Era il 27 marzo 1975 quando il pubblico italiano faceva la conoscenza del ragionier Ugo Fantozzi, incarnazione perfetta dell’impiegato sottomesso e sognatore, creato e interpretato da Paolo Villaggio. A distanza di cinquant’anni, Fantozzi resta un simbolo intramontabile della commedia all’italiana, capace di raccontare le frustrazioni collettive con ironia, malinconia e feroce realismo. Il film “Fantozzi”, diretto da Luciano Salce, è ancora oggi attualissimo. E oggi celebriamo questo storico compleanno.
Il personaggio nasce nei primi anni ’70 dalle pagine scritte da Villaggio per riviste e giornali, ma è nel 1975 che approda al cinema con un successo travolgente. La pellicola Fantozzi incassa più di 6 miliardi di lire, diventando subito un cult. La voce narrante dello stesso Villaggio, le battute entrate nella cultura popolare (“La corazzata Kotiomkin è una cagata pazzesca!”), e l’iconografia del “tragicomico perdente” lo rendono immediatamente riconoscibile.
Fantozzi ha raccontato come nessun altro l’Italia del boom economico, dei capi vessatori, della vita da pendolari, delle vacanze tristi, dei pranzi aziendali. La sua umanità goffa, sincera e sfortunata riflette paure, sogni e delusioni di milioni di italiani. Ma dietro la risata, Fantozzi nascondeva un grande grido di denuncia sociale.
Dal mega direttore galattico al “tragico match aziendale di calcetto”, dalla figlia Mariangela (interpretata da Plinio Fernando) all’amore platonico per la signorina Silvani, tutto nel mondo di Fantozzi è grottesco ma reale. Il suo lascito vive nei meme, nelle citazioni quotidiane, nei palinsesti televisivi e nei cuori di chi ha visto se stesso almeno una volta in quel pover’uomo con la bianchina
A mezzo secolo dalla sua prima uscita, Fantozzi continua a essere materia di studio, citazione e rilettura. Università, saggi, documentari: il suo universo è ormai parte integrante della cultura italiana. E forse oggi più che mai, in tempi di precarietà, smart working e burocrazia, quel ragioniere è ancora uno specchio.
Qual è la tua scena preferita di Fantozzi? Raccontacelo nei commenti e condividi l’articolo con chi è cresciuto ridendo (e riflettendo) insieme al ragioniere più sfortunato e umano del cinema italiano!
Ravenna – Domani, 26 marzo 2025, ricorre il secondo anniversario della morte di Ivano Marescotti, uno dei volti più intensi e versatili del teatro e del cinema italiani. Attore, regista, docente, uomo di cultura, Marescotti è stato capace di attraversare generi, palcoscenici e generazioni con uno stile unico e riconoscibile. A due anni dalla scomparsa, il suo ricordo resta forte nei cuori di chi lo ha amato sul grande schermo e sul palco.
Dopo un lungo percorso teatrale, Marescotti arriva al cinema nel 1989 con La cintura, seguito dallo stesso anno da L’aria serena dell’ovest di Silvio Soldini. Da quel momento, la sua carriera decolla: recita con Mario Martone, Carlo Mazzacurati, Pupi Avati, Marco Tullio Giordana e molti altri registi che lo vogliono per la sua capacità di dare profondità ai personaggi, anche nei ruoli secondari.
Il pubblico lo ricorda soprattutto per il dottor Randazzo in Johnny Stecchino di Roberto Benigni (nel secondo video qui sotto), un ruolo che ha segnato un’epoca con ironia e intelligenza. Marescotti ha poi lavorato anche in Il mostro, confermando il suo talento comico, mai banale.
Negli anni 2000, Marescotti ha raggiunto anche le giovani generazioni, grazie ai suoi ruoli nei film di Checco Zalone:
Queste partecipazioni lo hanno reso una figura trasversale, capace di dialogare con ogni fascia di pubblico senza mai rinunciare alla propria integrità artistica.
Con oltre 50 film all’attivo, ha lavorato anche all’estero, diretto da registi come Anthony Minghella (Il talento di Mr. Ripley) e Ridley Scott (Hannibal). Ha ricevuto sei candidature al Nastro d’Argento, che ha vinto nel 2004 per il corto Assicurazione sulla vita.
Nel 2022, un anno prima della sua morte, aveva annunciato il ritiro dalle scene per dedicarsi alla sua creatura più personale: il Teatro Accademia Marescotti, fondato a Ravenna per formare le nuove generazioni di attori e attrici.
Ivano Marescotti ha saputo unire il rigore del teatro alla potenza comunicativa del cinema. Ha raccontato l’Italia con i suoi pregi e le sue contraddizioni, con un sorriso amaro e una voce che oggi manca a tutti. A due anni dalla sua scomparsa, la sua eredità vive nei film, nei palchi e nelle parole dei suoi allievi.
Nato a Roma nel 1940, Gianfranco Barra si era diplomato all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico”, per poi iniziare la carriera sul palcoscenico teatrale. Presto il cinema si accorse della sua presenza scenica unica, e negli anni ‘70 cominciò a lavorare con grandi registi, da Ettore Scola a Luigi Comencini, da Steno a Dino Risi.
Barra ha partecipato a oltre 60 film, distinguendosi in ruoli comici e drammatici. Impossibile dimenticare il vigile di Febbre da cavallo, il pretore di Il Marchese del Grillo o il funzionario ministeriale in La terrazza. Sempre credibile, mai sopra le righe, era uno di quei volti che “c’erano sempre” – e che hanno accompagnato generazioni di spettatori.
