Marsala – Il Pm della Dda di Palermo Bruno Brucoli alla fine della sua requisitoria ha chiesto dodici anni di carcere ciascuno per i fratelli Antonino e Vincenzo Luppino, processati davanti il Tribunale di Marsala poichè ritenuti tra i fiancheggiatori di Cosa nostra e avrebbero favorito la latitanza del boss Matteo Messina Denaro. I due fratelli sono accusati di favoreggiamento e procurata inosservanza di pena, aggravati dall’essere stati commessi al fine di avvantaggiare l’associazione mafiosa.
Antonino e Vincenzo Luppino sono figli di Giovanni Luppino, l’uomo che accompagnava in auto il boss il 16 gennaio 2023 quando davanti la clinica La Maddalena di Palermo fu catturato. I due fratelli furono arrestati il 13 febbraio 2024 dal Ros a Campobello di Mazara. Il 13 marzo del 2024 il gup di Palermo Cristina Lo Bue ha condannato il padre Giovanni Luppino con rito abbreviato a nove anni e due mesi di carcere per favoreggiamento aggravato e procurata inosservanza di pena, non riconoscendo, però, l’accusa di associazione mafiosa perché non sufficientemente provata.
Per gli inquirente i due fratelli Luppino avrebbero “contribuito con le loro condotte al mantenimento delle funzioni di vertice del capo mafia, fornendogli prolungata e variegata assistenza durante la latitanza e partecipando al riservato sistema di comunicazioni attivato in suo favore”.
Con la requisitoria di oggi, si avvia alla conclusione questo processo, ora la parola passa alla difesa e poi la sentenza.
Campobello di Mazara – Sarebbero stati 35 gli incontri in poco più di due mesi: tra Matteo Messina Denaro e una delle sue amanti, Floriana Calcagno, finita in manette per favoreggiamento aggravato e da poco ai domiciliari su disposizione del tribunale del Riesame.
E’ quanto riporta una informativa dello Sco della polizia, depositata dai pm agli atti del procedimento contro la donna, che ha messo insieme i tabulati dei cellulari del boss e della Calcagno e le immagini delle videocamere di sorveglianza nel 2022 piazzate nel Trapanese proprio per catturare il capomafia.
Dall’indagine viene fuori che, a differenza da quel che ha raccontato la Calcagno, la frequentazione con Messina Denaro, ospite anche della sua casa al mare, erano tutto tranne che saltuarie. La donna, all’epoca insegnante, dopo la cattura del boss raccontò ai pm della relazione, sostenendo di aver appreso solo dopo il suo arresto la vera identità dell’amante che a lei si era presentato col nome di Francesco Salsi, medico in pensione.
Le indagini hanno svelato che il padrino aveva soprannominato la donna «luce» – così scrive nel calendario in corrispondenza degli incontri con la professoressa- e che la stessa era un’abituale frequentatrice di Messina Denaro a cui più di una volta avrebbe anche recapitato dei pacchi.