sul rinvio a giudizio degli indagati coinvolti nell’operazione antimafia Eirene. Fra questi l’ex senatore alcamese Nino Papania e l’ex vice-sindaco di Alcamo, Pasquale Perricone.
Il rinvio dell’udienza è stato deciso per dare la possibilità ai legali dei 13 imputati, di presentare altra documentazione e di scegliere il rito da seguire, se ordinario o abbreviato, o l’eventuale patteggiamento.
L’udienza preliminare è stata quindi rinviata di una settimana, precisamente a mercoledì 5 marzo alle ore 11, al nuovo palazzo di giustizia di Palermo.
Trapani – Definito il programma della “Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie”, promossa da Libera e Avviso Pubblico che si svolgerà a Trapani, con il Patrocinio della Rai e del Comune di Trapani prevista per il 21 Marzo a Trapani.
Intanto “Giovedì 20 marzo, Trapani, la Sicilia abbraccia le centinaia di familiari provenienti dalla Calabria, Sicilia, Puglia, Campania, dal Nord Italia, dall’Europa, America Latina e Africa che si ritroveranno alle 15 presso il cinema/teatro Ariston per Assemblea Nazionale a seguire la Veglia ecumenica presso Cattedrale di San Lorenzo – sottolineano i promotori -. Trapani e la Sicilia rappresentano un territorio ricco di storia, di cultura e di sviluppo civico. Sono luoghi depredati dalla forza criminale, ma capaci di percorsi di alternativa, che illumineremo nell’ambito di un periodo che novembre del 2024 ci porterà fino al 21 marzo 2025, e che darà la forza anche per un ulteriore impegno territoriale successivo alla manifestazione”.
E poi proseguono: “Cammineremo, come ogni anno, al fianco dei familiari delle vittime innocenti, per sostenere le loro istanze di giustizia e verità e per rinnovare la memoria collettiva e il nostro impegno per il bene comune. Continueremo a chiedere piena luce sulle troppe stragi d’Italia che ancora aspettano che sia scritta la verità piena e accertata. Attraverso il percorso che ci condurrà al 21 marzo e negli esiti che la Giornata produrrà, affronteremo le problematiche che oggi rendono la provincia di Trapani e la Sicilia tutta un feudo per criminalità mafiosa, massoneria deviata e corruzione sistemica. Lo faremo insieme alle migliaia di cittadini e cittadine e alle centinaia di realtà sociali, che quotidianamente si battono per vivere in un luogo in cui la cultura del diritto prevalga sulla cultura del privilegio e della sopraffazione. Lo faremo creando spazi di confronto e protagonismo delle tante realtà positive che quotidianamente costruiscono spazi che rispondono ai principi della Carta Costituzionale”.
C’è un’Italia che reagisce all’indifferenza, all’illegalità, alle mafie e alla corruzione che devasta i beni comuni e ruba la speranza. Un’Italia consapevole che la convivenza civile e pacifica si fonda sulla giustizia sociale, sulla dignità e la libertà di ogni persona. Un’Italia che il 21 marzo si mobilita con momenti di lettura, di riflessioni, di incontri per ricordare gli oltre 1000 nomi delle vittime innocenti delle mafie.
“La Giornata promossa da Libera – spiegano i promotori -, dal 2017 è stata riconosciuta dallo Stato e vedrà una grande partecipazione: giovani, associazioni, gruppi, rappresentanti delle istituzioni, del sindacato, del mondo della scuola, della cultura, dello sport.” “Ad un mese dalla manifestazione – aggiungono -, sono più di 100 le iniziative, incontri nelle scuole, seminari che si sono svolti e continueranno a svolgersi in tutta la regione nei 100 passi in preparazione al 21 marzo.
Genova – Le storie di Margherita Asta e Rino Giacalone si sono intrecciate nel tempo, unite dal comune impegno per la verità e la giustizia. Rino Giacalone, direttore di TrapaniOggi.it e giornalista di cronaca, ha incontrato Margherita anni fa, intervistandola sulla tragica strage di Pizzolungo, avvenuta il 2 aprile 1985. Quel giorno, la mafia uccise la madre di Margherita, Barbara Rizzo, 31 anni, e i suoi fratellini gemelli Giuseppe e Salvatore, di appena 6 anni.
“Una storia apparentemente piccola, che molti volevano dimenticare – racconta Rino Giacalone – ma che da sempre sappiamo essere parte di una vicenda molto più grande: quella del nostro Paese. La nostra democrazia e la nostra libertà si fondano su commistioni e compromessi tra pezzi delle istituzioni e la mafia, una realtà di una gravità assoluta”. La strage di Pizzolungo non fu un episodio isolato, ma il riflesso di un sistema criminale che ha cercato di piegare la società civile al proprio potere”.