Negli ultimi anni, Gianfranco Barra è apparso anche in numerose serie televisive di successo, come Don Matteo, Un medico in famiglia, Il commissario Montalbano. La sua capacità di adattarsi a linguaggi e stili differenti ha confermato il suo talento trasversale, facendone una presenza amata anche dal pubblico più giovane.
Barra era anche autore di testi teatrali e insegnante, impegnato a trasmettere la passione per la recitazione alle nuove generazioni. La sua scomparsa lascia un vuoto importante nel mondo dello spettacolo italiano, ma il suo contributo resterà vivo nei film che ha interpretato e nelle persone che ha formato.
Numerosi messaggi di cordoglio sono arrivati da attori, registi e spettatori. Il mondo del cinema lo saluta con affetto e riconoscenza: un attore “di razza”, mai protagonista ma sempre indispensabile.
Hai un film con Gianfranco Barra che ti è rimasto nel cuore? Scrivilo nei commenti qui sotto o condividi l’articolo con chi ha amato il grande cinema italiano. Segui TrapaniOggi.it per non perdere le storie e i volti che hanno fatto la nostra cultura.
Reggio Calabria – Nadia Cassini, indimenticabile volto delle commedie sexy italiane degli anni ’70 e ’80, è morta all’età di 76 anni. L’attrice, showgirl e cantante si è spenta il 18 marzo a Reggio Calabria dopo una lunga malattia. La notizia è stata diffusa dal quotidiano “Il Tempo”, che ne ha confermato il decesso.
Nadia Cassini, all’anagrafe Gianna Lou Müller, era nata a New York nel 1949 da padre statunitense di origini tedesche e madre di origini italiane. Dopo il matrimonio con il giornalista Igo Cassini Loiewski, da cui ha preso il nome d’arte, ha avviato una carriera nello spettacolo che l’ha resa una delle attrici più amate della commedia all’italiana. Successivamente, dopo il divorzio, ha avuto una relazione con l’attore greco Yorgo Voyagis, con cui ha avuto una figlia, Kassandra.
Dopo aver iniziato come cantante nei night club, Nadia Cassini ha trovato la fama nel cinema grazie ai ruoli nelle commedie sexy all’italiana. Ha lavorato al fianco di grandi nomi come Lino Banfi, Alvaro Vitali, Mario Carotenuto, Renzo Montagnani e Lando Buzzanca. Con il suo fascino e la sua ironia, è diventata un’icona del genere, tanto da affermare in una delle sue ultime interviste: “Avevo il sedere più bello del mondo ma non ho avuto altrettanto culo nella vita”.
Negli ultimi anni, Nadia Cassini si era allontanata dalle scene, ma il suo nome era riemerso nel 2012 per una presunta relazione con l’ex attore di film per adulti Fernando Vitale. Oggi, il mondo dello spettacolo la ricorda come una figura emblematica del cinema leggero italiano, capace di mescolare sensualità e simpatia con grande carisma.
Il pubblico italiano e gli appassionati del cinema anni ’70 e ’80 piangono la sua scomparsa, ma il suo ricordo rimarrà vivo attraverso i film che hanno segnato un’epoca.
Roma – Si è spento ieri, il sorriso radioso di Eleonora Giorgi, un volto che ha attraversato generazioni del cinema italiano con grazia, ironia e talento. L’attrice, scomparsa all’età di 71 anni dopo una lunga lotta contro un tumore al pancreas, ha vissuto ogni istante con energia, regalando al pubblico interpretazioni memorabili e testimoniando fino all’ultimo il suo amore per la vita.
Nata a Roma il 21 ottobre 1953, Eleonora Giorgi possedeva un fascino internazionale, frutto delle sue origini inglesi e ungheresi. Il suo ingresso nel mondo del cinema avvenne quasi per caso, grazie alla scenografa Giulia Mafai, ma il suo talento emerse immediatamente. Dopo alcune comparse, il debutto vero e proprio avvenne con Storia di una monaca di clausura (1973), al fianco di Catherine Spaak. Da quel momento la sua carriera decollò rapidamente, diventando una delle attrici più richieste del cinema italiano degli anni ’70 e ’80.
Il grande pubblico la ricorda per il ruolo iconico in Borotalco (1982), dove affiancò Carlo Verdone in una delle commedie più amate del cinema italiano. L’incontro con registi del calibro di Alberto Lattuada (Cuore di Cane, 1975), Giuliano Montaldo (L’Agnese va a morire, 1976), Damiano Damiani (Un uomo in ginocchio, 1979) e Liliana Cavani (Oltre la porta, 1982) le permisero di spaziare tra ruoli drammatici e brillanti, mostrando una versatilità rara.
Dopo il successo nel grande schermo, Eleonora Giorgi si affermò anche in televisione. Dagli anni 2000 fu protagonista di numerosi programmi e fiction, tra cui I Cesaroni, e intraprese la carriera da regista, dirigendo Ornella Muti in Uomini & donne, amori & bugie (2003). La sua capacità di rinnovarsi costantemente le permise di rimanere un punto di riferimento per il pubblico, che l’ha seguita con affetto anche nei reality come Grande Fratello Vip e Ballando con le stelle.
Negli ultimi mesi, nonostante la malattia, Eleonora Giorgi ha continuato a mostrarsi con la solita positività, affrontando la sua battaglia con una forza straordinaria. Ha raccontato il suo percorso con sincerità, sottolineando l’importanza di vivere ogni giorno come un dono prezioso. Il suo ultimo saluto sarà nella Chiesa degli Artisti di Roma, un luogo simbolo per chi ha fatto la storia dello spettacolo italiano.
Il ricordo di Eleonora Giorgi rimarrà vivo attraverso le sue interpretazioni, il suo sorriso contagioso e la sua incredibile voglia di vivere, un vero esempio per tutti.