Palermo – Nel marzo 2022, militari dell’Arma dei Carabinieri, notificavano a due ristoratori palermitani un avviso di garanzia emesso dalla Procura della Repubblica di Palermo, nell’ambito di un procedimento penale, poiché indagati in concorso per il reato di estorsione.
I militari dell’arma provvedevano anche ad operare il ritiro cautelare delle armi e munizioni, regolarmente detenute e, successivamente, la Prefettura di Palermo, ritenendo di condividere la proposta formulata dall’Arma dei Carabinieri, che aveva evidenziato la asserita mancanza dei requisiti necessari a garantire l’affidabilità degli interessati, decretava il divieto di detenzione di armi e munizioni a carico degli imprenditori.
Avverso i suddetti decreti prefettizi i ristoratori, assistiti dagli avv.ti Girolamo Rubino e Daniele Piazza, hanno presentato istanza innanzi al T.A.R. Sicilia – Palermo lamentando la violazione delle norme del T.U.L.P.S., nonché il difetto di motivazione del provvedimento, in quanto la Prefettura si era limitata ad evidenziare il venir del presupposto dell’affidabilità in materia di armi e ciò esclusivamente in ragione di un avviso di garanzia, mentre in realtà per uno dei due ristoratori, dalla certificazione rilasciata dalla Procura della Repubblica di Palermo non risultavano iscrizioni suscettibili di comunicazioni a carico dell’imprenditore, mentre per il secondo il procedimento penale si era concluso con l’archiviazione con formula ampiamente assolutoria, ovvero “perché il fatto non sussiste”.
I legali hanno evidenziato che la valutazione della possibilità di abuso, pur fondandosi su considerazioni probabilistiche, non poteva comunque prescindere da una adeguata istruttoria volta a far emergere le circostanze di fatto che avrebbero fatto ritenere i propri assistiti pericolosi o comunque capace di abusi.
Il T.A.R. Sicilia – Palermo, con sentenze del 16 e 18 giugno 2025, sposando le tesi difensive dei legali incaricati, ha rilevato che dalla documentazione prodotta in giudizio non emergeva alcun elemento concreto dal quale potere ragionevolmente desumere la pericolosità degli interessati o la possibilità di un utilizzo improprio delle armi dagli stessi detenute e, conseguentemente, ha accolto i ricorsi proposti avendo riscontrato, così come sottolineato dagli avv.ti Rubino e Piazza, che non risultava accertata a carico dei ricorrenti alcuna specifica circostanza idonea a suffragare in concreto un giudizio probabilistico di segno positivo sull’abuso del titolo di Polizia.
Per effetto di queste sentenze i due ristoratori potranno riavere le armi.
Castellammare del Golfo – Sicuramente si tratta di una sentenza destinata a fare giurisprudenza quella predisposta dal Cga, che ha accolto l’appello proposto da un caseificio di Castellammare del Golfo, annullando i provvedimenti interdittivi emessi dalla Prefettura di Trapani.
La pronuncia riafferma un principio fondamentale: anche per le comunicazioni antimafia devono valere le soglie di esenzione previste per le informative, con riferimento all’art. 89-bis del Codice antimafia.
Il caseificio P.snc di P.F. & C. con stabilimento nel comune di Castellammare del Golfo nel 2015 ha subito la revoca, da parte del Dipartimento Prevenzione Veterinaria presso l’ASP di Trapani, delle autorizzazioni sanitarie relative ad una serie di mezzi necessari per lo svolgimento della propria attività casearia, per una precedente comunicazione, della Prefettura, che aveva come oggetto una informativa antimafia a carico della società titolare del caseificio. Il primo ricorso della ditta davanti al TAR Palermo aveva portato, già nel giugno 2015, alla sospensione cautelare del provvedimento. Tuttavia, la Prefettura aveva reiterato l’informativa interdittiva sulla base degli stessi presupposti che il TAR aveva successivamente giudicato validi rigettando il ricorso con una sentenza del 2023.
Il provvedimento aveva causato il fermo dell’attività imprenditoriale della società.
I titolari dell’impresa, ritenendo errata questa decisione, hanno presentato ricorso al CGA con l’assistenza degli avvocati Girolamo Rubino e Calogero Marino. I legali hanno sostenuto che l’informativa interdittiva poteva essere legittimamente emessa solo in presenza, oltre che di tentativi di infiltrazione mafiosa, anche delle cause di decadenza previste all’articolo 67 del Codice antimafia, come misure di prevenzione già adottate o sentenze definitive di condanna.
Gli avvocati Rubino e Marino hanno richiamato un orientamento giurisprudenziale, confermato anche dalla Corte Costituzionale, che riconosce come le soglie di esenzione previste per l’informativa antimafia debbano applicarsi anche alle comunicazioni antimafia. Il caso specifico, essendo al di sotto delle soglie economiche previste, non avrebbe dunque dovuto essere soggetto ad alcuna verifica.
Il CGARS, nella sentenza emessa lo scorso 22 aprile, ha accolto l’impianto difensivo, annullando i provvedimenti impugnati e riformando la sentenza del TAR.