Trapani – Sono proseguite ieri le arringhe nell’aula del Tribunale di Trapani dove è giunto al momento della discussione il processo scaturito dall’indagine dei Carabinieri del Reparto Operativo, denominata “Artemisia”. Nell’udienza di venerdì il pm Sara Morri ha concluso chiedendo le condanne per sedici dei diciassette imputati, per complessivi 155 anni di carcere. Subito dopo la parola è passata ai difensori che si sono cominciati ad alternare dinanzi al collegio presieduto dal giudice Franco Messina, a latere i giudici Bandiera e Cantone.
Oggi hanno concluso con una richiesta di assoluzione gli avvocati Roberto Tricoli e Massimiliano Miceli, difensori del commercialista Gaspare Magro, per il quale l’accusa ha chiesto otto anni per i reati di corruzione e di violazione della legge Anselmi, per la presunta partecipazione ad una associazione segreta. Magro avrebbe agito in accordo con il politico Giovanni Lo Sciuto, per l’accusa deus ex machina di un cerchio magico che avrebbe agito inquinando istituzioni e pubblica amministrazione, fin dentro l’aula parlamentare regionale dove sedeva da deputato, e con Paolo Genco, questi a capo di uno dei maggiori enti di formazione professionale, l’Anfe. Magro, che è risultato far parte della massoneria, dalla quale però poi si sarebbe allontanato, mettendosi come suol dirsi “in sonno”, auto sospeso insomma, avrebbe ottenuto anche l’incarico di componente del collegio dei revisori dei conti dell’Asp, in quota all’on. Lo Sciuto. Ma su questo punto l’arringa dell’avvocato Tricoli ha cercato di smontare la tesi d’accusa, evidenziando che quella nomina venne decisa dall’allora ministro della Sanità Lorenzin, e che risulta frutto dell’indicazione dell’allora senatrice Simona Vicari. Per Tricoli questo sarebbe già sufficiente per dimostrare l’assenza di intese tra Lo Sciuto e Magro: “in una intercettazione – ha evidenziato Tricoli – è possibile ascoltare Lo Sciuto che su questa nomina si sente scavalcato…se tra i due ci fosse stata intesa queste parole non le avremmo ascoltate”. L’avvocato Tricoli ha anche escluso rapporti di dipendenza tra Magro e l’Anfe, “svolgeva semmai incarichi di consulenza nemmeno direttamente affidati, ma semmai assegnati allo studio dove Magro lavorava”. Il difensore ha più volte sottolineato la stura professionale di Magro, “notoriamente apprezzata” e quindi “l’ingiusta accusa”. “Le risultanze processuali – ha aggiunto a sua volta l’avvocato Miceli – dicono altro – Mago si è sempre mosso nel rispetto della legge”. Sui comportamenti dell’on. Lo Sciuto che possono aver coinvolto Magro, Miceli ha riconosciuto che “si è potuto trattare di una politica clientelare, ma giammai una violazione di legge”. E infine sulla presunta partecipazione ad una associazione segreta, l’avv. Miceli ha ritenuto che “di segreto non c’era nulla e l’associazione creata da Lo Sciuto, esisteva grazie ad un atto finanche registrato all’agenzia delle Entrate”. I due difensori poi parecchio si sono soffermati sulle decisioni pregresse assunte durante l’istruttoria dal Tribunale del Riesame e dalla Cassazione, intervenuti sulla misura cautelare. modificandone il contenuto, ma su questo lo stesso pm aveva evidenziato che nello sviluppo delle indagini quelle decisioni non trovavano più sostegno.
L’avvocato Paolo Paladino è a sua volta intervenuto, anche lui con una richiesta di assoluzione, sulla posizione dell’ex assessore comunale di Castelvetrano Luciano Perricone, per il quale l’accusa ha chiesto due anni e sei mesi per partecipazione ad associazione segreta. “L’istruttoria processuale – ha sostenuto l’avvocato Paladino – ha determinato la sottrazione di elementi d’accusa, siamo stati in presenza di una erosione continua delle prove fornite dal pm al Tribunale”. “Quelli con l’on. Lo Sciuto erano rapporti personali che non sfociavano in altro, l’associazione segreta presuppone la creazione di un contro potere, fattispecie che non investe il Perricone che si è sempre posto lontano da interferenze”. anzi, l’avvocato Paladino ha messo in evidenza l’azione politica di Perricone “che da consigliere comunale fu artefice dell’autoscioglimento del Consiglio comunale di Castelvetrano all’esplodere del cosiddetto caso Giambalvo”, il consigliere comunale finito indagato per suoi presunti rapporti con l’allora latitante Matteo Messina Denaro.