Anche se senza incontrarsi direttamente, negli ultimi giorni le loro strade si sono incrociate ancora una volta tra Genova e il Tigullio. Il 6 febbraio, Margherita Asta ha portato la sua testimonianza nelle scuole del Tigullio, sottolineando come la Memoria non sia solo un dovere di chi ha subito perdite personali, ma un impegno collettivo, necessario per costruire un futuro libero dalle mafie.
Il 14 febbraio, Rino Giacalone ha parlato davanti a una sala gremita al Genova Blue District, raccontando la sua esperienza di giornalista e cittadino impegnato nella ricerca della verità. Due incontri, due storie, un’unica missione: quella di far conoscere e ricordare ciò che è stato, affinché non si ripeta.
Questi due percorsi si intrecciano in un anno significativo: il 21 marzo, Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, sarà celebrato a Trapani. La città che ha segnato profondamente le loro vite diventerà il centro di una riflessione collettiva sulla necessità di un impegno continuo contro la criminalità organizzata.
Margherita Asta e Rino Giacalone ci ricordano che il cambiamento passa attraverso le scelte di ognuno di noi. La Memoria non è solo un esercizio del passato, ma uno strumento per costruire un presente e un futuro più giusti.
Trapani – Rimane libera, ma la sua posizione è al vaglio degli inquirenti che potrebbero cambiare la misura nei suoi confronti, la 50enne di Macerata, che la notte di San Valentino ha ucciso a coltellate il compagno trapanese, Giovanni Anguzza 65 anni.
La donna, ha risposto alle domande di investigatori e magistrati.
Sulla vicenda ha confermato la violenza, la colluttazione, ma non il legame sentimentale, ha infatti detto di essere legata sentimentalmente ad una donna.
Al contrario i familiari della vittim invece, hanno confermato che il padre era legato sentimentalmente alla donna da qualche tempo. Erano a conoscenza che i due si frequentassero. Il legale dei familiari, l’avvocato Sebastiano Gabriele, ha chiesto a nome loro “Giustizia” e, che venga alla luce la verità.
Intanto restano da chiarire alcuni dubbi sulla vicenda. A cominciare dal movente. La donna infatti dice di avere agito per difendersi da una violenza sessuale da parte dell’uomo.
Martedì intanto la Procura ha prevista l’autopsia che dovrà chiarire quante colpi hanno raggiunto la vittima che poi è deceduta in ospedale. Giovanni Anguzza infatti è arrivato in ospedale in gravissime condizioni a causa delle ferite ma è morto subito dopo nonostante i medici hanno fatto di tutto per salvarlo.
Lanzarote (Canarie -Spagna) – Una discussione banale, in un bar, poi l’aggressione brutale, così senza un motivo. Ora Salvatore Sinagra 30 anni di Favignana è in fin di vita nel reparto di rianimazione dell’ospedale di Las Palmas (capitale delle Canarie – Spagna) “Mio figlio – dice il padre Andrea raggiunto telefonicamente in ospedale – è in coma con il cranio spaccato perché ha incrociato la persona sbagliata. Nessuno sa chi sia. La polizia spagnola mi dice che sta indagando ma finora non ci sono sviluppi”. “Tutto è accaduto la sera di sabato scorso” – dice ancora Sinagra che da quando ha avuto la notizia vive di fronte a una porta dell’ospedale di Las Palmas, pregando per suo figlio Salvatore, trent’anni. Sinagra è disperato e affranto. Si è affidato al consolato italiano e alla polizia locale, confidando nell’impegno delle investigatori, ma da questi ultimi ancora nessuna novità.
Gli chiediamo cosa sia accaduto davanti quel bar sabato scorso…
“Salvatore è stato picchiato all’esterno di un locale di Lanzarote, mentre si trovava assieme ad alcuni amici. Stava giocando al calciobalilla, quando si sono avvicinati alcuni clienti. C’è stata una discussione, ma niente di grave, con un giovane. Così mi hanno raccontato gli amici di mio foglio. Tutta la scena sarebbe stata ripresa dalle telecamere di sicurezza” racconta il papà con la voce procata dal dolore. Qualche minuto dopo Salvatore esce per fumare sigaretta. Lì avviene l’aggressione. “Il giovane con cui aveva parlato in precedenza – racconta al telefono – lo ha assalito all’esterno e lo ha picchiato selvaggiamente. Gli ha spaccato la testa, forse con un tirapugni”. Anche qui, parte della scena sarebbe stata ripresa dalle telecamere esterne. Salvatore sarebbe stato sollevato e scaraventato a terra. Andrea Sinagra non riesce quasi a parlare. “La guardia civil mi dice che le indagini sono in corso ma non riesco a capire se ci sono sviluppi. Mio figlio è in un letto d’ospedale e chi lo ha ridotto in questo stato è ancora libero. Ho parlato con il Consolato mi hanno aiutato a trovare una casa, ma io voglio, esigo giustizia per mio figlio, un ragazzo solare, allegro, pieno di vita. I medici che si stanno prendendo cura di lui mi hanno spiegato che c’è il rischio di conseguenze permanenti. Vi prego aiutatemi, chiedo anche al presidente della Regione, mi aiuti, intervenga per capire cosa sta facendo la guardia civil. E’ già passata una settimana”.
