Trapani – È il battito lento e ritmato del cuore di una città. È il passo incerto e struggente della devozione. È la “danza” dei Misteri, quell’oscillare unico, quasi ipnotico, che Trapani custodisce da secoli. Ma perché i Misteri si “annacano”? Da dove nasce questo gesto simbolico, tanto amato dai trapanesi quanto misterioso per chi lo osserva per la prima volta?
Il termine “annacata”, dal verbo siciliano annacari – dondolare, cullare – è diventato sinonimo stesso della Processione dei Misteri, il lungo corteo del Venerdì Santo che attraversa la città per oltre 24 ore. Ogni “vara”, ogni gruppo scultoreo raffigurante la Passione di Cristo, viene portato a spalla e fatto oscillare lentamente a destra e sinistra, avanti e indietro, con una cadenza precisa, quasi rituale.
Non è un caso, né una coreografia improvvisata. È un gesto che ha radici profonde, tanto pratiche quanto spirituali.
La tradizione dell’annacata affonda le sue radici nella Trapani marinara, quando i portatori – molti dei quali pescatori o artigiani del porto – trasmettevano nei movimenti della processione lo stesso ritmo del mare. Non solo: quel dondolio serviva anche a distribuire meglio il peso delle imponenti vare e a coordinare il passo tra i “massari”, in un tempo in cui la processione si snodava per strade sterrate e buie.
Ma la vera essenza dell’annacata è simbolica: rappresenta il dolore, la partecipazione fisica alla Passione. È un atto di compassione incarnato, una marcia che si fa meditazione, corpo che si piega al dolore del Cristo.
Il pubblico che affolla le vie del centro storico di Trapani sa leggere quei movimenti come gesti di preghiera. Ogni passo, ogni oscillazione, è una parola non detta, un’emozione condivisa. Quando il gruppo de “La Spogliazione”, “La Lavanda dei Piedi” o “La Crocifissione” si annaca tra la folla, la città intera trattiene il respiro.
E quando i Misteri rientrano all’alba del Sabato Santo nella Chiesa delle Anime del Purgatorio, l’annacata si fa più intensa, più solenne, più struggente: è l’ultimo saluto, il culmine di un atto collettivo d’amore e memoria.
Quella dell’annacata, È un patrimonio culturale immateriale, un’identità collettiva che resiste al tempo. E ogni anno, chiunque assista alla processione – trapanese o visitatore – viene catturato da quel ritmo antico, quasi primordiale, quasi mistico.
Trapani non cammina. Trapani si “annaca”, e in questa secolare tradizione, racconta se stessa.