Di debolezza dell’accusa ha parlato invece l’avvocato Gianni Caracci, difensore del poliziotto, in servizio alla Dia, Salvatore Virgilio, per il quale il pm ha chiesto la condanna a sette anni e sei mesi per i reati di corruzione e rivelazione di segreto d’ufficio. Dinanzi all’accusa che Virgilio sarebbe stata una “talpa”, l’avvocato Caracci ha chiesto l’assoluzione insistendo sulla “debolezza dell’accusa…le conversazioni smentiscono le colpe attribuite”.
Ultimo a intervenire nell’udienza odierna è stato l’avvocato Maurizio Sinatra difensore di Giuseppe Angileri e Maria Luisa Mortillaro, per i quali il pm ha chiesto condanne rispettivamente a sette anni per il primo e due anni e una multa di 1500 euro per la seconda. Angileri è accusato di corruzione e truffa, quest’ultimo reato contestato anche alla Mortillaro. I due avrebbero avuto un ruolo nell’entourage dell’on. Lo Sciuto, di mezzo una docenza che la Mortillaro avrebbe dovuto avere nei corsi di formazione dell’Anfe e una assunzione (fittizia) come portaborse del politico quando era deputato all’Ars. “Non c’è stato alcuno scambio di utilità – ha sostenuto l’avvocato Sinatra – perché la Mortillaro non poteva essere assunta all’Anfe in quanto esclusa dall’elenco dei docenti e per questa ragione aveva intentato contenzioso contro l’assessorato regionale…la Mortillaro è estranea anche all’assunzione come portaborse, è provato che l’on. Lo Sciuto apponeva firme false e lo avrebbe fatto anche nel contratto di assunzione e nella successiva lettera di dimissione della Mortillaro”. Ancora l’avvocato Sinatra ha escluso che la sua assistita fosse a conoscenza di quella assunzione, “le uniche pezze giustificative sono rappresentate da un rimborso spese che l’ars ha elargito direttamente a Lo Sciuto e giammai alla Mortillaro, è notorio – ha proseguito – che i portaborse vengono pagati dal deputato e non attraverso la tesoreria del Parlamento”. A proposito dei soldi ricevuti da Angileri il legale ha evidenziato che si trattava di un rimborso che l’on. Lo Sciuto gli doveva per la organizzazione di conviviali a Marsala. “Se fosse vera la ricostruzione dell’accusa e cioè che quel denaro era legato all’assunzione come portaborse della Mortillaro, siamo in presenza per la prima volta di un pagamento anticipato, considerato che i soldi vengono consegnati a dieci giorni dalla data di assunzione, assunzione – ha ripetuto il legale – della quale Angileri e la Mortillaro non sapevano assolutamente nulla”.
Messina – Dopo 4 anni di tribolazioni si chiude con una sentenza di assoluzione la vicenda giudiziaria che ha visto coinvolto un imprenditore del messinese.
L’uomo, aveva conosciuto su un social network una donna di origini sudamericane con la quale aveva avviato una relazione sentimentale dopo che la stessa si era trasferita in Italia con il figlio. Ad un certo punto però l’uomo decide di interrompere il rapporto, questa decisione però, scatenò la reazione della donna che lo denunciò per presunti ripetuti maltrattamenti e vessazioni, anche a sfondo sessuale e per lesioni personali e violenza privata.
Per questi fatti un imprenditore dei Nebrodi fu arrestato nel 2020 e posto ai domiciliari.
Ora l’uomo è stato assolto dalle accuse, perché il fatto non sussiste, con sentenza pronunciata dal Giudice del Tribunale di Patti Giovanna Ceccon.
Nel dibattimento il difensore dell’imputato, avvocato Massimiliano Fabio, ha delineato i contorni della vicenda evidenziando la contraddittorietà ed inattendibilità delle dichiarazioni della persona offesa e rappresentando come fosse invece l’uomo stesso a subire una “relazione tossica”, sottoposto alle mire della donna. Rispetto all’unico episodio riferito, quello della presunta aggressione, è stata quindi evidenziata l’assenza di riscontri e con testimonianze addirittura opposte alle dichiarazioni rese dalla parte offesa.
Fu l’uomo ad essere oggetto di aggressione dopo essere stato raggiunto dalla donna, tanto da aver egli stesso chiesto aiuto ad alcune persone presenti nelle vicinanze e sollecitato l’intervento dei Carabinieri.
A conclusione del processo, nel quale il pubblico ministero aveva chiesto la condanna a tre anni e sette mesi di reclusione, l’uomo è stato assolto perché il fatto non sussiste dall’imputazione relativa ai maltrattamenti mentre per le ipotesi di lesioni personali e violenza privata, è stato disposto il non luogo a procedere per remissione di querela.