Salvatore, intanto che in un primo momento era stato ricoverato a Lanzarote è stato nel frattempo traferito a Las Palmas, dov’è stato sottoposto a un delicatissimo intervento alla testa, per ridurre l’ematoma al cervello.
Il trentenne dopo aver vissuto a lungo sull’isola spagnola e aver gestito un caffè, stava per trasferirsi di nuovo a Favignana.
Trapani – Vado diretto. Senza giri di parole. Anche su di giri, lo riconosco. Non sono speranzoso di aprire chissà quale breccia, però sono abituato a non mandare a dire le cose.
Sono trascorsi con oggi 42 anni dall’omicidio mafioso del magistrato Gian Giacomo Ciaccio Montalto. Quando fu ammazzato, in quel di Valderice, il 25 gennaio 1983, aveva 42 anni, era pm a Trapani in procinto di assumere lo stesso ufficio a Firenze. Stava andando via da Trapani, la mafia trapanese decise di liberarsi di lui in maniera definitiva. Ci vorranno decenni a capire il perché di quella decisione. In Toscana Cosa nostra aveva già la sua base, c’erano all’opera i mafiosi della provincia di Trapani, che lì riciclavano i capitali nel mondo delle imprese, e negli affari. Era evidente che il delitto era di mafia, ma Cosa nostra si diede subito da fare a sporcare, a mascariare, il nome di quel magistrato. Non dovette sforzarsi molto, riuscì subito nell’intento, complice una società che all’epoca negava l’esistenza della mafia. Ma le complicità non erano solo in giro per le strade della città, albergavano nei salotti, in mezzo alla borghesia cittadina, dentro a quel Tribunale, dove girava il verme della corruzione, dove c’era un procuratore della Repubblica che spesso faceva passare per incerto quello che a lui stesso risultava certo. Le parole non sono mie, ma proprio del magistrato Ciaccio Montalto, scritte in una delle lettere che si scambiò con un altro giudice per bene, Mario Almerighi.
Ecco, vengo al dunque: in 42 anni da quel delitto non ho mai sentito una sola persona chiedere scusa a Gian Giacomo Ciaccio Montalto. Tante iniziative a ricordarlo, mostre, teatro, convegni, barche a vela (cosa questa che fa impazzire la città, dimenticando che con le vele la mafia ha fatto grandi business), ma mai nessuno a chiedere perdono, per aver maltrattato quel magistrato, in vita e poi anche dopo essere stato vittima della mafia. Ciaccio Montalto fu il primo pm ad essere ucciso, fino ad allora la mafia aveva usato i sicari per uccidere i capi degli uffici, delitti orribili, ma fino al 1983 aveva risparmiato i sostituti procuratori. In Ciaccio Montalto aveva riconosciuto l’inquirente che non si sarebbe fermato mai davanti a niente, che nessuno sarebbe mai riuscito a convincere “ad abbassare i toni”, il nemico da sconfiggere. Perché era anche quello che dentro al mondo della giustizia aveva saputo riconoscere i mali, quei problemi da sconfiggere per riuscire a saper rendere Giustizia.
La politica, allora quella di governo rappresentata dalla Dc, che metteva mano nelle nomine dei vertici giudiziari. La politica che grazie a certi procuratori modellava le leggi in certa maniera, “senza tenere conto dell’interesse pubblico”. Ciaccio Montalto che riconosceva di “vivere in fondo al sacco”, ma che Trapani era un osservatorio privilegiato per capire come andavano certe cose, perché, riconosceva, c’erano decisioni sottoscritte a Roma o a Palermo, ma che era qui, dove viveva lui, che venivano prese. Trapani, dove in quegli anni la mafia con la politica, e la massoneria, avevano costituito un invincibile convitato di pietra. Capace di spiare il lavoro di magistrati e mandare a dire a certi poliziotti, per esempio, che il regno degli esattori Salvo di Salemi non doveva essere mai toccato. Ucciso Ciaccio Montalto, pochi mesi dopo, a Palermo, la stessa mafia fece a pezzi con l’esplosivo il capo dell’ufficio Istruzione, il giudice Rocco Chinnici. Ciaccio Montalto che scriveva del mondo delle carceri. Pare leggere qualcosa di attuale, i mafiosi trattati con rispetto, i poveracci maltrattati. O ancora, il passaggio nei suoi scritti dedicato al terrorismo, “usato come specchietto per le allodole”, per non far guardare verso altri versanti. Ma non vi sembra che la situazione di quegli anni è sovrapponibile a quella di oggi?
