Agrigento – La città ricorda Rosario Livatino, il giudice ragazzino ucciso dalla mafia 35 anni fa. Alle ore 12 cerimonia commemorativa alla stele dove è stato assassinato.
Nel maggio 2021 Livatino è stato proclamato beato da papa Francesco. “Per lui – ha detto monsignor Juan Ignacio Arrieta, segretario del Pontificio consiglio per i testi legislativi – la fede e il diritto erano realtà interdipendenti, tra le quali a volte c’è un confronto armonioso, a volte lacerante, ma sempre vitale e indispensabile”.
Trentacinque anni fa, il 21 settembre 1990, il giovane giudice Rosario Livatino, come ogni mattina, si preparò per andare in tribunale. Salì sulla sua vecchia Ford Fiesta color amaranto e imboccò la strada che lo portava al lavoro, fedele al proprio dovere. Non poteva sapere – o forse lo intuiva – che quella sarebbe stata la sua ultima corsa.
Giunto all’altezza del viadotto Gasena, in territorio di Agrigento, l’auto su cui viaggiava senza scorta venne speronata da un’altra vettura. A bordo c’erano quattro sicari assoldati dalla Stidda agrigentina, l’organizzazione mafiosa in contrasto con Cosa nostra. Livatino tentò disperatamente la fuga attraverso i campi, già ferito a una spalla da un colpo di pistola. Corse per poche decine di metri, prima di essere raggiunto e freddato senza pietà.
I clan lo temevano. Lo chiamavano “il giudice ragazzino”, un appellativo che indicava la sua giovane età, ma non rendeva giustizia alla sua grandezza morale e professionale. Ogni giorno si lasciava guidare da una fede profondamente radicata e da un incrollabile senso di giustizia. Non conobbe mai il compromesso: visse il suo ruolo di servitore dello Stato con coerenza, incarnando coraggio, integrità e fedeltà ai valori della legalità.
La mafia lo assassinò, ma non riuscì a spegnere la sua luce. Oggi Rosario Livatino, proclamato Beato, resta il simbolo di un magistrato che ha saputo unire rigore e umanità, fede e diritto. La sua vita e il suo sacrificio continuano a indicarci la strada: servire lo Stato senza clamore, senza vanità, ma con la forza silenziosa di chi crede davvero nella giustizia e nella democrazia.
Tra i suoi appunti, dopo la morte, venne ritrovata una frase che ancora oggi risuona come monito e ispirazione: “Quando moriremo, nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili”.
Un Uomo delle Istituzioni cui dobbiamo guardare ancora oggi, per ispirarci nel nostro quotidiano impegno al servizio del Paese.