«Possiamo ritenerci ampiamente soddisfatti perché il giudizio ha ristabilito la verità dei fatti e chiarito l’estraneità dell’imputato rispetto alle gravi contestazioni a lui mosse – sottolinea l’avvocato Massimiliano Fabio –. Accuse per le quali il mio assistito ha dovuto patire periodi di profondo turbamento che ne hanno condizionato la vita quotidiana e le molteplici attività imprenditoriali».
Trapani – “Prendo atto della sentenza di assoluzione emessa dal Tribunale di Trapani nell’ambito dell’annosa querelle politica che mi vede contrapposto all’On.le Eleonora Lo Curto, querelle che quest’ultima ha voluto spostare dal piano politico a quello giudiziario”.
“Non è la prima volta che ciò accade se è vero, come è vero, che uno strascico del procedimento odierno si avrà sempre davanti al tribunale di Trapani il prossimo 13 marzo. Allo stato non posso che rilevare che il Tribunale di Trapani ha ritenuto legittimo il diritto di critica e replica politica, tanto mio quanto dell’Assessore Rosalia D’Ali, a fronte degli attacchi politici gratuiti e non richiesti sferrati dalla Lo Curto in danno del sottoscritto, dell’intera amministrazione comunale e della governance dell’Ente Luglio Musicale Trapanese. Ringrazio, per l’ennesima volta, i miei difensori”.
La vicenda risale al 2021 ed è relativa al contesto della polemica scoppiata l’anno prima relativamente al contributo regionale all’Ente Luglio Musicale trapanese. Tranchida era accusato di diffamazione “perché – si legge nel capo d’imputazione – nella sua qualità di sindaco del Comune di Trapani, offendeva la reputazione della Lo Curto”. Fu anche diffuso un comunicato stampa nel quale, secondo l’ex parlamentare, Tranchida “faceva affermazioni offensive”. La questione ruotava attorno ad una breve intervista rilasciata dalla stessa Eleonora Lo Curto all’emittente Telesud nella quale aveva dichiarato che un contributo stanziato dalla Regione Siciliana in favore dell’Ente Luglio Musicale trapanese era stato probabilmente cancellato.
Campobello di Mazara – Dopo l’assoluzione per non aver commesso il fatto, quel che è successo a Leonardo Gulotta, 32 anni, di Campobello di Mazara, il suo legale Mariella Gulotta lo definisce una “brutta coincidenza”. Il giovane è stato assolto dal gup di Palermo Marco Gaeta (l’accusa aveva chiesto 6 anni e 8 mesi) dopo una vicenda che l’ha visto coinvolto nel troncone d’inchiesta riguardante la latitanza di Matteo Messina Denaro. Il boss di Castelvetrano, nel 2014, al momento di stipulare il contratto d’assicurazione per una Fiat 500 che acquistò sotto il falso nome di Massimo Gentile, indicò il numero di telefono che solo successivamente, nel 2011, al compimento della maggiore età, fu acquisito da Leonardo Gulotta. Il numero fornito dal boss già nel 2007 risultava agli atti dell’assicurazione, legato al nome di Gentile, ma rispetto a quello dell’intestatario differiva di una cifra.
E quella cifra sbagliata portava al nome di Leonardo Gulotta. Per la procura il giovane avrebbe così avuto un ruolo nella latitanza del boss. “Nel 2007 il mio assistito aveva 15 anni e non poteva avere una sim a suo nome – spiega il legale -. Il certificato d’attivazione con quel numero risale al 2011, quando compì 18 anni e questo l’ha prodotto la procura dopo l’interrogatorio di garanzia”.
Gulotta è stato arrestato dal Ros il 27 marzo 2024 per concorso esterno in associazione mafiosa. “In sede d’interrogatorio ho sempre dichiarato che non ho mai conosciuto Matteo Messina Denaro – spiega Leonardo Gulotta – ho lavorato per la famiglia Luppino (sono in carcere Giovanni e i figli Antonino e Vincenzo, ndr) con tre contratti stagionali nel 2019, 2022 e 2023, ma i rapporti sono stati sempre di natura lavorativa”.
“Dalla visione degli atti abbiamo potuto accertare che un numero di telefono quasi uguale (differente per una sola cifra rispetto a quello del mio assistito), è stato in uso al boss latitante – spiega l’avvocato – e non è escluso che nel compilare la scheda per l’assicurazione, Messina Denaro abbia fornito erroneamente quel numero quasi coincidente”.
Gulotta è rimasto due mesi in carcere al Pagliarelli di Palermo: “Ho sempre ribadito la mia innocenza – dice -. Conoscevo, sì, Andrea Bonafede (classe ’63), l’ho sempre salutato e non ho mai avuto rapporti con la mafia. Durante la detenzione ho pianto e non mi sono mai dato pace per quello che stava succedendo. Quando il giudice ha pronunciato la formula d’assoluzione ho pianto pensando a tutte le persone che mi sono state vicine in questi momenti difficili che non auguro a nessuno”.