Oggi che si dice che l’emergenza sono i migranti o ancora tante altre cose, compresi i chiodi infilzati nelle centraline ferroviarie, o che è dispendioso dare risorse ai Palazzi di Giustizia, ogni giorno svuotati di qualcosa. La mafia comandava e intanto Ciaccio Montalto passava per uno ammazzato per questioni amorose. Lui che aveva scelto di animare una corrente della magistratura dal nome altosonante, Impegno Costituzionale. Lui nella Costituzione ci credeva per davvero, tanto da perderci la propria vita. Ed allora chiudete con le scuse quella stagione infame. Così davvero si potrà ricordare per come merita il magistrato Gian Giacomo Ciaccio Montalto.
Erice –Il buon vento che semina Giustizia e forma le coscienze. Libera, nei cento passi verso il 21 marzo, organizza un’assemblea pubblica per ricordare il magistrato Giangiacomo Ciaccio Montalto con i cittadini e le cittadine del territorio di Trapani, coinvolgendo il mondo associativo, per parlare di memoria, impegno e antimafia.
Promossa da Libera e Avviso Pubblico il 20 e 21 marzo, Trapani e la Sicilia abbracceranno le centinaia di familiari di vittime innocenti delle mafie provenienti da tutta Italia. In attesa di questo grande evento in tutta Italia, si sta già lavorando.
Dal ’96 anno della sua nascita la “Giornata” ha reso protagonista una vasta rete di associazioni, scuole, realtà sociali, enti locali, in un percorso di continuo cambiamento dei territori, “nel segno del noi, nel segno di Libera”.
Ogni anno una città diversa con un lungo elenco di nomi scandisce la memoria che si fa impegno quotidiano. Leggere i nomi e i cognomi come un interminabile rosario civile, per farli vivere ancora, per non farli morire mai. Il 21 marzo a Trapani e in tanti luoghi d’Italia insieme per un abbraccio sincero ai familiari delle vittime innocenti delle mafie, non dimenticando le vittime delle stragi, del terrorismo e del dovere.
“Trapani e la Sicilia rappresentano un territorio ricco di storia, di cultura e di sviluppo civico. Sono luoghi depredati dalla forza criminale, ma capaci di percorsi di alternativa, che illumineremo nell’ambito di un periodo che novembre del 2024 ci porterà fino al 21 marzo 2025, e che darà la forza anche per un ulteriore impegno territoriale successivo alla manifestazione. Continueremo a chiedere piena luce sulle troppe stragi d’Italia che ancora aspettano che sia scritta la verità piena e accertata”.
“Trapani e i trapanesi, sono parte civile! Nel corso della mia vita, ligio ai valori familiari trasmessimi, come mi ha insegnato mio padre, la verità non è mai stata oggetto di scambio perché non ha prezzo! Per difendere la verità e far valere la giustizia sul malaffare non bisogna mai abbassare gli occhi o “baciar mani” .
A Trapani, per molto tempo, tanti amministratori e non solo hanno preferito girarsi dall’altra parte e far finta di non vedere, di tacere quando, addirittura, non sono stati financo conniventi rispetto ai loschi affari perpetrati ai danni della città e dei suoi cittadini.
Insomma il quieto vivere ha fatto comodo tanto a certa politica quando ai comitati d’affari. Con l’alluvione del settembre ed a seguire ottobre del 2022, con le indagini approfondite sulle cause ed effetti – al netto delle mutazioni meteo climatiche – ho avuto modo di comprendere che uno dei sistemi naturali di smaltimento delle acque piovane, da monte a valle, era legato alla naturale funzionalità del cd canale Scalabrino.. tombato a seguito di piani di lottizzazione e correlate opere.. aggravando la gia’ precaria vulnerabilità della città di Trapani che, come è noto, risulta di pochi metri sopra il livello del mare e, in alcuni punti, a livello del mare.
Rendere noto e pubblico tanto e’ diffamazione? Il quesito sarà posto ed oggetto di approfondimento nelle opportune sedi giudiziarie. Di certo se in questa vicenda c’è un reato in quel reato le persone offese sono i cittadini trapanesi che hanno supinamente subito il sacco edilizio della loro città”. Giacomo Tranchida sindaco di Trapani