Trapani – di Laura Spanò – “Un detenuto del Pietro Cerulli di Trapani è stato morso nel corso della settimana da un topo mentre dormiva nella sua cella”. A denunciarlo è l’avvocato Natale Pietrafitta. “Servizi igienici fatiscenti, igiene al collasso. È questo l’inferno quotidiano che si vive all’interno del carcere, dove la detenzione si trasforma spesso in sopravvivenza” dice il legale.
“Il mio cliente nell’ultimo colloquio mi ha raccontato che aveva spento la luce della cella quando si è sentito mordere la mano. Ha riacceso ed ha visto il topo. Un morso ben visibile” – dice Pietrafitta. “Viene curato con l’Augmentin, al momento non ha avuto febbre o altri sintomi. Ma pare che di topi all’interno delle celle ve ne siano in abbondanza. Il cibo, il caldo, la scarsa igiene. L’acqua è stata razionalizzata mi dice ancora il mio cliente – denuncia il legale – o ci laviamo noi, o la utilizziamo per pulire la cella”.
Poi con il caldo la situazione è più critica, le finestre delle celle vengono lasciate aperte. Il recluso si trova nel reparto “Mediterraneo”, una sezione a tre piani con 240 detenuti. Un agente gestisce 80 reclusi. E poi continua “Le carenze strutturali e organizzative del penitenziario rendono invivibile la permanenza al suo interno, non solo agli agenti della penitenziaria, costretti a lavorare in un contesto di continua emergenza, ma anche ai detenuti”. Criticità vissute anche da avvocati e magistrati costretti ad effettuare colloqui o interrogatori in stanze al limite del vivibile. “Nell’area nella quale si affacciano le sale colloqui per esempio – dice il legale – ci sono cumuli di spazzatura”.
Tra disagi cronici, malcontento crescente e tensioni latenti, le condizioni di vita dietro le sbarre del carcere sono al limite della dignità per tutta la popolazione residente. “Un contesto – dice il legale – che rischia di compromettere ogni tentativo di rieducazione e reinserimento”. Gli sfoghi dei reclusi, spesso costretti al silenzio, trovano voce nei racconti dei loro legali, come in questo caso. Una situazione divenuta insostenibile, che porta ad eccessi e disordini come quelli tra maggio e giugno che hanno provocato una ventina di feriti tra agenti in servizio. “Il carcere – conclude Pietrafitta – non è solo il famigerato reparto Blu degli abusi, è fatto anche di reparti dove ci sta gente che vuole scontare la propria pena e tornare a casa. È fatto di agenti che pur stanchi continuano a lavorare facendo ore di straordinario in più del dovuto”.